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 2020  aprile 24 Venerdì calendario

L’incognita dei numeri reali a Milano

Mentre continuano a migliorare i dati lombardi relativi alla diffusione del coronavirus, Milano e il suo hinterland continuano a vivere una situazione altalenante, ambigua e quindi potenzialmente pericolosa.  (…) La curva sale e scende. Sembra che la discesa vera e propria non venga mai imboccata. Ci sono stati giorni in cui la scorsa settimana sono state superate le 200 unità. 
Il nodo dei tamponi
A rendere complesso il quadro c’è il dato dei tamponi. Come ha sottolineato ieri il sindaco di Milano Giuseppe Sala, non è chiaro a chi e in che quantità vengano fatti. Pertanto è difficile capire il fenomeno. Ma soprattutto, questo il vero timore di Palazzo Marino, il dato preoccupante è che i positivi ufficiali potrebbero essere molti meno rispetto a quelli reali. Quindi, paradossalmente, questi numeri sarebbero persino ottimistici. Quelli reali potrebbero rappresentare il 10-15% della popolazione. «C’è una grande incertezza sui contagi. Mi trovo in imbarazzo perché io ho dei dati sulla progressione dei contagi, ma gli scienziati mi dicono che a Milano i contagiati sono tra i 150mila e i 300mila. Dibattiamo su quei 7mila quando sarebbero 300mila. Sto chiedendo al governatore lombardo di fare chiarezza sulle misurazioni».
I motivi “ufficiali”
Secondo alcune strutture ospedaliere, come il Policlinico, a Milano vengono registrati anche i malati provenienti da altri territori, che nel capoluogo vengono a curarsi e che quindi vengono registrati come positivi della città. Inoltre, Milano non si sarebbe mai fermata del tutto davvero in quanto sede di lavoro anche per molti pendolari, per cui la rarefazione dei contatti sociali sarebbe stata minore rispetto a quella di altre province. Questa tesi è stata spesso rimarcata anche dai vertici regionali, che hanno invitato fino a dieci giorni fa a stare a casa, sostenendo che a Milano la mobilità intorno al 40% era troppo alta (dato ricavato vedendo gli spostamenti dei cellulari, in forma anonima, da una cella all’altra).
Dalle Rsa alle case popolari
A far schizzare i numeri milanesi sono in buona parte le 57 residenze per anziani, le Rsa presenti in città, in cui sono morte 1.200 persone per sospetto Covid e 490 per Covid accertato accertato. I dati sono stati riferiti dal Dg di Ats Milano città metropolitana, Walter Bergamaschi, in commissione consiliare del Comune di Milano. Il direttore ha precisato che il monitoraggio è fatto con l’autocertificazione delle strutture. L’andamento dei positivi qui è significativo: in base all’ultima rilevazione sulla città di Milano, del 15 aprile, sui 6.333 ospiti delle Rsa milanesi c’erano 745 ospiti con sintomi sospetti e 830 contagiati accertati. «La percentuale dei decessi per casi sospetti o accertati Covid sul totale dei decessi è del 56%».
Oltre alle Rsa, si aggiunge il dato, sempre riferibile agli anziani, delle case private. Va ricordato che a Milano ci sono 70mila alloggi popolari, spesso piccole, in cui vivono più persone. Sempre secondo Bergamaschi, l’aumento di mortalità per il coronavirus è superiore tra gli ultra 75enni che vivono al proprio domicilio rispetto a quello che si è registrato tra le persone della stessa età che stanno nelle residenze per anziani. «Se il rapporto fra i pazienti over 75 morti al proprio domicilio nel marzo 2020 rispetto al marzo 2019 è superiore a 2, nelle Rsa in questo momento è attorno a 1,6/1,7, per i dati che abbiamo. – ha concluso – Le persone croniche e fragili sono state colpite anche all’interno del proprio domicilio». 
La crescita tra i sanitari
Cresce la paura di contagio fra gli operatori sanitari a Milano, in ritardo rispetto a quanto già registrato negli altri territori lombardi. Sugli oltre 3.300 operatori che lavorano nelle Rsa cittadine, 634 sono in isolamento a domicilio per sospetto Covid, 286 tamponati, 500 che sono a domicilio per malattie non meglio specificate. Il personale nelle strutture viene in parte sostituito. Il dato è significativo per capire come viaggia il virus.