Avvenire, 21 aprile 2020
I numeri sulla pena di morte nel mondo
«La domanda non è se la pena di morte verrà abolita nel mondo, ma quando». Segnali di speranza nel rapporto di Amnesty International sulla pena capitale nel mondo. Esecuzioni in calo – 690 nel 2018 e 654 l’anno scorso, cioè il 5 per cento in meno – e Paesi senza l’omicidio di Stato in assoluta maggioranza. Quelli che l’hanno abolita dai loro ordinamenti sono 106, altri 142 l’hanno cancellata di fatto, a far lavorare il boia sono rimasti solo in 20. Progressi in numerosi Paesi dell’Africa subsahariana, segnali positivi anche dagli Stati Uniti e dal Giappone. Chi continua spesso lo fa in segreto, consapevole dell’indifendibilità della pena capitale. Drammatica la situazione in Arabia Saudita, Iraq, Sud Sudan e Yemen, che hanno fatto registrare un’impennata nelle esecuzioni. Gli omicidi di Stato sono usati spesso come strumento di repressione politica, come in Iran e Cina. Nel mondo, dunque, è in calo il ricorso alla pena di morte: l’anno scorso le esecuzioni hanno registrato il minimo storico degli ultimi 10 anni. Amnesty International evidenzia, per il quarto anno consecutivo, un calo delle esecuzioni scese dalle 690 del 2018 a 657. Dei 20 Paesi che la mantengono, 5 sono quelli che la applicano di più: Cina, Iran, Arabia Saudita, Iraq ed Egitto. Anche il numero complessivo delle condanne a morte nel mondo – non eseguite – è sceso ad almeno 2.307 in 56 nazioni contro le 2.531 riportate in 54 paesi nel 2018.
Il Paese con il più alto numero di esecuzioni (184) è l’Arabia Saudita, in rialzo, erano 149 nel 2018. Ancora critica anche la situazione in Iraq che raddoppia le esecuzioni, da 52 ad almeno 100. L’Iran (251 esecuzioni, 253 nel 2018) è secondo solo alla Cina, dove il numero esatto di persone messe a morte resta segreto di Stato. Amnesty stima siano un migliaio. In Egitto 32 esecuzioni. Altri Paesi con numeri alti (Iran, Corea del Nord e Vietnam) hanno continuato a nascondere il ricorso limitando l’accesso alle informazioni. Per l’undicesimo anno consecutivo, gli Stati Uniti sono l’unico Paese non abolizionista nelle Americhe. Ma diminuiscono le esecuzioni (da 25 a 22) come le condanne (da 45 a 35). Tra i dati positivi per la prima volta dal 2011 c’è stato un calo dei Paesi con la pena di morte nell’area dell’Asia e Pacifico, con esecuzioni in 7 nazioni. Giappone e Singapore hanno drasticamente ridotto il numero di persone messe a morte, rispettivamente da 15 a 3 e da 13 a 4. E per la prima volta dal 2010, zero esecuzioni in Afghanistan. Lo stesso a Taiwan e Thailandia. Kazakistan, Russia, Tagikistan, Malesia e Gambia hanno continuato a rispettare le moratorie. Molti Paesi hanno compiuto progressi positivi nel mettere fine alla pena di morte. Tra questi, la Guinea Equatoriale che ad aprile ha annunciato che il governo introdurrà una normativa atta ad abolirla.
Sviluppi positivi sono stati registrati anche nella Repubblica Centrafricana, in Kenya, Gambia e Zimbabwe, mentre le Barbados hanno eliminato la pena di morte prevista dalla Costituzione. Negli Usa, il governatore della California ha istituito una moratoria ufficiale sulle esecuzioni nello Stato americano, che registra il maggior numero di persone nel braccio della morte, e il New Hampshire è divenuto il ventunesimo stato americano ad abolire la pena di morte per tutti i reati.