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 2020  aprile 21 Martedì calendario

I rapporti tra Cina e Francia

«Il cavallo sconfigge il dragone». In cinese si dice “Makelong”, ed è la traslitterazione di Macron. Quando, nel gennaio 2018, il presidente francese offrì in dono Vésuve de Brekka, un baio castrone della Guardia repubblicana, a Xi Jinping, presidente della Cina, lanciò allora diversi messaggi insieme: in Cina il cavallo è il simbolo dell’”andare avanti”, e donare un cavallo è segno di rispetto e di lealtà, ma nello stesso tempo quel regalo indicava una strategia esplicita.
Il Dragone, simbolo tradizionale del potere imperiale, che Macron vorrebbe sconfiggere è la nuova Cina di Xi, dalle innegabili spinte espansionistiche. Parigi fa affari con Pechino, anche molto ricchi, ma sarebbe riduttivo – o moralistico – pensare che le questioni economiche esauriscano i rapporti tra i due Paesi. Tutta la strategia geopolitica della Francia punta a costruire un’alleanza per contenere l’impero di Xi. Come per l’Unione europea, la Cina è allora, per la Francia, un “rivale sistemico” e se questa definizione compare nel nuovo documento strategico della Ue sulla politica verso Pechino, del marzo 2019, è anche grazie all’apporto francese: le assonanze tra la posizione di Bruxelles e quelle di Parigi sono troppo forti per essere casuali.
Il confronto con una Cina insieme partner e rivale è un punto centrale della politica estera francese. Il presidente ha posto il tema del confronto strategico di Pechino fin dal suo debutto al Consiglio Ue, il 23 giugno 2017: in quell’occasione sollevò il problema delle acquisizioni di imprese europee da parte dei gruppi cinesi, il cui rapporto con il Partito comunista (Pcc) è a dir poco ambiguo. La proposta di istituire uno «strumento per il controllo degli investimenti esteri in Europa» era del resto una delle sue promesse elettorali. «Sono a favore del libero commercio, ma non a favore dell’ingenuità», disse in quell’occasione Macron.
La proposta sembrò cadere nel vuoto, ma nei successivi due anni e mezzo l’idea francese si è fatta strada. Parigi ha presto convinto Berlino, già turbata dall’acquisizione della Kuka, gioiello della robotica, da parte della cinese Midea. A dicembre 2019 l’Olanda ha presentato una proposta che va nella stessa direzione e pochi giorni fa Margrethe Vestager, vicepresidente della Commissione, ha detto di essere molto favorevole a forme di controllo. Bruxelles sta quindi mettendo a punto nuove regole per contrastare le acquisizioni da parte di gruppi posseduti o sostenuti da governi di Paesi stranieri. Quelli cinesi sono i più attivi. 
La Francia è molto attenta a mantenere comunque buoni rapporti con la Cina. Quello che chiede insistentemente a Pechino è reciprocità: una richiesta forse impossibile, ma di grande impatto diplomatico. Macron lo ha ripetuto fin dalla sua prima visita in Cina, nel gennaio 2018, quando lanciò anche una inequivocabile manifestazione di assertività e leadership. «Sono venuto a dirvi che l’Europa è tornata», disse in quell’occasione.
È emblematico il fatto che il presidente francese abbia parlato, in quella circostanza, di Europa e non di Francia (come invece fece a Versailles, di fronte ai manager delle grandi imprese internazionali). Non è propaganda europeista a uso interno. Macron sa che la Francia può poco, da sola, contro le due grandi potenze, ma sa anche che ormai Parigi è la sede dell’unica vera potenza ex coloniale, e unica potenza nucleare d’Europa, l’unico Paese ad avere quindi una politica estera strutturata. La Ue, per Macron, è un moltiplicatore – non passivo, certamente – della propria azione diplomatica. Non a caso, in occasione della visita di Xi a Parigi, a marzo 2019, Macron convocò anche la cancelliera Angela Merkel e il presidente della Commissione Jean-Claude Juncker.
Interessi comuni europei su cui fare leva, del resto, non mancano. «La questione propria della zona euro è sapere come possiamo fare di quest’area una potenza economica concorrente della Cina e degli Stati Uniti», disse Macron nel discorso alla Sorbona di settembre 2017. Fu in quell’occasione, che il presidente francese sollevò un altro tema fondamentale del rapporto tra Europa e Cina (e Usa, ovviamente): il ritardo accumulato nell’intelligenza artificiale, una delle eccellenze anche francesi. Il “no” condizionato che la Francia ha opposto alla Huawei sul tema del 5D ha così la stessa valenza strategica. 
L’epidemia di coronavirus ha aperto ora l’ultimo capitolo del confronto. L’Europa si è ritrovata dipendente dalle forniture cinesi per le mascherine, per importanti macchinari medici, come i ventilatori, e per diversi materiali di base per la farmaceutica. Parigi ha subito stanziato quattro miliardi per ottenere l’indipendenza sanitaria, e ha cercato di coinvolgere l’Europa sullo stesso obiettivo.
Sarebbe però sbagliato pensare che la Francia intenda semplicemente rafforzare le mura della “fortezza europa” contro l’espansionismo della Cina di Xi, di cui la Nuova via della seta è uno strumento fondamentale. La Francia è molto impegnata nello scacchiere indopacifico, che la sua diplomazia considera come unitaria, dove, nei territoires d’outre mer, vivono 1,5 milioni di cittadini francesi.
Parigi non vuole assistere passiva al freddo scontro tra Usa e Cina. Punta, anche in questa regione, a un multilateralismo che le lasci spazio, e cerca di coinvolgere altre potenze regionali in questo progetto; l’Australia, la Malaysia, Singapore sono i Paesi a lei più vicini, ma rapporti stretti sono stati istituiti con il Vietnam – un ex protettorato – l’Indonesia e il Giappone. Macron ha dato slancio alla costituzione di un asse indopacifico e alle esercitazioni militari Equateur 2019, nell’area della Nouvelle-Calédonie hanno partecipato 12 Paesi, tra cui Australia, Usa, Indonesia, Nuova Zelanda, Regno Unito e Giappone. «Non siamo ingenui. Se vogliamo essere considerati e rispettati come partner dalla Cina dobbiamo organizzarci», ha detto Macron a Sydney, il 3 maggio 2018, in un discorso considerato come il manifesto della politica estera francese nell’area. Al di là delle cautele diplomatiche, la strategia è chiara.
Al Pacifico, la Francia associa anche l’Oceano Indiano in un unico scacchiere strategico. Anche perché nell’area insiste un potente alleato – e cliente dell’industria militare – di Parigi, l’India. Rafforzare New Delhi, avversario quasi naturale di Pechino, ha per la Francia la funzione di creare una sorta di strategia di contenimento attorno alla Cina e alla Nuova via della Seta (che, a differenza dell’antica, esclude l’India).
L’India condivide inoltre la necessità quasi geografica di contenere la Cina con la Russia. L’articolato rapporto che Macron cerca di stabilire con Mosca – guardando anche oltre la leadership di Vladimir Putin – fa parte della stessa grande strategia. Di fronte al protagonismo della Cina, che confina con la parte meno popolata e più permeabile della Russia, l’atteggiamento di Mosca non può essere di compiacenza. «Non credo che la sua strategia sia di essere il vassallo della Cina», ha detto Macron di Putin, che immagina di poter riavvicinare all’orbita europea come mostra la riammissione di Mosca nel Consiglio d’Europa sotto la presidenza francese. Con l’obiettivo di isolare ancor più la Cina.