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 2020  aprile 19 Domenica calendario

Intervista a Fabio Fognini

Un anno fa, Fabio Fognini era l’uomo più felice della terra (battuta). Arrivato in riviera carico di dubbi, alla fine di una rincorsa pazzesca – nell’ordine Rublev, Simon, Zverev, Coric, Nadal, Lajovic —, primo italiano re di un Master 1000 a 51 stagioni di distanza da Nicola Pietrangeli, alzava la coppa di Montecarlo. Oggi che il tennis ha chiuso per coronavirus (fino al 13 luglio, poi chissà), da uomo di mare Fognini ha scelto la sua Arma di Taggia per attraversare la tempesta: «Dopo la Davis ero rientrato a Barcellona – racconta —, leggevo le notizie sull’Italia, in Spagna la situazione era ancora abbastanza tranquilla. Una notte ho avuto un’intuizione. Ho svegliato Flavia e le ho detto: basta, da domani Federico non lo mandiamo più a scuola. Non sono partito per Indian Wells, che poi è stato cancellato. Con un volo privato, per prudenza, siamo venuti in Liguria, ad Arma, dove abbiamo una casa con giardino». In giardino, con lo stendino dei panni come rete, Fabio sfida la moglie Flavia Pennetta (video cult sui social), culla la piccola Farah, fa correre Federico e riflette, sul presente e sul futuro. 
Ha capito quando si potrà riprendere a giocare? 
«Mah, in questo momento faccio fatica a immaginare la ripresa. Sono sincero: mi dispiace perché sono tornei grandi e danno tanti punti, ma non so se in Asia tornerò più. Già all’Olimpiade di Tokyo quest’anno non sarei andato. La mia paura più grande non è prendere il virus, ma trasmetterlo. Non sono più solo. Sono papà e marito». 
Aveva mai trascorso tanto tempo a casa? 
«Così, in famiglia, mai. I primi giorni sono stati duri: io e Flavia eravamo tesi, preoccupati. Poi sono entrato nel meccanismo: lei allatta la bimba, io gioco con Federico, ogni tanto passo l’aspirapolvere. E ci siamo sciolti». 
Flavia scherza: dice che dalla pandemia uscirete divorziati o con il terzo figlio. 
«Nooooo, è troppo presto! Io un altro figlio, confesso, lo vorrei. Ma sto cercando di convincere Flavia a tornare nel 2021, come Kim Clijsters. Ho parlato con la Schiavone e Barazzutti, loro la allenano e io le faccio da manager: ho già pronto il programma dei tornei». 
Non ci crediamo nemmeno se la vediamo, Fabio. Piuttosto questo stop forzato, a quasi 33 anni, le ispira qualche pensiero di ritiro? 
«No. Vorrei smettere quando sono ancora competitivo, alle mie condizioni. Non mi vedo da numero 80-90 del mondo a remare nei challenger per risalire la classifica. Sono n.11 del ranking, è vero che ho qualche acciacco però vorrei ancora togliermi qualche sfizio: un altro Master 1000, magari Roma, se poi è uno Slam meglio». 
A proposito di Roma: come vede gli Internazionali indoor a Milano o Torino, oppure sulla terra a Cagliari come ipotizza, nell’emergenza, il presidente della Fit Binaghi? 
«Capisco il presidente e le priorità della federazione, ma da tennista italiano per me gli Internazionali sono solo al Foro Italico. Poi, pur di farli, va bene tutto: Milano, Torino, Cagliari, Timbuctù. Ma gli devi cambiare nome». 
Ha parlato con i colleghi? Che idea vi siete fatti sul futuro del tennis? 
«Ho sentito Djokovic, Dimitrov, Lopez e Federer, che è in Svizzera bello tranquillo. Io ho una mia idea: nel 2020 non si gioca più. Come fa un direttore di torneo a prendersi la responsabilità della salute di giocatori, staff, media, spettatori? Ne parlavo ieri in chat con Perin, Criscito e Viviano, i miei amici calciatori. Va bene il discorso economico, ma io finché non sono sicuro al 110% non mi muovo. Perderò punti e soldi? Pazienza». 
Il calcio però vuole ricominciare a tutti i costi. 
«Per me sono matti. Sono morte migliaia di persone e pensano al pallone... Scherzano con la salute delle persone, inseguono solo il business. Che senso ha riaprire senza spettatori? Che senso ha San Siro vuoto? Non esiste, dai». 
Dopo la pandemia, dopo il ritiro, ha pensato a cosa le piacerebbe fare da grande? 
«Se ne discuteva in questi giorni con Flavia: questo periodo ti costringe a riflettere. Ad allenare non ci penso proprio. Una scuola non mi interessa. Mi vedo più titolare di una società di scouting, come Francesco Totti nel calcio. L’occhio per il talento tennistico ce l’ho. È un’idea che mi intriga». 
Perché appena può tira una frecciatina a Jannik Sinner? 
«Non sono frecciatine, dico quello che penso: se ne parla tanto, ma ha vinto tre partite in croce. Tipico dell’Italia. Sarà top-10 ma lasciatelo giocare. Poi ne parlerete». 
Dov’è la coppa di Montecarlo? 
«A casa di mio padre. Ha tutto lui. Quando con Flavia avremo la casa definitiva, e stiamo pensando a Milano, ci faremo una grande stanza con tutti i trofei, miei e suoi». 
Intanto resta campione in carica fino al 2021. 
«Imbattuto a Montecarlo per due anni! Potevo riuscirci solo io».