Professor Wadhams, dove si trovava 50 anni fa?
«Mi ero appena laureato e mi imbarcai su una nave che avrebbe circumnavigato il Nord e il Sud America. Un periodo meraviglioso: imparai tantissimo sugli oceani, vidi per la prima volta l’Artico e l’Antartide. Poi attraversammo il Pacifico e festeggiai il mio 22esimo compleanno sull’isola di Moorea, nella Polinesia Francese».
Quanto è peggiorata da allora la situazione del nostro Pianeta?
«Sono cambiate molte cose, a cominciare l’isola di Moorea, che si è riempita di grandi alberghi. Ma la cosa più rilevante è stata la crescita della popolazione mondiale. La maggior parte dei problemi ambientali che affrontiamo oggi hanno a che fare con l’aumento degli abitanti della Terra».
Cinquant’anni dopo il tema della Giornata mondiale della Terra è "agire per il clima". Ma è davvero l’anno decisivo per l’azione?
«Lo sarebbe stato se non fosse arrivato il coronavirus. Il mondo stava diventando per la prima volta davvero consapevole del riscaldamento globale e molte nazioni negli ultimi mesi avevano dichiarato lo stato di emergenza climatica, riconoscendo che c’è una emergenza e che si devono prendere misure urgenti. Il problema però è che la pandemia preoccupa tutti e nessuno pensa più alla crisi climatica».
Che ne sarà della Cop26, la conferenza Onu sul clima, che si sarebbe dovuta tenere a Glasgow in novembre?
«È stata rinviata alla primavera 2021.
Forse a novembre ce ne sarà una versione virtuale, ma dubito che porterà qualche risultato. Doveva essere un appuntamento fondamentale, soprattutto perché a Madrid nella Cop25 del novembre scorso si è ottenuto pochissimo. Gli Accordi di Parigi sono un punto di partenza e non di arrivo: se anche tutti i Paesi che si sono impegnati a tagliare le emissioni in quella occasione mantenessero le promesse, senza fare niente di più, ci sarebbe un innalzamento delle temperature di 3,7 gradi entro la fine del secolo. A Madrid non si è fatto alcun passo avanti, anche per la decisione di Trump di uscire dagli Accordi. La Cop26 avrebbe dovuto recuperare quel passo falso».
C’è persino chi propone di usare i fondi europei destinati al Green Deal alla rinascita economica dopo la pandemia, senza preoccuparsi di tagliare le emissioni.
«È una idea economica profondamente falsa: investire sulla decarbonizzazione curerà l’economia meglio di quanto si farebbe tornando al passato basato su carbone e petrolio. Bisogna approfittare di questa occasione per convertirsi definitivamente alle rinnovabili, per iniziare a rimuovere la CO2 dall’atmosfera. È una occasione straordinaria per un nuovo inizio, per fare le cose meglio di come le facevamo. Non costerà di più, costerà di meno».
Ma se tutto questo è vero, perché è così difficile convincere le persone e i politici a seguire la strada del cambiamento?
«Con la pandemia è nato il desiderio irresistibile di tornare al mondo come era prima del coronavirus.
Anche se quel mondo non era poi così buono. Ma riprendere la nostra vita precedente significa riprodurre gli stessi consumi di energia».
Il riscaldamento globale è la sola emergenza ambientale o ce ne sono altre per cui vale la pena battersi?
«Il riscaldamento globale è l’emergenza principale, perché potrebbe rendere la Terra inabitabile prima di qualsiasi altro evento.
Inoltre è all’origine di una serie di problemi secondari, come il ritiro dei ghiacci, l’innalzamento dei mari, la scomparsa di città costiere. Per evitare queste sue conseguenze catastrofiche dobbiamo fermarlo. E il modo migliore è imparare a catturare l’anidride carbonica dall’atmosfera piuttosto che concentrarci sulla riduzione delle emissioni. Il taglio della CO2 emessa rallenta il riscaldamento, mentre noi abbiamo bisogno a raffreddare la Terra».
Come stanno i suoi amati ghiacci artici?
«Purtroppo il ghiaccio del Mar Artico è sempre più sottile, tanto che ormai è pericoloso camminarci sopra: è praticamente sull’orlo della scomparsa. Ma ci sono cambiamenti anche per i ghiacci su terra: l’estate scorsa ero in Groenlandia quando c’è stato lo scioglimento record con la comparsa di fiumi e cascate».
Come vorrebbe festeggiare la Giornata mondiale della Terra l’anno prossimo?
«Magari proprio nel Mar Artico, tra i miei ghiacci, piuttosto che chiuso in un appartamento. Ma soprattutto mi piacerebbe che ci fosse qualcosa da celebrare».