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 2020  aprile 26 Domenica calendario

Il guru di Boris tra i saggi anti-virus

Quanto è indipendente il comitato di scienziati «indipendenti» che consiglia il governo britannico sulla crisi del coronavirus? I dubbi sono stati rilanciati ieri mattina, dopo che il Guardian ha rivelato che Dominic Cummings, il mefistofelico super-consigliere di Boris Johnson, ex direttore della campagna per la Brexit e vero burattinaio occulto di Downing Street, partecipa da settimane alle riunioni del Gruppo di Consulenza Scientifica per le Emergenze (la cui sigla in inglese è Sage, che significa anche «saggio»). 
Il comitato è composto da membri la cui identità è tenuta segreta, così come confidenziali sono i loro pareri: e questo sia per ragioni di sicurezza che per metterli al riparo da pressioni indebite. Ma in realtà Boris Johnson non si è fatto scrupolo a piazzare in mezzo a loro il suo braccio destro, la cui sola presenza rischia di sminuire l’imparzialità del Sage.
Il governo di Londra ha reagito negando che Cummings faccia parte del comitato e sostenendo che il super-consigliere abbia solo assistito ad alcune riunioni in veste di osservatore, limitandosi a fare qualche domanda di tanto in tanto. Ma secondo il Guardian, Cummings in realtà era parte attiva delle discussioni e contribuiva alla formazione dei pareri scientifici. 
Il Sage si è riunito due volte a gennaio, dopo le prime notizie sul coronavirus, e poi nove volte a febbraio e dieci a marzo, mentre ora si consultano due volte alla settimana. Si sa che ne fanno parte il consigliere scientifico e il consigliere medico del governo (due esperti molto rispettati), oltre che diversi microbiologi ed epidemiologi (fra cui almeno sei donne). Ma prima dell’era Johnson non risulta che consiglieri politici prendessero parte ai lavori dei comitati di consulenza scientifica. 
Il governo britannico, fin dall’inizio della crisi, ha sempre detto di voler essere «guidato dalla scienza». Ed è vero che la discussa teoria dell’«immunità di gregge», secondo cui era meglio far infettare il più alto numero di persone possibile, non era stata tirata fuori da Johnson bensì dal suo consigliere scientifico, Sir Patrick Vallance (e il governo aveva subito preso le distanze). Così come era stato poi lo studio pubblicato a metà marzo dai ricercatori dell’Imperial College (il cui capo, il professor Neil Ferguson, siede ora nel Sage), secondo il quale senza far nulla si sarebbe provocato mezzo milione di morti, a indurre Johnson a una precipitosa marcia indietro e all’imposizione del «lockdown». 
E se le rivelazioni del Guardian rischiano di offuscare l’idea di indipendenza dei pareri ricevuti dal governo, va detto anche che da più parti a Londra si sottolinea ormai che le decisioni fondamentali non possono essere delegate agli scienziati, perché sono di natura eminentemente politica. Come bilanciare le esigenze della salute con quelle più generali della collettività, come e quando far ripartire il Paese, quali rischi decidere di correre? Sono tutte scelte che non toccano ai virologi ma a chi è stato eletto dal popolo. Che è chiamato a prendersene tutta la responsabilità.