https://www.lettera43.it/letteratura-resistenza-25-aprile/, 25 aprile 2020
Piccola antologia della Resistenza
«L’inverno del ’44 è stato a Milano il più mite che si sia avuto da un quarto di secolo». Inizia con questa frase la più precoce opera letteraria che raccontava la Resistenza. È Uomini e no di Elio Vittorini, pubblicato nel giugno del 1945. Al centro della vicenda c’è Enne 2, partigiano che combatte il fascismo nella capitale lombarda, è legato a un amore impossibile che gli darà una delusione tale da spingerlo a un’azione suicida.
La Resistenza da allora rappresenta un grande scenario per la letteratura italiana, l’ideale luogo narrativo caratterizzato dall’insanabile contrasto tra umanità e violenza, che Vittorini voleva esplorare, e calato in una società divisa da steccati ideologici e rivalità fratricide, in cui l’orrore della guerra si apre anche a sogni di rinascita.
L’opera di Vittorini non fu accolta molto bene dalla critica del tempo, rimane però un capostipite e un punto di partenza per una antologia di libri dedicati alla lotta di liberazione.
VIGANÒ, PAVESE, CALVINO: LE PRIMI VOCI LETTERARIE DEI PARTIGIANI
Una delle prime voci letterarie della guerra partigiana fu la bolognese Renata Viganò che con il suo L’Agnese va a morire, pubblicato nel 1949, scrisse, nelle parole di Sebastiano Vassalli, «una delle opere letterarie piú limpide e convincenti che siano uscite dall’esperienza storica e umana della resistenza». Il romanzo ispirato dall’esperienza diretta della scrittrice tra i partigiani delle valli di Comacchio, mette in scena una anti-eroina, Agnese, donna anziana apparentemente estranea alla logica della guerra, ma che si trova coinvolta nella lotta partigiana. Un insensato atto di crudeltà, un soldato tedesco che le uccide il gatto, la convince ad agire e schierarsi.
Cesare Pavese (foto LaPresse).
Nel 1949 Cesare Pavese pubblicava per Einaudi La casa in collina, la storia di Corrado, alter ego dell’autore, un intellettuale che si mette al riparo dai bombardamenti, ma è profondamente inquieto riguardo a un conflitto feroce e incomprensibile da cui vuole ripararsi ma che non può ignorare: «Ogni guerra è una guerra civile: ogni caduto somiglia a chi resta, e glie ne chiede ragione».
Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi
Il sentiero dei nidi di Ragno, Italo Calvino
Italo Calvino aveva partecipato alla guerra di Liberazione, un’esperienza che confluirà nel suo primo romanzo Il sentiero dei nidi di ragno, steso di getto nel 1946 e pubblicato l’anno dopo sempre per Einaudi. «Forse non farò cose importanti, ma la storia è fatta di piccoli gesti anonimi», dice il protagonista, un bambino rimasto senza genitori e che deve crescere in fretta in un mondo di violenza. La lotta partigiana ricompare anche nella raccolta Ultimo viene il corvo del ’49. Nel racconto del 1974 Ricordo di una battaglia Calvino rievocherà invece la violentissima battaglia di Bajardo, in provincia di Imperia, che l’aveva visto tra i combattenti.
LE CRITICHE DI TOGLIATTI A LA RAGAZZA DI BUBE DI CASSOLA
Palmiro Togliatti definì diffamatorio nei confronti della resistenza La ragazza di Bube di Carlo Cassola, romanzo del 1960. L’avventura dei due protagonisti Mara e Bube inizia proprio dopo la Liberazione, ma le ferite e le divisioni lasciate dalla guerra sono alla base della narrazione. Il romanzo vinse il Premio Strega, ma ai tempi venne etichettato come revisionista perché la figura del protagonista Bube sembrava apparentemente sminuire gli ideali dei partigiani. Tra i suoi detrattori più celebri non solo il segretario del Pci, ma anche Calvino e Pier Paolo Pasolini. Cassola, che aveva partecipato alla Eesistenza, fu anche dileggiato con l’epiteto “Liala 60” per aver ecceduto in sentimentalismi. Franco Fortini lo stroncò da un punto di vista più letterario: «È un libro nuovo», scrisse in una lettera, «ma secondo me va riscritto». Col tempo il giudizio è cambiato. «Cassola», ha detto Eraldo Affinati, «non era un revisionista, capiva che la Resistenza era anche una guerra civile, capiva che l’azione partigiana era nella storia con torti e ragioni che si intrecciano tra loro».
FENOGLIO, IL NARRATORE PER ANTONOMASIA DELLA RESISTENZA
Lo scrittore che ha forse legato di più il suo nome alla guerra di Liberazione è il piemontese Beppe Fenoglio. Membro della brigata partigiana Garibaldi e poi del 1º Gruppo Divisioni Alpine, fu uno dei protagonisti dell’esperienza della Repubblica Partigiana di Alba. Il suo impegno nella lotta di Liberazione confluirà nelle opere Primavera di bellezza e I ventitré giorni della città di Alba. Ma i suoi capolavori usciranno postumi. Una questione privata verrà pubblicato nell’aprile del 1963 a soli due mesi dalla scomparsa dell’autore, Calvino lo definì «il romanzo che tutti avevamo sognato, quando nessuno più se l’aspettava».
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Nella foto: Beppe Fenoglio
Nel 1968 vedrà le stampe Il partigiano Johnny, ideale prosecuzione di Primavera di bellezza, che racconta le vicissitudini della guerra di liberazione di Johnny, personaggio in cui l’autore rivedeva se stesso. Il romanzo, ritenuto da molti come il libro definitivo sulla Resistenza, è nato da un lavoro editoriale, oggetto di una lunga disputa letteraria, che ha assemblato due versioni rimaste incompiute. Dante Isella, curatore dell’edizione Einaudi del 1992, ha scritto: «Il romanzo di Fenoglio è come il Moby Dick nella letteratura marinara. La sua dimensione etica dilata lo spazio e il tempo dell’azione oltre le loro misure reali».
Diversi monumenti dedicati alla resistenza citano una frase de Il partigiano Johnny
Nel 1969 uscirà un altro romanzo postumo di Fenoglio La paga del sabato, scritto alla fine degli Anni 40. È la storia dell’ex-partigiano Ettore, incapace di adattarsi alla condizione di lavoratore dipendente dopo il lungo periodo passato a combattere. Diversi monumenti dedicati alla resistenza citano una frase de Il partigiano Johnny: «E pensò che forse un partigiano sarebbe stato come lui ritto sull’ultima collina, guardando la città e pensando lo stesso di lui e della sua notizia, la sera del giorno della sua morte. Ecco l’importante: che ne restasse sempre uno».
LA RESISTENZA VISTA DA SALÒ: TIRO AL PICCIONE DI RIMANELLI
La Resistenza fa anche da sfondo alle vicende narrate ne La storia di Elsa Morante, romanzo del 1974 Tre amici edito da Mondatori nel 1988 di Mario Tobino è stato definito una «autobiografia collettiva» che mette in primo piano gli alter ego dell’autore e degli amici fraterni Mario Pasi e Aldo Cucchi. Un legame così profondo da non necessitare definizioni («Non ci dicemmo mai che eravamo amici», recita l’incipit) e che avrà come sfondo il fascismo e la guerra di Liberazione.
Nel 1950 Cesare Pavese, a cui l’autore presentò il manoscritto come «la storia di un giovane della mia età che vede la Resistenza dalla parte sbagliata», avrebbe voluto pubblicarlo per Einaudi
I piccoli maestri, di Luigi Meneghello, pubblicato nel 1964, racconta – prendendo spunto dalla storia dell’autore – la scelta di un gruppo di giovani studenti di spendersi per la Liberazione. Nella letteratura della Resistenza però le voci narranti non sono solo dalla parte dei liberatori. È il caso di Tiro al piccione di edito nel 1953. L’autore, Giose Rimanelli, un giovane molisano che aveva combattuto per la Repubblica Sociale, lo scrisse in prima stesura appena conclusa la guerra, narrando le vicende, in gran parte autobiografiche, del fascista Marco Laudato. Nel 1950 Cesare Pavese, a cui l’autore presentò il manoscritto come «la storia di un giovane della mia età che vede la Resistenza dalla parte sbagliata», avrebbe voluto pubblicarlo per Einaudi. Ma la sua morte mise tutto in discussione e il romanzo uscì tre anni dopo per Mondadori, diventando poi nel 1961 un film diretto dall’allora esordiente Giuliano Montaldo.
LA RESISTENZA IN GIALLO DI CARLO LUCARELLI
Ma c’è anche una Resistenza in giallo, è quella creata da Carlo Lucarelli per la serie dei romanzi che vedono come protagonista il commissario De Luca. Le avventure del funzionario di polizia si svolgono nella Bologna che sta assistendo alla fine del regime fascista e all’inizio della fase più crudele della Seconda guerra mondiale, tra l’avvento dell’occupazione nazista e il crescere della resistenza. I sei romanzi del ciclo, usciti dal 1990 al 2020 (i primi tre per Sellerio e gli altri per Einaudi) sono diventati anche una serie televisiva. De Luca cerca di rimanere neutrale in un mondo ormai diviso in due: è ispirato alla figura storica del vicecommisario Parisi, poliziotto della Questura di Bologna che però scelse di aderire alla lotta di liberazione. Accanto al racconto romanzesco e autobiografico si è affiancata una giustamente estesissima attività saggistica che periodicamente apre anche nuovi fronti di discussione e confronto. In questo ambito un buon punto di partenza può essere il recentissimo Storia della Resistenza di Marcello Flores e Mimmo Franzinelli edito da Laterza nel novembre del 2019.