La Stampa, 26 aprile 2020
Salvatore Accardo contro i concerti online
Quando ha detto a sua figlia - 11 anni, studia da pianista - che il loro primo concerto assieme, al Teatro Manzoni, doveva essere rinviato a chissà quando, lei ha riflettuto un momento, poi guardandolo negli occhi: «Bene, così avrai più tempo per studiare».
Salvatore Accardo è molto occupato in questi giorni di quarantena. Prove reali di musica da camera in famiglia, con la moglie e le due gemelle, tutte musiciste, e lezioni virtuali con gli allievi dell’Accademia Walter Stauffer di Cremona, la sua prediletta realtà didattica. «Ma la qualità delle lezioni on line rimane modesta, non capisci la qualità del suono. Il suono un musicista lo sente e lo esprime anzitutto dentro di sé e poi lo restituisce attraverso lo strumento. Non poterlo osservare da vicino, nel dettaglio del movimento del braccio, della mano, delle dita sul violino, è una perdita alla quale non c’è rimedio. Affidarti a Internet significa sacrificare la qualità, e l’emozione che ne deriva».
Da musicista, dopo quasi due mesi di clausura domestica, quali riflessioni condivide con i suoi colleghi?
«Una sensazione dolorosa: siamo inesistenti».
Rispetto a chi?
«Sono un grande appassionato di calcio, un tifoso juventino da sempre, ma trovo insopportabile questo continuo occuparsi del campionato e delle coppe: ripartono, non ripartono, quando ripartono, tutti ne parlano, e spesso a vanvera, ogni giorno, anche se non c’è niente di nuovo da dire. E invece non una parola sul nostro mondo! Non parlo dei provvedimenti di sostegno che sono stati e che saranno presi anche per i lavoratori dello spettacolo, ma non una parola di vicinanza è venuta dal Ministero e dalle istituzioni. Una latitanza che percepisco come una mancanza di affetto. Soprattutto per i giovani, questo silenzio è doloroso. Io ho 78 anni, la gran parte del mio percorso artistico si è compiuta, loro si sentono abbandonati».
Come reagire?
«Ho firmato, come migliaia di altri musicisti, attori, autori, lavoratori dello spettacolo, l’appello L’arte è vita. E’ incredibile la quantità di adesioni raccolte in poche ore: come un grido di dolore esploso tutti assieme dopo questo silenzio lunghissimo al quale siamo costretti. Ma l’appello esprime anche solidarietà e speranza, ha dato forza a tutti, vecchi e giovani, a chi è affermato e a chi inizia ora la propria avventura professionale. Un gesto vero di affetto, quello che è mancato da altri».
Di che cosa, soprattutto, avverte la mancanza in questo periodo?
«Ogni anno i corsi alla nostra Accademia si concludono con un concerto che riunisce assieme maestri e allievi. Quest’anno non sarà così. E’ il momento più bello di tutto il percorso accademico. Il maestro sente i progressi compiuti, gli allievi l’orgoglio di suonare assieme ai docenti, in uno scambio alla pari. Voglio dire a tutti i nostri allievi che la loro presenza mi manca immensamente».
Pensando al futuro, una questione appare più aspra: far recuperare al pubblico la tranquillità e il piacere di frequentare, di condividere un teatro, una sala da concerto. Come sarà possibile?
«Artista e pubblico sono inseparabili: esistono uno in funzione dell’altro. La parte di pubblico più fedele, più appassionata sarà la prima a tornare. Da questo punto di vista bisogna prestare attenzione a non abusare dell’ascolto dalla tv, dal computer, dal telefonino, facendolo diventare un boomerang: lo spettacolo dal vivo è condivisione, socialità, fisicità, non si risolve nella virtualità. Da parte nostra dovremo avere l’intelligenza e la flessibilità per creare occasioni di ascolto in linea con i provvedimenti del Governo».
Il 9 maggio a Cremona lei avrebbe dovuto partecipare a un incontro promosso dalla Treccani sul tema della «responsabilità». Quali considerazioni avrebbe svolto?
«Sento un enorme responsabilità come insegnante, come musicista, come padre. E ancora di più da quando stiamo vivendo questo periodo di dolore, per molti di lutto, per tutti di grande incertezza sul futuro. La paternità è un’esperienza meravigliosa, fare musica con una ragazzina che è anche tua figlia aggiunge sensazioni prima sconosciute».
Prevale l’affetto o il rigore?
«La musica non fa mai sconti. E se li facessi io, lei non lo sopporterebbe».