La Stampa, 20 aprile 2020
La quarantena di Piero Pelù
Ogni quarantena si porta dietro la propria scoperta. Piero Pelù, il finto-cattivo-cuore-d’oro del rock italiano, è categorico: «Ho capito l’importanza della campagna e della terra». Reduce con onore da Sanremo, mentre era alle prese con l’uscita dell’album Pugili Fragili e la preparazione del tour per i 40 anni di carriera, pure Piero si è ritrovato quarantenato, e ha trovato riparo nelle campagne di Foggia, a casa della sua fresca sposa, la direttrice d’orchestra Gianna Fratta, simpatica e molto rock nello spirito, anche se il suo mondo è lirico-sinfonico.
Una quarantena di due freschi sposi è tutt’altro che disperante.
«Sono sposato e contento. Abbiamo molta fortuna ad esser vicini in questo periodo. Soffro per chi si trova da solo».
Ma come mai a Foggia, voi che abitate a Firenze?
«Ci tengo a dire che dal 15 dicembre aspettavo qualche legnata. Seguivo le mosse dei cinesi che negavano l’epidemia ma si sono preoccupati di costruire il più grosso ospedale di terapia intensiva. Stavo sul chivalà. A fine febbraio ho fatto il firmacopie con la coda fino in piazza Duomo a Milano, pretendendo la distanza e tutti mi dicevano: sei un pazzo. Il 7 marzo ero a Napoli per l’ultima puntata di Una canzone per te. Tutti avevano mascherine e gel, giorni dopo ho saputo che l’orchestra era incoronata. Gianna era con me, sarebbe dovuta tornare al Maggio per un Elisir d’amore e invece siamo venuti in campagna».
Che vita fate?
«Gianna è molto più regolare di me, io sono il solito nottambulo, mi addormento fra le 3 e le 5 del mattino. Guardiamo serie e approfondimenti, Gianna crolla davanti alla tv. Ma son sempre stato così, dovevo essere sedato da piccolo con la belladonna: durante l’Inquisizione se ne dava l’infuso alle donne accusate di stregoneria, era una specie di allucinogeno, ma se esageri ti può anche uccidere. Rimango un insonne allucinato».
E così si alza tardi...
«No perché di mattina faccio giardinaggio. Ho piantato salvia, rosmarino, potato l’ulivo, raccolto centinaia di mozziconi di sigarette di una vicina, più di mezzo kg di fitri. Li ho messi in un cesto, ho scritto: "facciamo un grosso centro?". Ha smesso».
Aveva appena pulito la spiaggia a Sanremo con il «clean beach tour».
«Con la musica azzerata, ho inventato 3 cose: uno, "Casa dolce casa" su Instagram, Facebook, e sul mio canale You Tube; ho avuto ospiti la De Sio, Elio e Neri Marcoré: una motivazione quotidiana in più a non chiuderti in te stesso. Lei pensi: sono due anni che prepari un disco, è il tuo primo Sanremo, le cose vanno bene e arriva la legnata. Due, "Ozone online Contest": Ozone è il mio studio a Firenze, ci arrivano contributi per impressionarci con poesia, musica, art and roll, videoarte, tanta roba elettronica molto interessante. Tre, faccio le prove online con i Bandidos dalle loro città, arrangiamo i pezzi per il tour, e il migliore lo pubblico su YouTube e Facebook».
Dunque lavora più di prima.
«Non vedo l’ora di cantare dal vivo, ma mi accontenterei di un "Clean River Tour": stando tutti lontani e con i guanti, con gente che ha a cuore le sorti del pianeta; le persone sensibili, attente sono tante, quando ci si incontra come a Sanremo il 5 febbraio si scambiano esperienze e dettagli. I ragazzi di Lega Ambiente ci aiutano con i permessi. Mi auguro non ci siano restrizioni su una cosa tipo un "Clean Tour"».
Ha qualche fiducia di farcela?
«Il punto cruciale è liberarsi dal virus. Il teatro sarebbe l’unico praticabile, un posto sì e uno no: ma chi è quel promoter che mette 500 persone in un teatro da mille? Riduciamo budget e cachet: guadagneremo di meno ma soprattutto porteremo un po’ di gioia alla gente. E’ una rivoluzione non voluta che però ci deve vedere protagonisti, non spettatori né vittime».
Chi cucina lì in Puglia? Lei o la Gianna?
«Bisogna dar spazio alle signore, Gianna per fortuna cucina bene, e cucino pure io. Ma al mixer ci deve stare una persona e non due, dopo la preparazione uno molla e l’altro va avanti. Abbiamo la fortuna dell’orto del babbo di Gianna, ci porta asparagi cipolle pomodori strepitosi. E c’è il vino tipico di questa zona, il "Nero di Troia" un cabernet fatto bene, usato per tagliare i rossi».
Litigate?
«Certo! Normale, chi è abituato a vivere un periodo così lungo in casa?».