Corriere della Sera, 25 aprile 2020
Come andremo in spiaggia quest’estate
Senza stranieri, pochi ombrelloni, grandi spazi, molte famiglie. Con capanni e ristoranti quasi privati. Pochi giochi per bambini, molta tecnologia. Si tornerà in spiaggia nell’estate 2020 del coronavirus, ma bagni e chalet (come li chiamano sull’Adriatico) saranno molto diversi da come li abbiamo lasciati.
La stagione
Non potendo girare per mete esotiche, gli italiani si riverseranno sulle spiagge di casa. Ma Maurizio Rustignoli, presidente della Fiba, federazione dei balneari Confesercenti, stima un calo delle presenze del 40%. Che però non si tradurrà in tanta disponibilità visto il drastico calo di ombrelloni, causa distanziamento. E di un altro fenomeno, che racconta Marco Grespigna, dello stabilimento Cala Loca di Varazze: «Molti non apriranno, perché non ce la fanno economicamente». Molte concessioni scadranno a fine dicembre e senza proroga (chiesta da tutta la categoria) le banche non concederanno prestiti. Quanto ai soldi in arrivo, spiega Grespigna: «Nell’ottobre 2018, il mio stabilimento fu spazzato dalla mareggiata. Erano previsti fondi urgenti, mai visto un euro. Perciò non sono fiducioso del Cura Italia». L’associazione Unionmare Veneto, spiagge da Jesolo a Rosolina passando per il Lido di Venezia, ha appena firmato un documento di 18 regole: «Ombrelloni a distanza di 4 metri e prenotazioni obbligatorie online. Aspettiamo solo il via libera del governo — dice il presidente, Alessandro Berton —. Andiamo in spiaggia anche più tardi ma andiamoci, qui si tratta di proteggere 25 mila posti di lavoro». Ma l’incertezza della crisi economica spingerà molti a risparmiare e ad abbreviare, se non a cancellare, le vacanze.
Numero chiuso
Oltre alla prenotazione obbligatoria, alcuni Comuni e alcune isole pensano al numero chiuso. A Roma si lavora ad accessi scaglionati sulla spiaggia da Ostia a Torvajanica.
Per disincentivare contatti troppo ravvicinati negli stabilimenti, spariranno i campi sportivi e pure le aree gioco per i bambini. Tempi duri anche per biliardino e bocce. «Noi chiuderemo i nostri tre campi di beach volley e tennis — spiega Gino Saporetti, di Sabaudia —. Forse potremo ancora fare la scuola di surf». Potrebbero scamparla i racchettoni.
Ombrelloni
Molte Regioni ipotizzano uno spazio di 10 metri quadrati intorno all’ombrellone, al massimo due lettini e una sdraio. Tre persone dunque, a meno di deroghe per gruppi familiari. Chi controllerà? «Non possiamo certo fare controlli di polizia né usare droni — spiega Rustignoli —. La spiaggia deve essere un luogo di divertimento, ci si affiderà al senso di responsabilità delle persone». Saporetti pensa a un sistema diverso: «Quattro metri tra un ombrellone e l’altro, cinque tra una fila e l’altra».
Gli ombrelloni saranno la nostra seconda casa, con servizi a domicilio, come prevede il progetto romagnolo «Rimini Open Space»: food delivery e divertimenti. Ma sono in molti in tutta Italia a lavorare per consegnare cibo e aperitivi a bordo lettino. Anche perché negli spazi comuni ci sarà sempre l’obbligo della mascherina. Tra le numerose ipotesi di questi giorni, unanime la bocciatura da parte degli addetti ai lavori di box o cupole in plexiglas sulla spiaggia: «Torniamo alla salubrità della vacanza al mare, aria e sole».
Sanificazione e rischi
Acqua e sabbia, dicono gli esperti, non sono veicoli di contagio. Ma lettini e sdraio andranno sanificati a ogni cambio persona. Si ipotizzano tunnel igienizzanti ed erogatori lungo le pedane, per spruzzare disinfettanti a base di ozono. A Caorle è in arrivo il covid detector, una colonnina con termoscanner per misurare la febbre e disinfettare mani e piedi. Fondamentale sarà il ruolo del bagnino, sorta di steward che dovrà informare e orientare.
Estate lunga
Viste le difficoltà, tanti chiedono un allungamento della stagione. Per Rustignoli, «l’ideale sarebbe spostare l’inizio delle scuole ai primi di ottobre». Mentre Fabrizio Licordari, presidente di Assobalneari, incalza il governo: «Il ministro Franceschini ci riceva, nessuno ci ha contattato finora, ma qui c’è un settore che fino a ieri rappresentava il 13% del Pil». Poi sorride: «Domani faremo meglio, noi saremo la miccia che farà ripartire l’economia del Paese».