Il Sole 24 Ore, 22 aprile 2020
Politiche ambientali per il crollo del petrolio
L’effetto virus si fa sentire su prezzi e consumi di petrolio, con effetti contrapposti sull’ambiente. Mentre la clausura sanitaria taglia la domanda petrolifera italiana e riduce le emissioni, al contrario i prezzi così bassi potrebbero rendere poco efficaci le politiche ambientali che puntano verso forme alternative di sviluppo: con il greggio sottozero per molti consumatori e molti investitori bruciare petrolio sarebbe assai più competitivo rispetto a qualsiasi impegno verde. Sul fronte dei consumi petroliferi, ieri i dati del ministero dello Sviluppo economico hanno certificato il crollo di marzo: -31% la domanda italiana di prodotti petroliferi, dimezzata a -51,9% la benzina, precipitato a -41% il gasolio, spazzati via i due terzi dei consumi di cherosene per gli aerei, rimasti a terra. E aprile avrà numeri ancora più forti.
Auto elettrica, bus, sharing
Benzina e gasolio a prezzo basso (per quanto basso possa essere con un peso fiscale vicino a 1 euro al litro) alla ripresa saranno per i consumatori un incentivo a evitare quelle auto elettriche su cui hanno investito i costruttori.
Inoltre i sondaggi d’opinione mostrano che i consumatori avranno ripugnanza a tornare su veicoli condivisi con altri, come i mezzi pubblici o le auto e le bici in sharing, di cui non è verificabile lo stato igienico.
Per questi motivi la Legambiente chiede piani che inducano i viaggiatori a fare scelte di mobilità sostenibile quando ricominceranno a muoversi.
I programmi verdi
Le persone più attente al tema ambientale sollecitano una forte chiarezza nel confermare gli impegni versi, come il Green Deal europeo o come un’uscita che porti verso la mobilità sostenibile. Le maggiori associazioni ecologiste come il Wwf o Greenpeace sollecitano impegni che non indeboliscano il ruolo delle fonti rinnovabili di energia.
La transizione in difficoltà
«Il crollo del prezzo del petrolio rappresenta un pericolo per l’economia mondiale», dice il ministro francese dell’Economia Bruno Le Maire. In questo tracollo dei prezzi vi sono rischi in primo luogo per la transizione energetica perché per finanziare le energie rinnovabili servono le entrate del petrolio. Le grandi compagnie petrolifere inoltre sono quotate sul mercato e in esse investono i grandi fondi pensionistici e questo mette a rischio i risparmiatori. Infine Le Maire sottolinea come il 40% circa delle entrate dei Paesi africani è legato all’estrazione e commercializzazione del petrolio e dunque in questo momento il 40% delle loro entrate è andato in fumo.
Il crollo dei consumi
Crollano in marzo i consumi italiani di prodotti petroliferi. È l’effetto del coronavirus, con la chiusura monastica dopo la prima settimana del mese. Nel dettaglio, in marzo gli italiani hanno usato 3,31 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi, pari a un -31% rispetto ai 4,79 milioni di tonnellate del marzo 2019. Dimezzato il consumo di benzina, 285mila tonnellate contro le 592mila di un anno fa. Più graduale il taglio della domanda di gasolio, poiché alcuni veicoli merci hanno continuato a circolare: con 1,18 milioni di tonnellate ne abbiamo bruciato il 41% in meno. Ferma la pesca (il gasolio marino – 41,2%) mentre è molto attiva l’agricoltura (+16,9%).
Il taglio brusco di aprile
Secondo l’Unione Petrolifera, le prime stime per il mese di aprile per benzina e gasolio per il trasporto passeggeri indicano una caduta a precipizio del 75% rispetto allo stesso mese dello scorso anno, mentre per il gasolio destinato al trasporto merci di quasi il 50%. Quanto al carboturbo per aerei, ad aprile si stima che la diminuzione superi il 90%.
Ad essere meno colpito sarà il trasporto navale che, dopo il calo del 5,6% di marzo, ad aprile si prevede possa scendere intorno al 20% per la frenata del commercio estero, per il blocco delle crociere e per il ridimensionamento dei servizi di linea come i postali e i traghetti per le isole e i vaporetti a Venezia.
Complessivamente in aprile i consumi petroliferi dovrebbero scendere di oltre il 50%.
L’andamento delle emissioni
Secondo l’inventario presentato ieri dall’Ispra, le emissioni di anidride carbonica e di altri gas scaldaclima sono in calo in Italia negli ultimi 28 anni: -17% nel 2018 rispetto al 1990, passando da 516 a 428 milioni di tonnellate di CO2. Crescono energie rinnovabili ed efficienza energetica; male il fronte del riscaldamento residenziale per Pm10. Sorvegliati speciali sono gli allevamenti, da cui proviene il 78% delle emissioni di ammoniaca.