Corriere della Sera, 21 aprile 2020
I bambini non sono poi così contagiosi
La sera di giovedì 12 marzo Emmanuel Macron ha annunciato la misura decisiva, quella che faceva entrare la Francia nell’era della quarantena: scuole chiuse, perché «i bambini sono quelli che propagano più rapidamente il coronavirus», disse Macron. La chiusura delle scuole è stato il primo provvedimento del confinement, e dalle scuole adesso si riparte per cominciare ad allentare il blocco. Dall’11 maggio, gradualmente, a seconda delle regioni e delle classi, i bambini torneranno a scuola.
1 Come mai le prime a riaprire in Francia sono proprio le scuole, che un mese e mezzo fa erano considerate il principale veicolo del contagio?
Il governo francese considera che bisogna imparare a convivere con il virus. Inoltre, non tutti gli allievi hanno a casa computer, connessione veloce e una famiglia in grado di aiutarli negli studi, e Macron non vuole «approfondire le diseguaglianze scolastiche che già esistono», ha detto in seguito. Ma da marzo a oggi è cambiata anche la visione scientifica: non è più così certo che i bambini siano molto contagiosi. Anzi, uno studio sull’Alta Savoia, il primo focolaio del Covid-19 in Francia, indicherebbe il contrario.
2 Che cosa è successo in Alta Savoia?
Il primo caso di coronavirus in Francia si è verificato a fine gennaio nel comune di Contamines-Montjoie, un paese di un migliaio di abitanti a ridosso del Monte Bianco. Un cittadino britannico, appena tornato da Singapore dove aveva contratto il virus, ha raggiunto gli amici in montagna e ha contaminato 12 persone, tra le quali un bambino di nove anni che va a scuola a Contamines e frequenta corsi anche in altri istituti delle vicine Saint-Gervais e Thonon-Les-Bains. Le autorità sono risalite ai contatti del bambino nei giorni precedenti l’individuazione dell’infezione e hanno individuato 172 persone – tra compagni e insegnanti – a rischio di essere state contaminate. Quel gruppo di persone è stato studiato dall’epidemiologo francese Danis Kostas assieme ad altri colleghi, tra i quali l’infettivologa Florence Ader, che domenica affiancava il premier Edouard Philippe nella lunga conferenza stampa trasmessa in diretta tv.
3 Qual è il risultato dello studio?
Quel bambino – positivo al Covid-19 e con lievi sintomi – non ha contaminato nessuno, neanche i due fratelli, anche se per giorni è andato a scuola non sapendo di essere infetto. Ha trasmesso l’influenza e la rinofaringite, ma non il Covid-19. «Questo lascia pensare che i bambini potrebbero non essere una fonte significativa della trasmissione del Covid-19», si legge nelle conclusioni dello studio, pubblicato da Oxford University Press per «The Infectious Diseases Society of America». «I bambini sono di solito poco sintomatici e presentano una carica virale piuttosto debole. È possibile che per questo trasmettano poco il coronavirus», dice il professor Danis Kostas.
4 Che cosa pensano gli altri medici francesi?
Molti temono che la riapertura delle scuole faccia andare fuori controllo un’epidemia che finora – grazie alla quarantena – non ha travolto gli ospedali ma ha fatto comunque oltre ventimila morti. Il presidente dell’Ordine dei medici, il dottor Patrick Bouet, teme che il Covid-19 «tornerà in famiglie tenute al riparo da due mesi». Altri invece vanno nella direzione di Kostas, come fa l’infettivologo Robert Cohen, che sta guidando un nuovo studio su bambini e Covid-19: «Si pensava che i bambini fossero dei depositi virali di Covid-19, ma in realtà non hanno quel ruolo decisivo sull’epidemia che si è voluto attribuire loro. A preoccuparmi sono piuttosto i genitori che tornano a incontrarsi all’uscita di scuola: il contagio tra adulti, più che da bambino ad adulto».
5 E in Italia?
Gianvincenzo Zuccotti, direttore del Dipartimento di Pediatria all’ospedale dei bambini Buzzi di Milano, non è affatto convinto della nuova tendenza francese. «Non è condivisibile dire che i bambini sono poco colpiti e poco contagiosi. Io penso che siano stati i bambini i primi ad ammalarsi e a contagiare i nonni con cui trascorrono molto tempo: la prima ondata ha coinvolto gli anziani. Poi, dopo la chiusura delle scuole, l’età dei contagiati si è abbassata e sono stati i genitori che continuavano ad andare al lavoro a contagiare i bambini rimasti a casa perché le scuole erano chiuse (dal 24 febbraio). Non possiamo dire che questa malattia non riguardi i bambini e che trasmettano poco il virus perché sono proprio loro a favorire la circolazione delle malattie virali in famiglia».