Il Sole 24 Ore, 26 aprile 2020
Usa, prestiti auto a rischio bolla
Il pericolo di incidenti d’auto è quasi scomparso, sulle strade svuotate dal Coronavirus. Tanto che le assicurazioni offrono rimborsi parziali dei premi. Ma dall’auto oggi nasce un altro rischio, che corre sulle vie della finanza. I prezzi delle vetture usate, un colossale mercato da 1.500 miliardi di dollari, davanti a una grave recessione con decine di milioni di disoccupati, precipitano: JP Morgan ha stimato una flessione, nelle prime settimane di aprile, dell’11,8% del loro valore – un record. Cadute che, temono gli analisti e gli esperti di settore, potrebbero innescare spirali di perdite multimiliardarie nelle divisioni di servizi finanziarie delle case produttrici, nelle banche e società di credito.
Mercato bloccato
Il collasso nelle vetture usate è rappresentativo delle difficoltà di un intero mercato. I prestiti auto, ampiamente utilizzati per gli acquisti, hanno raggiunto picchi di 1.330 miliardi, lievitati del 5% in un anno e del 60% in dodici, pari al 7,4% dell’indebitamento delle famiglie. Già prima della pandemia il 5% era in sofferenza, 66 miliardi, raddoppiati in un decennio. Sofferenze che adesso marciano a passo senza precedenti, spinte da un 22% di prestiti subprime, più fragili.
Gm Financial potrebbe rapidamente soffrire perdite per tre miliardi, Ford Credit per 2,8 miliardi. Ally Financial, che dal settore ricava l’85% dei profitti operativi, ha svelato che un quarto dei clienti ha già chiesto aiuto. Sotto pressione potrebbero finire da Santander a Credit Acceptance, dedite ai subprime, come Capital One Financial e Wells Fargo. «Le perdite sul credito cresceranno significativamente», ha detto Michael Taiano di Fitch.
Il maxi-debito privato
Il debito auto, agli analisti, non appare sufficiente da solo a minacciare la stabilità economica e del sistema finanziario. Evidenzia però scosse particolarmente diffuse, con una crisi che pesa sproporzionatamente su fasce sociali meno abbienti mettendo in discussione un possedimento finora prezioso. Né è il solo campanello d’allarme sul fardello per i consumatori. Gli Stati Uniti siedono su un «ordigno» potenzialmente esplosivo che vale oltre 14.000 miliardi di dollari di debito delle famiglie, gonfiatosi di un quarto dal momento migliore del risanamento post-2008, dall’auto ai mutui, dalle carte di credito al fardello degli studenti. Se le banche in anni recenti sono state capaci di contenere i rischi, al contempo non sono riuscite a cancellarli completamente. A volte sono entrate in gioco realtà non bancarie: nell’auto simili società sottoscrivono metà dei prestiti, nei mutui residenziali il 59 per cento. E spesso questi gruppi fanno comunque leva su finanziamenti bancari o rivendono i prestiti alle banche.
È la Federal Reserve di New York il barometro di questa bolla: alla vigilia dello shock della pandemia, nel quarto trimestre del 2019, il consumer debt era ancora aumentato dell’1,4% 14.150 miliardi, coronando 22 trimestri di incrementi e superando il record di 12.680 miliardi raggiunto pre-crisi 2008. Più nel dettaglio, tutte le componenti sono lievitate: i mutui, a 9.560 miliardi, le carte di credito, oltre mille miliardi, i prestiti agli studenti, oltre 1.500 miliardi. La American Bankers Association nello stesso periodo aveva già notato progressive sofferenze in ben otto su undici categorie di debito – tra cui il 2,43% nei prestiti auto, il massimo toccato negli ultimi otto anni. Il vice-direttore della Fed di New York, Wilbert Van Der Klaauw, aveva denunciato «una transizione verso insolvenze nelle carte di credito».
Il nodo mutui e carte
I mutui, al centro della passata crisi, non sono al sicuro. Sono tornati ad affiorare più rischiosi prestiti immobiliari e cartolarizzazioni e uno studio di Ubs ha calcolato che fino a 950 miliardi, il 10% del totale, potrebbero presto finire in sofferenza. Il 6% dei mutui è in un periodo di grazia straordinaria e Mark Zandi di Moody’s Analytics prevede che 15 milioni di americani, titolari di un terzo dei mutui per le abitazioni monofamiliari, vi farà ricorso. Una fase poi seguita da almeno due milioni di pignoramenti, anche se al momento meno dei 7 milioni durante la debacle del 2008 che nei mutui aveva avuto l’epicentro.
Altri 110 miliardi di dollari in carte di credito sono sull’orlo dell’insolvenza e questa è una delle ragioni che hanno spinto le principali banche a procedere a accantonamenti trimestrali per oltre 20 miliardi. Il più nuovo e crescente segmento dei prestiti online nell’ultimo mese ha a sua volta registrato il 12 per cento di prestiti in affanno. In proposito, un indicatore d’insieme della salute del credito al consumo americano elaborato sempre da Ubs nel primo trimestre è scivolato ai minimi dal 2009. E come ulteriore sintomo dei timori che serpeggiano ovunque, oggi si sono rapidamente inaridite le emissioni di bond legati al consumer debt. I rendimenti dei titoli di bassa qualità garantiti da prestiti auto hanno visto i rendimenti quadruplicare.