ItaliaOggi, 21 aprile 2020
Periscopio
Dalla finestra entravano profumo di incenso e odore di minestrone. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
In un Priapo semisoffocato dalle zucche, a un crocicchio, si riconoscono a stento le sembianze di Giosuè Carducci. Alberto Arbasino, Super-Eliogabalo. Einaudi, 1978.
Marco Travaglio è un marker negativo: se uno viene sponsorizzato da lui, sappiamo già che finirà male. Filippo Facci. Libero.
La vita in Urss è un circolo visibile, che genera facilmente il sonno. Si può dormire, come è naturale, aspettando un cliente nel proprio taxi, pronti magari a dirgli di no per non rinunciare al sonno. In Urss i tassisti vi prendono a bordo solo se andate dove vanno loro, e non vanno mai dove andate voi. Saverio Vertone, Il Collasso. Rizzoli, 1990.
«Questa pandemia è il tipico incidente della Storia. Un precedente, per capirci, è stata Sarajevo: un luogo remoto, un fatto inaspettato, improvviso e in sé drammatico ma non percepito subito come tale, ma poco dopo la Grande Guerra e la fine della Belle Époque e con questa la caduta della vecchia Europa. La Storia non si ripete per identità perfette, ma gli incidenti sempre ricorrono». Si può dire che nel suo libro Le tre profezie, Giulio Tremonti aveva previsto tutto. O quasi. Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia. (Andrea Indini). il Giornale.
Milano. Sono passate le otto di sera e i pochi uffici aperti hanno chiuso da un pezzo. Sulla città sta scendendo la notte, in giro più nessuno. I semafori passano dal rosso al verde al rosso senza che un’auto transiti. In lontananza, il lamento di una sirena di ambulanza. Luci blu lampeggianti di polizia e carabinieri percorrono lente le strade vuote. Se incroci un raro passante con la mascherina sul volto, e spesso i guanti, è perché porta fuori, di fretta, il cane. Sembra d’essere in guerra. Non l’ho mai vista una Milano così, io che ci sono nata. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.
Nel 1997, i radicali, quando ancora andavano controcorrente anziché sulla scia, sottoposero a referendum Breganze e Breganzone. Combinarono però un pasticcio, nello stile di Marco Pannella, che esagerava tutto. Affastellarono non ricordo se 7 o 8 quesiti, diversissimi tra loro e la gente, indispettita e confusa, fece mancare il quorum per tutti. Tuttavia, il referendum per cui si recò più numerosa e arrabbiata fu quello contro i privilegi dei magistrati. Alle urne si presentarono 11 milioni di persone e 9 milioni e oltre (l’83,6%) plebiscitarono l’abolizione delle loro pigre carriere. Giancarlo Perna. LaVerità.
LUCIA MORSELLI. Voto 7. L’aspetto è dimesso: pare la sorella di Giovanna Botteri, corrispondente Rai da Pechino con la chioma che trascolora dal grigio al giallastro. Però la manager alle prese con il caso Ilva ha fegato da vendere. «Auguro a tutti di sapere e di fare quello che va fatto», ha zittito i contestatori. Altisonante. Ma inutile, se riferito ai politici: non sanno quello che fanno. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
C’è chi dice che anche la storia ha prodotto le sue false notizie. Non è vero, essa ha prodotti falsi concetti. Per esempio il Medioevo: l’hanno fatto passare per un periodo oscurantista e oggi, quando un giornale deve fare un titolo scandalizzato, poniamo, per questioni legate all’omosessualità, usa slogan come «Siamo tornati al Medioevo». Senza sapere che in quel periodo l’omosessualità non era questo grande scandalo. Alessandro Barbero, storico (Roberta Scorranese). Corsera.
Ci eravamo convinti che la tecnologia sarebbe stata in grado di padroneggiare completamente la natura. Ci siamo sentiti vincitori e abbiamo preso la natura sottogamba. La Singularity University, nella quale insegnano alcune delle menti più brillanti di questo secolo, si era data tra gli obiettivi anche quello di sconfiggere la morte. L’arroganza degli uomini si è spinta sino a credere all’immortalità. Oggi, invece, la natura ci dimostra quanto se ne frega di noi e dei nostri discorsi. Quanto è vasta la nostra impotenza. Walter Siti, scrittore (Nicola Mirenzi). Huffington Post.
Guardo gli alberi. Ai primi di aprile gli alberi della piazza cominciano a gettare le foglie; quelli al centro, accanto al monumento equestre, sono già pieni; gli altri sono più indietro. È uno spettacolo che mi incanta: gli alberi che continuano il loro mestiere, il ritorno delle stagioni. È una metafora della guarigione. Anche l’erba è bella, l’aria è pulita, il cielo più terso del solito. La città, Parigi, è zitta, si sente qualche raro uccello. Renzo Piano, architetto e senatore (Aldo Cazzullo). Corsera.
Finita la guerra, non si buttava nulla. I vasi da notte servivano per concimare l’orto, lo sterco raccolto per strada dopo il passaggio di un cavallo per fertilizzare i fiori, con i giornali si avvolgevano le verdure, si assorbiva l’umido delle scarpe bagnate, si asciugavano i pavimenti dei gabinetti. Annie Ernaux, Gli anni. L’Orma, 2008.
È difficile che Renzi possa puntare sulla tv come aveva pensato a un certo momento, visto l’esito di Firenze, secondo me, quattro puntate in prima serata su Nove, 2% di share, poco più di 400 mila spettatori per volta. L’esordio, nonostante il richiamo per l’evento di un premier nei panni di «novellatore di Bellezza», ha ottenuto il peggior risultato di tutte le reti, superato persino da La fabbrica dei biscotti su Tv8, 2,2% di share per una commediola con cast di sconosciuti contro l’1,8% del magnifico fiorentino. Commento del critico televisivo Maurizio Caversan sulla Verità: il programma non era neanche malissimo, il problema è che c’era più Renzi che Michelangelo e quel «secondo me» del titolo faceva sospettare ancor prima della visione. Carlo Verdelli, Roma non perdona – Come la politica si è ripresa la Rai. Feltrinelli, 2019.
La maggior parte delle teorie che hanno infiammato il ’68, soprattutto in Francia, sono di origine tedesca. I maestri del pensiero dell’epoca si chiamavano Adorno, con la sua critica del carattere autoritario, Marcuse, che proclamava il «Grande Rifiuto» e la «rivoluzione morale, sessuale e politica» con Lukacs e Horkheimer della cosiddetta scuola di Francoforte. Brigitte Sauzay, Le vertige allemand, La vertigine tedesca. Olivier Orban, 1985.
Mi sono messo a scrivere perché sono il secondo di quattro fratelli. In famiglia non mi spettava mai la parola. Stavo zitto e pensavo. Avevo una reazione meditata. Questo porta alla scrittura, che è una reazione alla realtà, tardiva ma anche solida e duratura. Ferdinando Camon, scrittore (Luca Pavanel). il Giornale.
Gli ideali sono sempre incompatibili con le ambizioni. Roberto Gervaso. il Giornale.