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 2020  aprile 20 Lunedì calendario

Un Super Btp per l’Italia

Quello che sta accadendo all’economia italiana, e non solo, traccia uno scenario assolutamente imprevedibile fino a poche settimane fa. A causa del coronavirus sono stati chiusi interi settori e ciò, oltre alla perdita di produzione, comporta la necessità per lo Stato di provvedere a un sussidio finanziario a tutti i soggetti più deboli: cassa integrazione per milioni di lavoratori che altrimenti rischierebbero il licenziamento e prestiti per decine di migliaia di aziende che altrimenti rischierebbero di fallire. Gli strumenti messi in campo dall’Unione europea, con tutti i nodi ancora aperti, sono rilevanti, tuttavia potrebbero non bastare.

Una tentazione ricorrente per far fronte alle esigenze di finanza pubblica è quella di rispondere con una formula tanto evocativa quanto poco efficace e dannosa: l’ipotesi di una patrimoniale. Poco efficace perché raggiungere le effettive ricchezze è più complicato di quanto si lasci intendere e dannosa perché in una fase come questa di tutto c’è bisogno fuorché di creare un clima di timore per i risparmiatori. La manovra a cui fa riferimento il Pd per i redditi sopra gli 80 mila euro consentirebbe di raccogliere poco creando un clima non favorevole per i titoli di Stato. Andrebbe a colpire chi già paga regolarmente le tasse e quel ceto medio che resta ancora, soprattutto in tempi di crisi, l’asse portante per le casse pubbliche.

L’ipotesi
Dal 18 maggio scatterà il collocamento del nuovo Btp italia che servirà a raccogliere risorse perla crisi Covid 19. Ma si potrebbe sfruttare questo momento di preoccupazione e insicurezza per rispolverare uno degli strumenti tipici utilizzati nei periodi di guerra: l’emissione di titoli perpetui, magari in una versione leggermente modificata. Approfittando della finestra dei tassi eccezionalmente bassi nonostante il debito così elevato (grazie agli acquisti infiniti della Bce), si potrebbe pensare ad un’emissione monstre a lungo o lunghissimo periodo la cui sottoscrizione sia fortemente incentivata in termini fiscali e di condizioni normative. Tale operazione avrebbe l’effetto di non essere vista come un’operazione di esproprio della ricchezza privata, ma solo come un aiuto solidale in un momento di particolare difficoltà. Un segnale anche per i nostri partner europei: un modo per dire che siamo i primi a credere nella ripartenza dell’Italia. Le caratteristiche dell’emissione potrebbero essere le seguenti.

1) Scadenza 20-30 o al limite 50 anni (oppure due o tre tranche che si differenziano per la lunghezza e per il diverso rendimento offerto).

2) Cedole a tasso fisso: si può ipotizzare un 2% per i primi dieci anni che poi magari sale al 3% per i secondi dieci per poi aumentare ancora al 4% dopo i primi 20 anni.

3) Vantaggi fiscali con clausole che devono impegnare i futuri governi a mantenere immodificabili tali vantaggi.

La tassazione su questi prodotti non potrà mai essere superiore ai livelli attuali (12,5%) se non renderli addirittura esentasse (in questo caso potrebbe scattare però la concorrenza con le emissioni ordinarie, dai Bot ai Btp). Sarebbe opportuno prevedere, come per i normali titoli di Stato, l’esenzione dalla tassa di successione (magari si potrebbe mettere un limite massimo tipo tre-cinque milioni), così come si potrebbe ripristinare l’utilizzo di questi titoli per donazioni.

4) Vantaggi in termini di anticipabilità da parte del sistema bancario: si potrebbe pensare a una garanzia simile a quella chiesta attualmente alla Sace per i prestiti alle aziende. Si potrebbe così permettere l’anticipabilità dello strumento pari al 70-80%% del valore di mercato (ovviamente questi titoli dovranno poter essere negoziabili). Esempio: ho dovuto comprare 100 mila euro di titoli; tra qualche anno ho bisogno di liquidità e senza venderli vado dalla mia banca per scontarne 80 mila. Se il titolo quoterà ad esempio 80, la banca potrà prestarmi fino a 64 mila euro. La banca, oltreché dal titolo potrebbe essere garantita per un ulteriore 10-20% dalla Sace. Il tasso di finanziamento, anche per evitare pressioni da parte del sistema bancario, dovrà essere pari al tasso del momento dei titoli a dieci anni aumentato fino ad un massimo del 2-3% in base alla solvibilità del richiedente.

I sottoscrittori
Verso chi orientare questa emissione? Nei conti correnti in prospettiva ci saranno 1.400 miliardi, un terzo della ricchezza delle famiglie. Una cifra che in questi giorni sospesi sta funzionando da cuscinetto psicologico oltre che pratico. Si potrebbe pensare all’impiego in questo strumento perpetuo del 10% di questo ammontare per le persone fisiche e fino al 3-5% per le aziende. La base di calcolo deve tenere conto di tutte le disponibilità liquide e/o investite in ogni tipo di strumento finanziario (quindi cash, azioni, obbligazioni, fondi di investimento di ogni genere, ecc). Esempio: una persona ha investito in azioni 50 mila euro, in fondi per 150 mila, ha sul conto corrente 30 mila euro, un mutuo ventennale per 200 mila e un leasing sul’auto per 30 mila a cinque anni. Somma di tutti gli averi: 230 mila euro, cui sottraggo i 30 mila euro di leasing nonché (nel caso del limite di dieci anni) le quote di mutuo da pagare nel prossimo decennio, ad esempio 90 mila euro. Il netto su cui calcolare l’importo dei titoli potenzialmente acquistabili sarebbe dunque di 110 mila euro. Con la percentuale del 10% il contribuente potrebbe acquistare 11 mila euro di titoli. Discorso analogo per le aziende, ma dovrebbe applicarsi una percentuale inferiore per evitare problemi di liquidità, magari andando a considerare i valori di bilancio del 2019.Si tratta di ipotesi, naturalmente: ma in caso di favorevole accoglimento, si potrebbero superare i 200 miliardi di raccolta. Quest’operazione, con gli acquisti della Bce, servirebbe a togliere dal mercato gran parte dei futuri rinnovi e potrebbe anche ridurre ulteriormente il costo del futuro debito pubblico. L’operazione non sarebbe possibile né in Spagna né in Francia vista la minore ricchezza delle famiglie e il loro maggiore indebitamento. In questo modo la durata media del debito pubblico, ora di circa sei-sette anni, potrebbe essere notevolmente allungata. Se l’alternativa fosse la patrimoniale o una maxi-emissione forzosa, meglio la seconda, dal momento che in questo caso lo Stato prenderebbe a prestito i soldi dai risparmiatori per poi restituirli, con gli interessi. È chiaro che operazioni di questo genere dovrebbero essere accompagnate da una forte spinta sul piano europeo per impedire ai Paesi di fare dumping fiscale, o sarebbe poco utile. È impensabile che Stati come Olanda, Lussemburgo, Irlanda, cui ora si sono aggiunti Slovenia e Ungheria, attirino le holding delle principali aziende eludendo le tasse nei Paesi in cui si vendono i beni e i servizi. Una concorrenza fiscale che rende difficilmente accettabili lezioni di rigore sia sul lato del debito sia su quello delle spese per superare, insieme, questa crisi.