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 2020  aprile 19 Domenica calendario

Silenzio e stanze chiuse a Villa Serbelloni

«Nella sua vita ultracentenaria, l’albergo ha attraversato altre stagioni critiche, ma questo periodo di emergenza è particolare. Paradossalmente, ciò che ora sto apprezzando è il sintomo della paralisi: il silenzio, le camminate nel grande giardino primaverile, il lago immobile senza barche. Suggestioni magnifiche se non fossero i segnali del profondo malessere». Gianfranco Bucher ci parla dalla sua casa di Bellagio, che fa parte del complesso in cui si trova il Grand Hotel Villa Serbelloni. Lo storico edificio si erge sulla punta della penisola che divide i due rami del Lario. È il «Como Lake» dei turisti stranieri. Del resto, americani e inglesi sono il 95 per cento della clientela internazionale che frequenta il «5 stelle lusso». «Ricevo dagli ospiti numerose telefonate ed email di solidarietà, di incoraggiamento. Mi assicurano che ritorneranno, non appena l’hotel si rimetterà in moto», osserva il proprietario del «Villa Serbelloni», una delle poche strutture alberghiere in Italia che non sono state cedute a gruppi internazionali. Riuscirà a salvare la stagione? «La vedo complicata, anche per le direttive vaghe e a volte contraddittorie che ci propinano giorno dopo giorno». La riapertura del Grand Hotel (95 camere, 22 suite, centro benessere e due ristoranti, il Mistral, stellato, e La Goletta) era prevista per l’inizio di aprile. Il coronavirus ha mandato tutto all’aria. «Quando riapriremo? A giugno? Forse. Con i nostri spazi all’aperto l’arrivo dell’estate dovrebbe favorirci. Ma è difficile essere ottimisti», dice Bucher, 64 anni, terza generazione della famiglia svizzera che nel 1918 acquistò la grande villa ottocentesca, fronte lago. La quarta è già in pista, con i figli Jan e Paolo. Nell’albo d’oro dell’hotel spiccano i più bei nomi del jet set mondiale: Mary Pickford e Douglas Fairbanks, coppia mitica ai tempi del cinema muto, Al Pacino, George Lukas, Isabelle Huppert, lo scrittore John le Carré, per citarne alcuni. E mettiamoci anche Adriano Celentano e Claudia Mori che hanno festeggiato al «Serbelloni» le nozze d’oro. 
Negli ultimi vent’anni, Gianfranco Bucher ha realizzato una efficace modernizzazione del complesso alberghiero, rendendolo al passo con i tempi, senza stravolgere lo stile e l’atmosfera di elegante e lussuosa dimora. A pieno regime i dipendenti dell’albergo sono 160 (20 in forza tutto l’anno), il fatturato medio è di 12 milioni di euro. «La cassa integrazione è di là da venire, fino ad ora ho continuato a pagare gli stipendi. La nostra è una proprietà familiare – nota Bucher – Dunque, c’è il vantaggio della flessibilità. E non devi rendere conto agli azionisti». «Se la situazione rimane così incerta, considerando che l’hotel funziona da aprile a ottobre, la primavera ormai è persa – continua —. Più avanti potrebbe andare meglio. Ma gli stranieri non arriveranno. Certo, se ci fossero alcune prenotazioni, potremmo ridurre il numero delle camere fruibili. Ma non è semplice. Un 5 stelle lusso deve garantire i servizi al meglio». Potreste recuperare con i ristoranti, frequentati soprattutto da italiani? «Il Mistral e La Goletta fanno parte del complesso dell’hotel. A meno di aprire per piccoli eventi privati, sarà impossibile gestire il primo, con tutto ciò che comporta un locale al top. Per La Goletta, nel rispetto delle limitazioni, è fattibile dimezzando il numero dei tavoli». 
Altri momenti difficili nella lunga storia del Grand Hotel Villa Serbelloni? «Durante la Seconda guerra mondiale quando al timone c’era mio nonno Arturo. Reagì trasformando l’albergo in residenza per grandi famiglie di sfollati milanesi. Altro periodo nero fu quello degli anni Settanta. L’epoca di mio padre Rudy che anche io ricordo. Il terrorismo dilagante, i rapimenti, indussero molti stranieri a tenersi lontani dall’Italia. I nostri ospiti che non avevano disertato stavano asserragliati nell’hotel».