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 2020  aprile 19 Domenica calendario

A volte la regola è catastrofica

Sono bastate poche settimane di conferenze stampa dedicate all’incremento costante del numero di contagiati/positivi e di decessi, per essere tutti spaventati. Abbiamo accettato obbedienti la cancellazione di buona parte delle nostre libertà, per il tramite di decreti della Presidenza del Consiglio, neppure discussi dal Parlamento. 
L’accettazione di leggi rigide e illiberali a fronte di minacce esterne, inclusi i patogeni, è stata studiata da un paio di decenni da Michele Gelfand, la più interessante psicologa interculturale. Nel 2018 aveva pubblicato un libro ricco di idee originali e prove a sostegno delle stesse. Che torna di attualità.
La Gelfand ha condotto ingegnosi studi, sia semplici sia ipertecnologici. Un esperimento sul campo, in 14 Paesi, vedeva il suo team circolare con finti piercing sulla pelle, estensioni dei capelli viola o verruche sintetiche, per controllare in che misura le persone per strada aiutavano con le direzioni da prendere, e come questa (in)disponibilità correlava con i gradi di rigidità-apertura delle regole nei Paesi. Un altro studio accadeva di fronte ai cinema per far domande agli spettatori del film Contagion, prima e dopo la visione, sulla loro tolleranza nei confronti di chi devia dalle norme sociali e la disponibilità ad accettare legislazioni restrittive. Aver visto il film cambiava la disposizione delle persone, rendendole più intolleranti.
L’ipotesi intorno a cui lavora Gelfand è che le culture con regole più lasse «tendono ad essere aperte, ma sono anche più disordinate. D’altro canto, le culture rigide producono un ordine confortante e prevedibilità, ma sono meno tolleranti». In tutto il libro Gelfand parla dei pericoli e delle promesse di culture rigide (R) e lasse (L), mettendo in guardia sugli estremi di entrambe e suggerendo la ricerca di un giusto equilibrio per un funzionamento ottimale di società, organizzazioni, famiglie e individui. Le ricerche di Gelfand mostrano che mentre le classificazioni dei Paesi come individualisti o collettivisti o in base alla distanza dei cittadini dal potere (Hofstede) si sovrappongono e si confondono con le classificazioni basate sullo sviluppo economico. La classificazione RL è più pulita e la mappatura dei Paesi è molto diversa da quella basata su punteggi di altre dimensioni culturali. Ad esempio, i Paesi con elevata R includono Pakistan e Norvegia; quelli con alta L includono Brasile e Paesi Bassi. I ricercatori che utilizzano RL saranno in grado di catturare la varianza al di sopra e al di là di dimensioni come individualismo/collettivismo o distanza dal potere.
Un capitolo sui percorsi verso RL si intitola Disastro, malattia, diversità, dove si dimostra che con alcune interessanti eccezioni, quando c’è una minaccia (disastro, malattia), interviene la rigidità culturale. Se prevale la diversità delle pratiche culturali interviene la lassità delle norme. Gelfand scrive che RL è dinamico e il suo livello cambia in base alla minaccia/paura (reale o costruita) affrontata dalla società. Ad esempio, discute dati che mostrano che le persone che si sentivano minacciate pensavano che gli Stati Uniti fossero troppo liberi e questo ha predetto la loro intenzione di votare per Trump (e Le Pen in Francia). Salvini in Italia?
Gelfand illustra che tra gli stati degli Stati Uniti, R è associata alla religiosità, mentre L è associata all’innovazione (misurata dal numero di brevetti), al divertimento (numero di parchi tematici/luna park) e alla tolleranza per la diversità (numero di cause legali in materia di discriminazione). Si trova variazioni anche all’interno degli stati. In uno stato R,come la Louisiana, c’è New Orleans, che è in testa per a L. Gelfand ricorda comunque il temporaneo aumento di R negli Stati Uniti dopo l’11 settembre (una vera minaccia) o dopo l’amministrazione Trump (una percezione della minaccia costruita).
Gelfand ricostruisce le radici dell’orientamento RL nelle pratiche genitoriali e scolastiche. Le sue ricerche mostrano che RL è associato a variabili che si riscontrano nelle differenza persona, come tolleranza per ambiguità, autovalutazione e autoregolazione: i conflitti interpersonali possono derivare da differenze comportamentali radicate nell’orientamento RL. Una volta compreso questo, le persone potrebbero diventare più tolleranti tra loro.
La ricerca aspira a trovare «applicazioni», cioè a offrire soluzioni ai problemi del mondo dalla prospettiva RL. L’idea generale è che ci deve essere un equilibrio tra R e L per un funzionamento ottimale delle comunità e delle persone. La Gelfand usa spesso al principio di Goldilocks, la bambina della favola che assaggia tre ciotole di porridge per scoprire che preferisce quello non troppo caldo o troppo freddo ma della giusta temperatura. Stante che le persone cercano la R sotto minaccia e paura, questo spiega perché i regimi autocratici continuano a tornare (recidiva autocratica) nonostante la profonda sofferenza che causano. Né nasconde il circolo vizioso tra il problema dell’integrazione degli immigrati nelle società R e il loro divenire più radicalizzati.
Tre settimane fa il team di Gelfand ha pubblicato uno studio da cui risulta che R e L spiegano il fatto che alcune nazioni sono state più efficaci di altre nel limitare la diffusione di SARS-CoV-2 e le diverse probabilità che le persone muoiano per infezione in diversi paese. Le nazioni con governi efficienti e culture rigide sono state le più efficaci nel limitare il tasso di infezione e la probabilità di morte per Covid-19, e questa relazione tra rigidità culturale ed efficienza del governo è solida a fronte del confronto con sviluppo economico, disuguaglianza, età media, densità di popolazione e autoritarismo. Le tendenze interculturali osservate paiono guidate dalla variazione di quanti gruppi aderiscono alle norme cooperative, in condizioni di alta minaccia.