Avvenire, 22 aprile 2020
Il lungo calvario delle suore italiane
Una prova drammatica, un calvario che pare non aver fine. Il Covid-19 sta colpendo duramente anche le congregazioni femminili attive in Italia, con numeri ancora difficili da ricostruire ma con alcuni fattori ricorrenti tra le nostre suore, che si sono rivelati fattore di vulnerabilità: l’età avanzata, malattie precedenti, la vita comunitaria in case di riposo e cura a loro destinate dalle stesse congregazioni, oppure esterne, dove è divampato il contagio. Dall’inizio della pandemia i casi più impressionanti di decessi sono le 13 Poverelle dell’Istituto Palazzolo di Bergamo, le 7 suore Operaie della Santa Casa di Nazareth a Botticino, nel Bresciano, le 6 Orionine di Tortona, le 6 Maestre di Santa Dorotea a Castell’Arquato, nel Piacentino, le 5 Figlie della Sapienza a Sanremo, le 4 Francescane Missionarie di Maria a Porano ( Terni), le 2 Adoratrici del Santissimo Sacramento a Rivolta d’Adda, nel Cremonese, più almeno altri 7 casi in diversi luoghi. Solo nelle ultime 48 ore sono emerse due dolorose vicende di decessi dentro una vita per gli altri radicata nella comunità religiosa, divenuta focolaio del virus.
Si chiamavano suor Matilde Marangoni, suor Egidia Gusmeroli, suor Antonietta Sironi e suor Crocifissa Bordin, tutte Suore Infermiere dell’Addolorata di Como, da 150 anni cuore e anima dell’Ospedale Valduce. Vittime, anche loro, del Covid-19. Altre sei hanno contratto il virus nell’impegno in corsia: due sono ricoverate in terapia intensiva. La madre superiora, suor Emanuela Bianchini, guarda all’esempio della fondatrice, la beata Giovannina Franchi, che nella Como di metà ‘800 assisteva poveri, ammalati e appestati.
Sono 7, tutte anziane (dagli 82 ai 103 anni) le Domenicane della Beata Imelda (più note come Imeldine) decedute negli ultimi giorni a Bologna a causa del virus, tutte della stessa comunità di Villa Pace, sui colli, «che costituisce per noi una casa di riposo per le consorelle anziane e malate» spiega suor Enrica, priora per la Provincia religiosa di San Domenico (Italia e Albania). «Il contagio è arrivato quasi sicuramente dall’esterno, in modo del tutto involontario – aggiunge –: forse da qualcuno che è venuto in visita, forse dal personale laico. Abbiamo cominciato ad avere alcune suore con febbre e malessere a fine marzo, e subito abbiamo avvertito l’Ausl che è intervenuta e ha eseguito i tamponi: una quindicina di suore sono risultate positive. Poi il 6 aprile sette di loro sono state ricoverate e purtroppo sono morte. Anche un’altra suora anziana è deceduta, ma per cause diverse». Ora la situazione è sotto controllo. «Abbiamo 10 suore ancora positive ma stanno meglio – chiarisce suor Enrica –, sono monitorate dall’Ausl e in isolamento ciascuna nella propria camera. Una è ancora ricoverata ed è stata anche in terapia intensiva, ma sta migliorando. Le altre 30 suore che fanno parte della comunità di Villa Pace sono tutte in quarantena nelle loro stanze». Suor Enrica, molto addolorata, spiega però di aver «potuto dare almeno l’ultimo saluto alle mie consorelle: ho partecipato alla benedizione impartita alle bare nel cimitero della Certosa, prima che le salme fossero sepolte, alcune qui a Bologna, altre nei luoghi di origine».