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 2020  aprile 27 Lunedì calendario

La sharing economy sgonfiata dal virus

Sono passati dieci anni da quando Rachel Botsman pubblicò "What’s mine is yours", la bibbia dell’economia condivisa. Airbnb e Uber non erano ancora fenomeni miliardari, ma Botsman, classe 1978, ci aveva visto giusto anticipando un nuovo modo di consumare, che avrebbe calato il sipario sull’epoca del possesso. Fino a oggi la storia le dava ragione, ma poi è arrivato il contagiosissimo Covid-19 che sopravvive nell’aria e sulle superfici per chissà quanto. E abitudini consolidate fanno inversione a «U». Chi ancora si fiderà a noleggiare vestiti o utilizzerà servizi come BlaBlaCar, in cui si prende un passaggio da uno sconosciuto? «Abbiamo azzerato le corse dal lock down», dice Andrea Saviane, country manager di BlaBlaCar, che conta da noi una community di 3 milioni di utenti e in tempi normali, nei giorni di punta, una macchina in partenza al minuto. «Abbiamo limitato il servizio a solo un passeggero e per casi di emergenza. Non ci sono quadri normativi che ci permettono previsioni. E soprattutto c’è il tema fiducia, quanta voglia avranno le persone di condividere un viaggio? Ecco perché abbiamo deciso di sentire la nostra community con un sondaggio per capirlo». Anche se non si mette bene, il coronavirus non seppellirà la sharing economy. «Noi siamo fiduciosi», spiega Vittorio Muratore co-founder di MiMoto, scooter elettrici a Milano, Torino, Genova. «Abbiamo sospeso le attività ma ripartiremo appena possibile cambiando anima. Punteremo di più sul delivery, fornendo la nostra flotta alle piccole medie aziende per le consegne. Abbiamo già organizzato procedure per la sanificazione completa dei mezzi, ogni scooter sarà dotato di pellicole auto-disinfettanti e nel bauletto un kit con cuffietta e igienizzanti per mani. Ci sarà probabilmente qualche resistenza nell’usare un casco che si mettono in tanti, e allora aiuteremo gli utenti a comprarne a pochi euro uno personale. Lo scooter, dove la distanza sociale è garantita, diventa una valida alternativa ai mezzi pubblici, che saranno contingentati». «C’è molto fermento, anche a livello politico, sull’industria della mobilità condivisa», conferma Alessandro Felici, ad di IDRI BK, che ha acquisito Mobike in Italia e Spagna, la più grande piattaforma di bike sharing al mondo, presente da noi in 14 città. «Ora siamo quasi fermi, viaggiano solo gli operatori sanitari e gratis. Ma abbiamo molte richieste dalle municipalità perché siamo visti come la soluzione al sovraffollamento dei mezzi pubblici. Così stiamo pianificando il dopo, aumenteremo la flotta, bici e monopattini elettrici tutti sanificati. La domanda crescerà a livello internazionale, i numeri della Cina già lo dimostrano. I nostri utilizzatori sono sempre stati moto fedeli, ora però ci stiamo approcciando a una nuova fascia di clienti che prima del coronavirus non prendeva in considerazione lo sharing. Ma i nostri sono mezzi aperti, percepiti come più sicuri rispetto all’abitacolo chiuso delle auto». 
Meno ottimismo nell’aria per i player degli affitti brevi visto che, secondo Wired UK, anche un big come Airbnb (7 milioni di annunci in tutto il mondo) rischia di essere travolto: i dati di AirDNA, società di analisi degli affitti online, parlano di un calo delle prenotazioni dell’85% e di cancellazioni vicine al 90%, con entrate su base annua diminuite, solo nel mese di marzo, del 25%. Stessa sorte per booking.com. In Italia Airbnb sta cercando modi per stare a galla finché la circolazione delle persone non riprenderà, proponendo agli host di affittare a medici e infermieri o a chi deve stare in quarantena lontano dalla famiglia. Ma anche la Fase 2 non si preannuncia in discesa: bisognerà trovare un modo per garantire che gli appartamenti, o peggio le stanze in condivisione, siano stati igienizzati in sicurezza. Il Ceo di Airbnb, l’ex bodybuilder 38enne Brian Chesky, ostenta fiducia, però questa debolezza potrebbe essere l’occasione buona per le amministrazioni cittadine di imporre norme più severe alle odiate piattaforme, accusate di aver decimato l’offerta di alloggi disponibili per i residenti locali. Complicata la sfida anche per negozi fisici e online di abiti di seconda mano. Questo proprio quando anche l’industria della moda aveva sdoganato la necessità del vintage, con tanto di benedizione del direttore di Vogue America di Anna Wintour.