ItaliaOggi, 24 aprile 2020
Periscopio
Draghi non lo vede come premier? «Con quale maggioranza? Un governo con dentro Salvini, Zingaretti, Di Maio? Con un simile esecutivo, l’Europa riderebbe». Rino Formica, 93 anni, ex ministro delle finanze, socialista (Concetto Vecchio). la Repubblica.
La svendita del patrimonio pubblico oggi si è completata. Ma invece di risanare i conti pubblici, il debito si è triplicato, passando, a moneta corrente, da 839 miliardi di euro del 1991 a 2.400 miliardi attuali, con un pesante impoverimento del ceto medio. I famosi esponenti del salotto buono del capitalismo italiano sono andati all’estero o hanno venduto agli stranieri, o sono falliti. E il Paese è rimasto senza politica e senza economia. Paolo Cirino Pomicino, ex ministro Dc (Maurizio Caversan). LaVerità.
Che rapporto ho con l’età? Non puoi girarti dall’altra parte. Devi accettare gli anni che passano: ti sposi, fai i figli e vivi tanti tipi di amore. Mi godo i nipoti, tutti e quattro biondi, con gli occhi azzurri. Bellissimi, intelligenti e che vogliono tanto bene alla nonna. Sofia Loren, attrice (Silvia Fumarola). la Repubblica.
La cosa che più sconcerta è che, in assenza forzata di Zingaretti, non è apparso nessuno che rappresentasse la sinistra politica, se non fugaci passanti, più o meno come Crimi. Tutti fanno le belle statuine. Al governo c’è di loro il Ragionier Contabile, il dottor Gualtieri, ma agli occhi di tutti e per le cose che dice viene ricondotto ai servitori di messa di Monsignor Conte. La sinistra è sparita. Marcello Veneziani. Panorama.
Entrambi, l’ex fascio e l’ex comunista, erano grandi ammiratori del Duce e delle sue gesta. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
L’Occidente ci ha abituati a riconoscere i sintomi di una malattia e a reagire a livello individuale. Ma tutto quello che sta accadendo a livello collettivo lo ignoravamo. Va oltre la nostra immaginazione. Con che lingua possiamo raccontare questo «noi» disperato nel quale presto potrebbe crescere la rabbia? Non sto facendo un discorso medico, che non mi compete, ma antropologico: saremo ancora noi tra un anno o due? Sarà ancora Piacenza la città che ho conosciuto, amato, detestato? Piergiorgio Bellocchio, scrittore (Antonio Gnoli). la Repubblica.
In via Manzoni, a Milano, in queste notti da Covid, passano veloci, senza rallentare alle fermate dove nessuno li aspetta, i tram, i vecchi fedeli tram di Milano. Perfettamente vuoti. Sembrano sentinelle che veglino su questo nostro inimmaginabile sonno. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.
I soliti noti storceranno il naso al paragone. Ma chi ama Indro Montanelli, in Croce non troverà nulla. Indro infatti, rispondendo a un lettore che gli chiedeva consiglio per una storia del Regno di Napoli, si guardò dal citare don Benedetto, che vi dedicò un corposo volume. Gli suggerì invece I Borboni di Napoli di Harold Acton, un inglese di Firenze che in due tomi rievocò quel regno con vivace empatia. «Legga Acton e vedrà come si scrive la Storia», raccomandò Montanelli al lettore. Io ho letto Acton e gli ho dato un bel posto in biblioteca. Giorni fa ho ripreso dagli scaffali l’analogo saggio di Croce. L’ho scorso. E ora sono incerto se riporlo, dove riporlo, che farne. Giancarlo Perna. LaVerità.
Il mio metodo è non avere metodo. Ho sempre avuto bisogno di una carica un po’ ingenua che è necessaria a questo mestiere, contrariamente a quello che si pensi. Una sorta di eccitazione che scaturisce dalla sensazione anche inconscia di raccontare la Storia, di essere nei posti in cui si svolge la Storia. Un privilegio assoluto. Bernardo Valli, inviato speciale internazionale (Simonetta Fiori). la Repubblica.
Quando lavoravo al Quirinale, fui l’interprete di Saragat nei colloqui con i presidenti americani. Il primo fu Lyndon Johnson. Era molto cordiale, alla mano. Non era particolarmente brillante, ma aveva un controllo assoluto del partito e del Congresso. Quando Saragat espresse il dissenso italiano sulla guerra in Vietnam, lo guardò senza muovere un muscolo. Entrambi del resto non vedevano l’ora di parlare d’altro. Sergio Romano, ex ambasciatore italiano, saggista di politica estera (Aldo Cazzullo). Corsera.
Quando Delon ha avuto il premio a Cannes, era in Svizzera e m’ha chiamato: voglio che tu venga con me. La Bardot, l’adoravo. Prima ci sentivamo sempre, ma da quando sta con un simpatizzante di Le Pen, no, mi spiace, non posso più: al telefono risponde sempre lui! Il fatto è che, del mondo del cinema, non me ne frega niente: da ragazzina volevo essere un’esploratrice, era mia sorella Blanche che sperava di fare l’attrice. Io stavo alla larga perché non mi andava di rubarle il sogno. Oggi sto alla larga per rimanere con figlia e nipoti. Claudia Cardinale (Francesco Battistini). Corsera.
Ceausescu e la moglie furono costretti a fuggire in elicottero il 22 dicembre da Bucarest, dal tetto del palazzo del Partito comunista rumeno. Poco prima della «fuga», architettata dal trio golpista, si era clamorosamente suicidato il capo supremo dell’esercito, il generale Milea, umiliato in pubblico da Ceausescu perché «incapace» di reprimere la rivolta di Timisoara. Il generale è andato in un’altra stanza del Comitato centrale e si è sparato alla testa. Ceausescu lo definì sprezzantemente «vile e traditore». Ha quindi fatto convocare il generale Stanculescu e gli affida il comando dell’esercito. Fu questa la sua ultima nomina, ma anche Stanculescu si alleerà con il gruppo dei rivoltosi amici di Mosca e al processo farsa non alzò un dito per salvare la vita di Ceausescu. Aldo Forbice. LaVerità.
Da allora il «Vecchio» (così chiamavano teneramente il loro ponte i «mostarci», i «pontaioli», cioè la gente di Mostar che dal ponte aveva addirittura preso il nome) non solo aveva sempre resistito. Ma era diventato un trait d’union imprescindibile, unendo le sponde Est e Ovest della Neretva. Passati gli eserciti e le guerre, aveva messo in contatto la gente, le religioni, etnie e mondi diversi, lasciava che si incontrassero e si parlassero l’Occidente e l’Oriente. Con il tempo, il vecchio ponte era diventato così il simbolo principale della città e il punto di riferimento per i suoi cittadini, parte della loro identità culturale così composita, un instabile mélange di bosgnacchi, croati e serbi. In sostanza lo stesso mondo dipinto dal romanzo Il ponte sulla Drina di Ivo Andric, guida storica sulla Bosnia imprescindibile. Maurizio Pilotti. Libertà.
Chi dice di voler morire per una donna deve mantenere la parola. Alle donne piacciono la coerenza e il coraggio. Roberto Gervaso. Il Giornale.