Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  aprile 19 Domenica calendario

Intervista a Paola Severino

Per ripartire dopo l’emergenza coronavirus, ragiona Paola Severino, avvocata, ex ministra della Giustizia e vice presidente della Luiss di Roma, occorre «un’accurata programmazione che tenga conto degli aspetti economici e di quelli sanitari». 
Da dove comincerebbe con le riaperture professoressa?
«Non sono una economista ma penso che la nostra industria manifatturiera, che ci ha reso famosi nel mondo, non possa rimanere ferma ancora per molto perché i nostri concorrenti si affretteranno a occupare gli spazi lasciati vuoti. Penso alla moda, al design, alla meccanica, e a molti settori industriali. Devono fare tesoro di questa terribile esperienza per accentuare gli aspetti di sostenibilità sociale». 
Il governo è sotto pressione, tra i pareri degli esperti scientifici e l’impazienza degli imprenditori. 
«Per quanto riguarda la salute, credo si debbano progettare una serie di misure che mettano insieme il distanziamento, l’uso di mezzi di protezione, le modalità di utilizzazione degli spazi comuni, e soprattutto il controllo della mobilità. È stato accertato che una delle maggiori fonti di contagio è rappresentata dai mezzi di trasporto pubblico. È infine molto importante pensare fin da ora a una fase 3 che consenta di resettare il Paese, ripensando agli aspetti istituzionali che hanno rivelato tutta la loro inefficienza nella crisi. Penso alla burocrazia o al rapporto Stato-Regione, che ha dimostrato tutta la sua criticità. Direi che l’espressione "programmazione integrata" possa rendere il concetto. Nell’emergenza, cedere all’improvvisazione o cadere nella tentazione di far prevalere l’uno o l’altro degli interessi in gioco - salute, libertà, lavoro, tutti tutelati dalla Costituzione - sarebbe un errore irrimediabile».
E i commercianti o le piccole e medie imprese, che sono il grande tessuto della fantasiosa operosità degli italiani?
«Credo che siano necessarie immediate immissioni di liquidità a favore di queste categorie. Ovviamente, bisogna evitare due errori: finanziare imprese che hanno accumulato debiti nel passato e pensano ora di sfruttare l’occasione solo per ripianarli; intervenire troppo tardi, consentendo alla criminalità di investire nelle imprese in difficoltà, di fornire loro prestiti usurari o addirittura di acquisirne la proprietà a prezzi da saldo». 
Come si può evitare?
«Occorre predisporre, come stiamo suggerendo con un gruppo di professionisti, una normativa che integri la disciplina dei finanziamenti garantiti dallo Stato, alleggerendo la fase della erogazione del credito e intensificando le verifiche sulla sua utilizzazione. Il primo risultato lo si può ottenere richiedendo una autocertificazione sulla situazione patrimoniale e sulla destinazione del denaro per finalità produttive. Il secondo, estendendo ai finanziamenti garantiti le norme penali che sanzionano l’ utilizzo indebito di risorse pubbliche. Quanto poi ai controlli anti-riciclaggio, la lunga e sanguinosa battaglia condotta dall’Italia contro la criminalità organizzata ci ha dotato di una delle normative più complete per prevenire l’uso del denaro sporco, per individuare i fenomeni di money laundering e per colpire gli episodi di inquinamento dell’economia».
La Pubblica Amministrazione è sotto accusa per la lentezza e teme possibili infrazioni e quindi reazioni della magistratura. Concorda?
«Sì, anche prima dell’emergenza coronavirus abbiamo potuto constatare i rallentamenti. Bisogna risolvere da una parte un problema di procedura e dall’altra un problema di interpretazione delle norme. Dal punto di vista della procedura il modello tedesco potrebbe essere un buon esempio: procedimenti molto snelli, semplificati nella fase di autorizzazione ma accompagnati da grande rigore nell’eventuale applicazione di sanzioni. Dal punto di vista dell’enforcement della norma, l’emergenza ha evidenziato che ci siamo dotati di un enorme numero di regole formali che nuocciono all’efficienza e alla trasparenza degli organismi pubblici. I quali, a loro volta, esitano a prendere decisioni perché preoccupati da interpretazioni giurisprudenziali formalistiche particolarmente allarmanti se riferite a norme penali. Sotto quest’ultimo aspetto, un’ulteriore riforma del reato di abuso di ufficio è auspicata da molti».
In questo periodo si cita spesso l’esempio della ricostruzione nel dopoguerra. Quali sono le differenze?
«La Costituzione ci ha dato un esempio di come allora si andasse alla sostanza delle cose. Pochi uomini e donne illuminati hanno concordemente elaborato, nonostante le divisioni politiche, una serie di regole essenziali selezionando i valori fondanti della Repubblica e riassumendoli in un numero contenuto di norme».
Teme che la lentezza di intervento da parte dello Stato porti a un incremento della delinquenza?
«La delinquenza è molto più rapida del sistema pubblico anche perché ha una immensa e immediata liquidità derivante da attività illecite. La soluzione è sempre quella suggerita dal giudice Falcone: seguire le tracce del denaro e tagliare l’erba sotto i piedi della delinquenza organizzata. Non si tratta di un problema solo italiano perché il percorso del denaro sporco va ben oltre i confini nazionali e alimenta fenomeni estesi, come il finanziamento al terrorismo. Se pensiamo agli immigranti, oggi in situazioni di ancor maggiori isolamento e bisogno economico, possiamo immaginarli come facile preda di organizzazioni criminali pronte a fornire denaro e cibo per fare proseliti».
Come si combatte l’hakeraggio, in finanza ma non solo?
«Noi cittadini comuni, soprattutto in questo periodo in cui l’uso della web è così diffuso, dobbiamo rigorosamente attenerci alla regola di non entrare mai in siti non conosciuti, non certificati o basati in Paesi difficilmente monitorabili. Comportamenti poco attenti portano agli hacker una massa enorme di dati che poi vengono venduti ad un mercato avido di preziose informazioni sulla nostra identità. Per quanto riguarda le banche e il mondo della finanza e delle imprese, l’invito è a collaborare con le autorità, in primo luogo la polizia postale, per denunciare gli attacchi ricevuti. Per farlo occorre superare una pur comprensibile ritrosia derivante dal timore che la propria reputazione venga compromessa dalla scoperta che il proprio sistema informatico non ha retto all’attacco. Ma bisogna ricordare che i vantaggi che si hanno con una tempestiva denuncia sono molto maggiori».
Siamo all’altezza degli altri Paesi europei dal punto di vista dello Stato? Come ci stiamo comportando in questa fase di emergenza?
«Credo che gli italiani abbiano dato grande prova di coraggio, di disciplina e di generosità, come è già accaduto in altri momenti difficili. Molti altri Paesi si sono ispirati al nostro modello di lockdown. Ora bisogna cercare di stabilizzare queste doti, utilizzandole anche nel momento, speriamo vicino, in cui torneremo alla normalità. Quanto al comportamento pubblico, mi sembra che questa emergenza ci abbia in parte consentito di allontanarci dalle quotidiane e a volte meschine contrapposizioni per concentrarci sui temi veri della lotta all’epidemia, del sacrificio di medici e infermieri, del dramma della morte lontani dagli affetti, del disagio per la parziale privazione di libertà, del problema delle classi più deboli, della tragica sorte di artigiani e negozianti». 
Come sarà il mondo dopo il lockdown?
«Come spesso accade dopo uno shock tanto forte, si cercherà di costruire un mondo più attento alle esigenze delle persone e delle famiglie, più concentrato sulla sostenibilità ambientale e sociale, più proteso verso la solidarietà, più pronto a sfruttare le grandi opportunità del digitale. Credo però che la componente educativa e quella umana siano fondamentali: dovremo saper formare e scegliere donne e uomini capaci di dimostrare che queste opportunità possono diventare reali e stabili, non dimenticando troppo presto quello che è accaduto e quanto fragili fossero le basi su cui abbiamo costruito la nostra sicurezza economica e sociale».
Come trascorre le giornate?
«Lavorando da remoto e rimanendo in casa. Nei primi giorni avvertivo un certo disagio a trascorrere ore a parlare con uno schermo, ma poi ho sentito che questo mezzo riusciva a creare un contatto con gli altri che, proprio per la situazione di emergenza, era molto più intenso di quanto avessi immaginato. Penso a miei studenti che a volte condividevano la lezione con le loro famiglie. Penso alle scuole medie, con le quali sono in contatto per un progetto che impegna i nostri studenti universitari a diventare tutor di legalità di ragazzi che studiano in sedi ad alto tasso di criminalità o all’interno di carceri. Proprio da quelle scuole mi è giunto l’allarme sulla povertà e solitudine di alcune famiglie e sulla necessità di intervenire subito per aiutarle. A conclusione di queste giornate, avverto un grande senso di energia che mi viene da tutte le persone con cui sono in contatto e che mi trasmettono la loro voglia di farcela. Non avevo mai sentito tanta vitalità nei momenti ben più sereni che avevamo finora trascorso insieme, ignari di quello che sarebbe accaduto e che avrebbe cambiato le nostre vite e il nostro mondo».