Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  aprile 26 Domenica calendario

Biografia di Stendhal

Stendhal pubblicò il suo primo romanzo, Le Rouge et le Noir, nel 1840. Aveva quasi cinquant’anni e si considerava un originale, in rotta di collisione col suo tempo, di cui aborriva la piattezza borghese e rifuggiva la noia. Appassionato del culto rivoluzionario dell’energia, era un repubblicano della prima ora, un miscredente agnostico e un bonapartista convinto, amatore della chiarezza e dell’accelerazione. 
Come Julien Sorel, il pretino che si innamora di Madame de Rênal, anche lui si era nutrito dei Bollettini della Grande Armée, e non passava giorno senza rileggere due o tre pagine del Codice civile, per assimilarne la sobria concisione.

I DIARI
Scriveva da quando era piccolo, diari, memorie, divagazioni immaginarie a sfondo egotico. Scriveva per conoscersi e correggersi, e soprattutto per scongiurare l’infelicità.
Gli interessavano solo i sentimenti e le grandi passioni, la sospensione del tempo e la bellezza dell’attesa e dell’amore, che scoprirà a Milano per farne la cifra della sua vita: Tutto ciò che mi allontana dalla conoscenza del cuore umano è senza interesse per me. Era un grafomane che infarciva di illeggibile inchiostro nero i bordi dei libri, incidendo di misteriosi acronimi il fondo dei cassetti e il rovescio delle cinture. Ma nessuno sapeva davvero chi fosse, chi frequentasse, quali libri avesse scritto, noterà dopo la morte nel 1842 (per un improvviso colpo apoplettico che lo lascia stecchito in mezzo alla strada) l’amico Prosper Merimée, che gli rimproverava di disprezzare i francesi, pur avendone gli stessi difetti di incoerenza, suscettibilità, e superficialità.
Quando iniziò a pubblicare, usò per precauzione una serie di pseudonimi improbabili, César, Bombet, Cotonet, e persino nelle lettere si trincerava dietro a enigmatiche allusioni, salvo infilarne il codice nella stessa busta. Era un ribelle, un solitario, un idealista, un entusiasta cultore della gloria bonapartista, deluso però da Napoleone, che diede ai popoli la libertà, ma la tradì per l’Impero, scivolando nel delirio dinastico. Sempre in bilico tra leggerezza e gravità, tra scherno e apprensione, fu un grande antesignano del moderno esilio interiore, e non per niente sognava di trovare il lettore ideale nel 1900. Mai avrebbe immaginato che l’avrebbe trovato persino nel 2020, tanto la sua sensibilità ci è ancora affine. 

IL SEGUGIO
Ed è merito di uno storico, già biografo di Talleyrand e di Fouché, aver messo in chiaro la cosa in un saggio delizioso e lievemente autobiografico. Emmanuel de Waresquiel ha voluto seguire Mérimée e Julien Gracq per aprirci le porte della Stendhalie come se fosse una casa di villeggiatura, e offrirci il ritratto in miniatura di un genio e un’introduzione avvertita a un’opera sorprendente. 
Nessuno meglio di Stendhal, infatti, dà ragione a Sainte Beuve, che indagava l’uomo per studiare l’opera. Come un segugio, Waresquiel si mette sulle tracce dell’orfanello grenoblese che odia il padre, bigotto e autoritario, e se ne emancipa grazie al nonno materno, studiando la matematica.
Lo segue a Parigi, la grande città feroce senza montagne né boschi, che Henri Beyle scopre a 17 anni, anche se è come se ne avesse 9, vivendo l’umiliazione del povero in canna. Il riscatto avviene grazie ai cugini Daru, potenti burocrati, che l’assumono al Ministero della Guerra, e dopo Marengo lo spediscono in Italia col VI reggimento dei Dragoni.

I SOLDATI
È lì che inizia l’avventura al seguito del Primo Console, che continua a Dresda e poi in Russia, fra l’incendio di Mosca e la ritirata sulla Berezina, con la scoperta della guerra nella sua bestialità, dell’insolenza dei soldati, della fame, del gelo, delle cannonate, della confusione, dell’eroismo involontario e della fortuna che lo salva dalla morte, come Fabrizio del Dongo, fornendo il sostrato inconscio dei futuri capolavori.