L’Economia, 20 aprile 2020
Semplificare ci salverà solo se saremo onesti
Semplificare per sopravvivere. Non per vivere meglio, come speravamo prima. Ma senza dimenticarci che siamo un Paese a bassa legalità. Rispondiamo con grande senso civico alla minaccia della pandemia ma non possiamo illuderci che la quarantena abbia trasformato in radice il nostro carattere nazionale ed eliminato furbizie, sotterfugi e, nei casi peggiori, reati. Quello che è accaduto con le mascherine, introvabili per i cittadini e oggetto del desiderio per speculatori senza scrupoli, è significativo. Non schiude certo orizzonti tranquilli sull’uso delle tante e necessarie risorse pubbliche. Risorse che sono sempre debito anche se fossero condivise con l’Unione europea. Gli sprechi e le cattive gestioni erano intollerabili prima. Equivalgono a sciacallaggio oggi.
Nei giorni scorsi, in una comunicazione dell’Uif, l’Unità di informazione finanziaria della Banca d’Italia, è stato scritto che «l’emergenza sanitaria espone il sistema economico-finanziario a rilevanti rischi di comportamenti illeciti, truffe, fenomeni corruttivi, manovre speculative anche a carattere internazionale». Qualcuno dice: la priorità oggi è la sopravvivenza. D’accordo. Ma se non ne parliamo adesso, non riusciremo a difendere lo stato di diritto dopo, né a tutelare i più deboli, né a investire al meglio nella ripresa e nel riscatto del Paese. Gli interventi legislativi e normativi, ai differenti livelli di governo, hanno creato in poche settimane una mole incredibile di norme. Spesso sovrapposte, contraddittorie, oscure se non inutili.
La liquidità
Ne hanno parlato sul Corriere Sabino Cassese, Daniele Manca e Gian Antonio Stella. La liquidità è indispensabile e deve essere erogata senza indugi, chiudendo anche qualche occhio su inevitabili sfrisi e comportamenti laschi. È come l’ossigeno per i malati. Se non arriva soffocano. Le eccezioni e le deroghe — come quelle previste per esempio per i commissari ad acta per le grandi opere — sono inevitabili. Anche se producono, come ha scritto Carlo Stagnaro su Il Foglio, una «lacerazione del diritto». L’economista liberale si chiede se non debba comunque esistere una via di mezzo tra il «burocrate di stampo sovietico e il despota orientale». Ovvero quella normalità che è tipica di uno stato di diritto occidentale una volta finita l’emergenza. E il punto è esattamente questo.
Nel caso del Ponte Morandi senza i poteri pressoché assoluti del sindaco di Genova, Marco Bucci, non sarebbero mai stati rispettati i tempi di costruzione. E ne sarebbe derivato non solo un’ulteriore e insopportabile dilatazione dei disagi di una città, ma anche un vulnus negativo per il morale di un’intera nazione. Oggi il viadotto sul Polcevera, progettato da Renzo Piano, è quasi pronto. La sua inaugurazione sarà una iniezione di fiducia collettiva nelle capacità di un Paese di riprendersi dalla ben più «lacerante» tragedia del coronavirus. Ma se l’eccezione diventa una consuetudine anche per opere più piccole, certo significative, indispensabili ma lontane dai riflettori della cronaca, il rischio è che si aprano vaste praterie per la coltivazione di interessi obliqui se non criminali.
Edilizia e bilanci
Si discute sull’opportunità di sospendere, almeno nella fase due di ritorno alla normalità (o quasi), il codice degli appalti del 2016 che prevedeva 62 provvedimenti attuativi, tra decreti e linee guida dell’Anac, l’Autorità anticorruzione, non del tutto completati. Una moratoria chiesta a gran voce da Matteo Salvini, dal governatore ligure Giovanni Toti e da quella umbra Donatella Tesei.
Di «deroghe mirate» ha parlato il neopresidente di Confindustria, Carlo Bonomi. Cgil e Cisl sono contrarie. Il presidente del Consiglio di Stato, Filippo Patroni Griffi, sul Corriere del 15 aprile si è espresso a favore di «procedure più agili sotto una certa soglia di valore», con affidamenti diretti, facendo però attenzione al rischio del frazionamento degli appalti.
Giacinto della Cananea, Marco Dugato, Aristide Police e Mauro Renna, sul Foglio del 4 aprile, hanno proposto una valutazione preventiva della stessa Corte dei Conti o dell’Anac che escluderebbe il ricorso alla magistratura amministrativa e dunque il pericolo di ritardi dovute alle sospensive. Si è parlato di allentare anche le interdittive antimafia ma il tema è stato subito accantonato. I pericoli di infiltrazioni della malavita organizzata, nell’incertezza decisionale, sono stati denunciati sul Corriere del 12 aprile, da Nicola Gratteri e Antonio Nicaso.
L’altro grande capitolo delle semplificazioni riguarda il decreto Liquidità (23/2020) che dovrebbe garantire l’immediato sostegno finanziario delle imprese. Anche questo è ossigeno di cui alcuni settori, letteralmente in ginocchio, hanno grande urgenza. Bisogna fare presto. I procuratori della Repubblica di Milano e Napoli, Francesco Greco e Giovanni Melillo, hanno lanciato su Repubblica del 10 aprile un severo allarme sul rischio di un «imponente» trasferimento di soldi pubblici a favore di criminali ed evasori. Si sottolineava, per esempio, come grave la rinuncia alla tracciabilità sull’uso dei finanziamenti garantiti dallo Stato (cioè da tutti noi).
Nella già citata raccomandazione dell’Uif si legge anche del pericolo di «sviamento e appropriazione anche mediante condotte collusive», in particolare nelle procedure concorsuali. Le istanze di fallimento sono state sospese anche in altri Paesi, come Spagna e Austria. Fabio Di Vizio, sostituto procuratore a Firenze e giudice presso la commissione tributaria regionale della Toscana, sottolinea l’importanza di tre punti cruciali.
Un’impresa sottocapitalizzata e in perdita non ha più l’obbligo (articolo 2446 codice civile) di ricostituire il capitale. I bilanci si presumono in continuità, ma non raramente è una falsa continuità. È sospesa la norma secondo la quale i soci di società di capitali, in caso di crisi, sono rimborsati per ultimi dopo gli altri creditori. Si profila una sorta di amnistia occulta degli errori di gestione. A carico dello Stato che garantisce i finanziamenti o della stessa Sace, che poi fa capo alla Cassa depositi e prestiti, la quale sta in piedi con il risparmio postale degli italiani.
«Nell’emergenza — spiega Di Vizio — è venuta meno una visione di sistema, i normali parametri di prudenza nella gestione delle imprese assumono un ruolo secondario. Si apre lo spazio a smobilizzi di capitali, ottenuti con garanzia pubblica verso altre attività o addirittura all’estero». Nell’incertezza legislativa, che avrà bisogno di progressive messe a punto senza causare ulteriori ritardi nell’aiutare le imprese a resistere e ripartire, ci si affida alla diligenza, all’onestà personale, al senso civico di tutti i percettori. Che Dio ce la mandi buona, detto laicamente.