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 2020  aprile 27 Lunedì calendario

Torneremo al drive-in degli anni 50?

E se per la ripartenza ci si guardasse indietro, agli anni Cinquanta? O ancora più indietro, addirittura al 1921, quando a Dallas fu aperto (pare) il primo drive-in che ai texani offriva cibi e bevande senza dover scendere dall’auto? Per la ristorazione probabilmente si cercheranno altre strade (in rete gira una simpatica vignetta con un tavolo per due commensali, separati da una parete di plexiglass, dove però ci si litiga per avere il posto dalla parte della bottiglia di vino), ma per lo spettacolo – musica, cinema, teatro, persino cabaret – l’idea dei vecchi cari drive-in è qualcosa di più di una simpatica suggestione.
L’altro giorno sul Corriere, Paola De Carolis riferiva l’iniziativa dell’English National Opera che per andare incontro al proprio pubblico, abituato ad ascoltare la lirica tradotta in inglese e quindi non composto da puristi del belcanto, pensa di proporre in autunno il proprio repertorio nel parco di Alexandra Palace, dove l’abbondanza degli spazi permetterà di assistere allo spettacolo protetti dalla propria automobile. Come pare si stia già sperimentando in Germania.
Ma se per la lirica rimane l’ostacolo degli applausi o dei fischi (i clacson per i primi, gli abbaglianti per i secondi?), tutti i problemi sembrano cadere per il cinema, dove i drive-in hanno alle spalle almeno mezzo secolo di esperienza. Negli Stati Uniti erano diventati popolarissimi negli anni Cinquanta, favoriti dalla diffusione dell’automobile che univa il piacere del film a quello della visione in compagnia e in questi tempi di ripensamento generale per la fruizione degli spettacoli, l’idea è tornata prepotentemente alla ribalta, anche in Italia. Qualcuno aveva anche ipotizzato che uno dei più affollati appuntamenti estivi, le serate in piazza Maggiore a Bologna per le proiezioni del Cinema Ritrovato, potesse aggirare i possibili limiti di assembramento proprio trasformando la piazza in un gigantesco cinema con auto al posto delle seggioline. La proposta era evidentemente irrealizzabile ed è stata immediatamente scartata, ma l’idea dei drive-in ha preso piede.
E alcune aziende legate alla progettazione di eventi (Utopia srl, ZooSrl, Italstage e 3D Unfold) hanno proseguito su quella strada, trovando ascolto presso amministrazioni comunali e promoter locali. Tanto che il sindaco di Napoli De Magistris si sarebbe fatto alfiere di questa iniziativa.
L’idea sarebbe rivolta soprattutto a un pubblico giovane, quello che già televisione e cinema avevano indicato come i frequentatori ideali dei drive-in. Chi non ha almeno sentito parlare dell’Arnold’s Drive-In che accendeva le voglie di Fonzie & C. in «Happy Days», o non ricorda la scena di «Grease» dove Travolta sceglie una serata al drive-in per fare le sue avances a Olivia Newton-John (che però le rifiuta) o ancora «Polyester», dove lo spirito trasgressivo di John Waters si inventava un drive-in dove si servono anche ostriche e caviale? E ancora in «American Graffiti», «Footlose», «I ragazzi della 56a strada». E ne dimentico.
Altre volte, però, quei cinema all’aperto si sono trasformati in trappole mortali, come quella inventata da Peter Bogdanovich per il suo film d’esordio, «Bersagli», o quella di «Christine-La macchina infernale» di John Carpenter dove la Plymouth Fury rossa del 1957 imprigionava la ragazza del protagonista proprio in un drive-in, o ancora «Twister», dove la tempesta arriva proprio mentre tutti al drive-in stanno guardando «Shining». Ma è facile immaginare che, nel caso i drive-in tornassero d’attualità, i ricordi allegri e divertenti prenderanno il sopravvento su quelli paurosi. Resta però un piccolo problema, che non andrebbe sottovalutato: la fortuna dei drive-in presso il pubblico giovane nasceva anche, se non soprattutto, dal fatto che le automobili offrivano anche una comoda protezione alla propria privacy. Diciamolo: al drive-in si andava anche per pomiciare, cheek to cheek.
Ma se le nuove regole imporranno di tenersi a debita distanza anche in auto, come la mettiamo?