Corriere della Sera, 27 aprile 2020
Il maestro via internet non inciampa più
Parlando della scuola, del rapporto tra il buon pastore e i suoi discepoli, qualche giorno fa papa Francesco ha avuto un pensiero per gli insegnanti e per gli studenti. Molto opportunamente il Tg2, nel trasmettere quel servizio, ha evocato l’augurio che il Pontefice ha rivolto ai ragazzi pochi giorni prima di Natale tra la giovane folla assiepata davanti a un liceo romano: «Vi auguro il meglio, di studiare, lavorare, sognare, giocare, avere un maestro...». A parte il fatto che quelle immagini di quattro mesi fa, viste ieri o l’altro ieri, sembravano antiche come un film in bianco e nero, immagini venute da un altro mondo, un’epoca felice in cui non c’erano mascherine e si poteva stare insieme, pigiati allegramente l’uno all’altro. Ma da quell’epoca remota il messaggio del Papa è giunto ancora più forte, valido a maggior ragione nel tempo delle lezioni a distanza in cui quasi nulla di ciò che auspicava Francesco è possibile come prima: né svolgere i propri doveri, né godere dei piaceri, né studiare, né lavorare, né sognare, né giocare. Né, tanto meno, coltivare il rapporto tra compagni e una relazione virtuosa con un maestro. Perché se c’è un rapporto che non funziona a distanza è il rapporto tra allievo e maestro. Che oltre a essere uno scambio intellettuale, è una relazione fisica (si direbbe erotica, se l’aggettivo non fosse equivocabile) che lo schermo non riesce a trasmettere: un bravo maestro, diceva un allievo di Lacan, si riconosce da come inciampa quando sale in cattedra. In video, il «corpo» docente si smaterializza. Per imparare al meglio bisogna che tutti i sensi siano attivi reciprocamente: non solo l’udito e la vista (che sullo schermo sono unilaterali). Pensate all’olfatto. Ricordo una prof di ginnasio, tra le più amate, che entrando in classe a metà mattina diceva: aprite le finestre, ragazzi, c’è puzza di tredicenni...