Corriere della Sera, 22 aprile 2020
Intervista a Claudio Ranieri
Claudio Ranieri, l’allenatore del miracolo Leicester, il più esperto della nostra serie A, chiamato per risollevare la Sampdoria, ha letto il protocollo della commissione medica della Figc e ha molto da dire. «Ciascuno di noi avrebbe voglia di tornare sul campo. Ma questo è il momento della prudenza. Nessuno sa come reagisce il virus sul fisico di un atleta e se dovesse succedere qualcosa di grave chi se ne assumerebbe la responsabilità?».
Quindi sarebbe prematuro riprendere gli allenamenti il 4 maggio.
«Sulle date non ci sono certezze. La verità è che ci sono ancora troppi morti e troppi contagiati per ricominciare».
Calcio e distanziamento sociale non vanno d’accordo...
«Siamo una delle industrie più a rischio proprio perché il nostro è uno sport di contatto. E non vorrei che la fretta ci portasse a commettere degli errori».
Che cosa non le torna del protocollo?
«È giusto fare tamponi, come i test sierologici. Ma in questo momento c’è gente che ne ha più bisogno di noi. Non possiamo scavalcare i cittadini, non sarebbe né giusto, né etico. Ho degli amici che sono stati ammalati e il tampone non sono riusciti a farlo perché non se ne trovano e perché non ci sono i reagenti. E sul test sierologico, da quello che mi risulta, solo il 29 aprile il governo dirà quale fare. E a noi quando arriverà?».
Neppure sul lungo ritiro è d’accordo.
«I giocatori sono chiusi in casa da quasi due mesi e stanno dando i numeri. Tra un po’ parlano con i muri... Molti sono da soli, con la famiglia lontana. E dovrei portarli in ritiro un altro mese con la prospettiva di tenerli isolati anche durante le partite? Sarebbero quattro mesi di clausura, non è credibile».
Per evitare nuovi casi...
«Le nostre case sono diventate il posto più sicuro del mondo. Perché dovremmo andare in albergo ed entrare in contatto con il personale della struttura? Questo vale anche per tutto il gruppo squadra, una cinquantina di persone. Non possiamo metterli in carcere, altrimenti più che fare lo psicologo, rischio di dovermi trasformare in uno psichiatra» (sorride).
Qual è lo stato d’animo dei giocatori?
«Non ne possono più di stare rinchiusi. Al tempo stesso hanno dei timori, soprattutto quelli che il virus lo hanno contratto».
Iachini, allenatore della Fiorentina, suo ex giocatore proprio a Firenze, sostiene che i guariti dovranno ricominciare più piano degli altri.
«Beppe ha buon senso. Nessuno sa niente di questa pandemia e delle sue conseguenze. Va benissimo allenarsi distanziati la prima settimana, come dice il protocollo. Ma poi? Quanto e come posso forzare con un ragazzo che è stato ammalato, e da noi è successo a tanti. Ci aspetta un tour de force pazzesco. Va gestito lo stress psico-fisico. Chi mi assicura che ai calciatori colpiti da Covid non succeda niente dopo uno scontro di gioco? Invito tutti alla prudenza: sono morti anche dei giovani. Bisogna essere cauti, molto cauti».
Quindi lei non vorrebbe ricominciare?
«Prima del calcio deve ripartire il Paese. Hanno ragione la Pellegrini e Fognini. Non c’è solo il pallone. Anzi dico di più: essendo il nostro uno sport di contatto, dovrebbe essere l’ultimo a rimettersi in moto, sicuramente dopo le altre discipline per natura più distanziate, come per esempio nuoto e tennis».
Chiuderebbe qui il campionato?
«Voglio spazzare via ogni incertezza. Sono d’accordo con chi dice che la stagione va finita, così non si arrabbia nessuno. Ma nei termini e nei modi giusti. La salute viene prima di ogni altro interesse. Non bisogna ripartire perché dobbiamo, ma farlo quando siamo certi che tutto andrà bene».
Cioè?
«Nel momento in cui gli ospedali non saranno più ingolfati e i test accessibili. Gli interessi della comunità vengono prima di quelli del calcio. Altrimenti significa prendere in giro gli eroi che ogni giorno lottano per noi».
Ricominciare in agosto, finire il campionato a novembre e giocare la prossima stagione nell’anno solare è una possibilità.
«È un’ipotesi. Non so se quella giusta e non so se si può fare. Di sicuro non vedo perché si debba correre adesso con tutte le problematiche e i rischi che ci sono. Dopo una sosta così lunga avremo bisogno di almeno sei settimane per verificare che tutto sia sotto controllo».
Lei ha parlato della possibilità di avere cinque sostituzioni.
«Perché non chiederlo all’Ifab come fatto eccezionale? Se si devono giocare tre partite a settimana con il caldo, dateci la possibilità di cambiare quei giocatori che non ce la fanno. A fine gara le difese immunitarie si abbassano e ci vuole tempo per ripristinare l’equilibrio fisico. Forse così ci sarebbero meno rischi». Forse.