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 2020  aprile 20 Lunedì calendario

Intervista al veterano dei broker Tuchman

Peter Michael Tuchman è un veterano del Floor del New York Stock Exchange, il trader più fotografato di Wall Street. Le sue espressioni caricaturali sono diventate icone di alti e bassi di Borsa. Vuoi sapere come hanno chiuso gli indici? Guarda la faccia di Mr. Tuchman. E a osservare il suo volto sgomento, con la bocca aperta e gli occhi iniettati di incredulità di quel giorno di fine febbraio si coglie in pieno l’essenza della tempesta perfetta che il Coronavirus e il crollo del prezzo del petrolio stavano scatenando sulle economie del Pianeta. A marzo Mr. Tuchman è risultato positivo al Covid-19, uno dei primi a Wall Street, qualche giorno dopo il Floor è stato chiuso, ben inteso le contrattazioni sono proseguite per via telematica ma nessun operatore ha fisicamente più avuto accesso alla "piazza delle grida".
Innanzi tutto, come sta?
«Sono ancora positivo, ma sto migliorando giorno dopo giorno»
E i mercati come stanno?
«La magnitudo di questa crisi è superiore a quella di ogni altra. Ci sono tre componenti che la rendono letale: la paura, i timori per la salute e le ricadute economiche. La loro combinazione rende questa crisi senza precedenti. Pertanto le soluzioni sono ancora più difficili da ricercare».
Intende dire che si sta facendo troppo poco?
«Al di là delle previsioni più o meno ottimistiche non abbiamo idea di quale sarà la situazione da qui a un anno, la Federal Reserve sta facendo tutto quello che può ma non so gli interventi siano parte di una strategia ordinata o tentativi per evitare una recessione completa o una depressione. Abbiamo il programma di sostegno del credito alle piccole e medie imprese, interessi azzerati, 2 mila miliardi di dollari del pacchetto di stimolo. Funzioneranno? Quanto efficace sarà la ripartizione di queste risorse? Il processo è chiaro?».
Le è mai capitato di vedere il Floor vuoto?
«Il Floor ha aperto nel 1903, durante la Prima guerra mondiale ha chiuso per una settimana, abbiamo chiuso per una settimana dopo gli attentati dell’11 settembre 2001, e abbiamo chiuso per due giorni durante l’uragano Sandy. Ma ora è diverso, la Borsa è aperta, le contrattazioni sul listino del Nyse proseguono, è il Floor ad essere chiuso. Da una parte è meglio, perché chi è esposto sul mercato, e sono tanti, pensiamo ai fondi pensione e ai risparmi gestiti, sa che può riprendersi i soldi e questo attenua la paura. Dall’altra però vedere il Floor chiuso è frustrante, ben inteso, la decisone è stata giusta, siamo 500 persone che lavorano a stretto contatto e non avevamo altra scelta».
È frustrante ma anche pericoloso?
«Il fattore umano è un elemento di garanzia, di fiducia anche in un tempo come il nostro dove tutto è governato da algoritmi e automazione. Siamo l’ultimo baluardo di un sistema che prima era governato dalle grida e che oggi vede in noi una sicurezza. Se il fattore umano viene meno non fa bene agli investitori e ai risparmiatori».
Quindi lei non è d’accordo sulla tesi della nuova normalità?
«Attenzione. Nella vita di tutti giorni temo che ci vorrà molto tempo prima che di tornare a stringerci le mani, abbracciarci e baciarci con la spontaneità di prima. Da broker credo sia necessario tornare sul Floor, tra un mese, con tutte le tutele per la salute. Ricevo tante e-mail da investitori privati, fondi speculativi e risparmiatori, mi dicono "quando tornate?", "vi vogliamo vedere lì". L’assenza prolungata può diventare un segnale preoccupante, le ricadute sarebbero pericolose, il mercato è volatile e i rischi elevatissimi».
È vero che lei non ha risparmi in azioni?
«Esatto. Temo che mi distraggano e non sia concentrato a dovere sui portafogli dei miei clienti. E poi, a dirla tutta, ho due figli ventenni e ho speso quasi tutto per il college».