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 2020  aprile 19 Domenica calendario

Un carro armato firmato Guicciardini

La ricchezza del patrimonio di biblioteche e archivi italiani è tale che esplorazioni sistematiche possono portare ancora a scoperte emozionanti relative a particolari inediti della nostra storia politica e letteraria. All’interno di una cartella del Fondo Palatino della Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze, nascosto fra materiali di varia provenienza raccolti nell’Ottocento per volontà del Granduca di Toscana Leopoldo II, è stato rinvenuto un manoscritto di due sole carte recante lo schizzo di una «machina trovata [cioè inventata] da Francesco Barducci Cherichini» per Lorenzo de’ Medici il Giovane, il nipote del Magnifico e dedicatario del Principe di Machiavelli, «apta a rompere exerciti». Si tratta di un rudimentale prototipo di carro armato non difforme da altri modelli elaborati dalla raffinata ingegneria militare toscana quattro-cinquecentesca, ma con un meccanismo motore ancora più utopistico di quello immaginato, ad esempio, da Leonardo da Vinci per Ludovico il Moro.
La figura della macchina bellica, tracciata da una mano non avvezza alla pratica del disegno, che l’autore sin qui anonimo dice di aver «cavata da uno disegno di decto Francesco, che la ha conferita fino a questo dì 16 di agosto 1515 solo al Magnifico Lorenzo et a me, et la ho ritracta el meglo ho saputo», è affiancata da una descrizione del suo funzionamento. «La importantia di questa cosa», vi si legge, «sono e 3 razi grossi che sono di drieto», «che sono la chiave di tucto lo edificio, perché come si darà loro el fuocho condurranno la machina con tanto impeto che farà cosa incredibile». La spinta propulsiva della polvere pirica servirà a lanciare il carro contro gli eserciti schierati, dotato per di più di «4 trombe che gectino fuocho, le quali percoterebbono negli inimici et farebbono loro male, ma darebbono ancora terrore grandissimo». La fiducia riposta nell’ingegno è pienamente giustificata dal quadro storico del periodo. Svelata agli italiani dalla discesa di Carlo VIII nel 1494, la potenza della nuova artiglieria, invenzione recentissima della scienza militare, pur sottovalutata dallo stesso Machiavelli, aveva radicalmente cambiato il modo di condurre le guerre, nonché la loro percezione.
Ma chi è il misterioso tenutario di un segreto militare di tale rilievo, circolante all’interno del ristretto gabinetto di Lorenzo il Giovane, allora eletto Capitano della Repubblica fiorentina e avviatosi a diventare Signore indiscusso della Firenze da meno di tre anni recuperata ai Medici dopo la parentesi del governo soderiniano? 
La risposta a questa domanda viene dalla paleografia: la scrittura presenta l’inconfondibile fisionomia (tratteggio, ductus, morfologia delle lettere) dell’usuale corsiva di Francesco Guicciardini, attestata da molti autografi sicuri e perfettamente sovrapponibili al frammento Palatino. 
La data dello scritto (1515) è particolarmente significativa. Di ritorno dall’ambasceria in Spagna per conto della Repubblica, nel 1513 Guicciardini trova una Firenze radicalmente mutata sul piano politico. Le Storie fiorentine sono ultimate da quattro anni e l’acutissima analisi del nuovo assetto istituzionale è affidata prima a un breve scritto, Del governo di Firenze dopo la restaurazione de’ Medici nel 1512, e sarà poi sviluppata quattro anni dopo nel Del modo di assicurare lo stato alla casa de’ Medici (1516). Convinto sostenitore dell’imprescindibilità della partecipazione del ceto ottimatizio al governo per assicurare una stabilità al potere mediceo e al contempo scongiurare tanto l’autoritarismo del principato quanto le «mutazioni» del governo popolare, con il favore dei Medici l’appena trentunenne Guicciardini aveva avviato una carriera politica sotto i migliori auspici, rivestendo incarichi prestigiosi. La volubilità del giovane Signore di Firenze aveva però trasformato l’ambizione in amarezza. Nel maggio 1515, tornato da Roma quasi da plenipotenziario, Lorenzo «non mostrò», così scriverà Guicciardini nelle Ricordanze, «di avermi in quello buono concetto ed affezione che aveva innanzi (…) e tra le altre avendo ordinato uno numero di cittadini quali chiamava a casa sotto spezie di una consulta e pratica [cioè di consiglio esecutivo segreto], io non vi fui chiamato». Ma «chiamato» Guicciardini lo sarebbe stato in breve, per abilità personale e rovesci di fortuna. Era solo l’inizio di una lunga carriera al servizio dei Medici, di Lorenzo prima e di Leone X e Clemente VII poi, che vide la sua elezione tra i Signori nel settembre 1515, la nomina a commissario pontificio a Modena nel 1516 e quella a commissario generale dell’esercito della Chiesa nel 1521, fino al definitivo ritorno a Firenze, dove assistette al compiersi del passaggio dalla Repubblica al Principato, mentre sul suo scrittoio cominciavano ad ammassarsi le carte dei Ricordi e della Storia d’Italia. Durante l’esperienza modenese, come si evince dalla corrispondenza con i fratelli Luigi e Iacopo, al suo fianco stava ancora Francesco Barducci, dedito ad ambiziosi progetti di ingegneria idraulica («machine per condur l’aqua») e militari. Guicciardini riponeva in lui così tanta stima da farne l’unica persona in grado di difendere l’Italia da un’invasione dei Turchi: «Questa nuova del Turcho, se è vera, è grandissima cosa; et se lui si voltasse in qua, haremmo bisogno del Barduccio, ché credo gli altri remedii sarebbono scarsi; perché la unione de’ principi credo non si farebbe a tempo che bastasse a Italia». 
A fornire un notevole contributo per delineare meglio il punto di svolta della carriera politica guicciardiniana nell’estate del 1515 interviene ora il documento della Nazionale di Firenze: la descrizione del manoscritto è già disponibile sulla base dati Manus Online, dell’Istituto Centrale per il Catalogo Unico, e il testo integrale sarà pubblicato a breve su «Rinascimento», la rivista dell’Istituto Nazionale di Studi sul Rinascimento, diretta da Michele Ciliberto. L’attribuzione paleografica è stata avanzata da chi scrive nell’ambito del progetto PAL-MO – Il fondo Palatino della BNCF in Manus Online, promosso dalla Biblioteca Nazionale Centrale di Firenze e dal suo direttore Luca Bellingeri, e in seguito confermata da David Speranzi, responsabile scientifico del progetto stesso.
Le due carte di Guicciardini riesumate dal fondo Palatino costituiscono un prezioso tassello per la ricostruzione dei suoi rapporti con Lorenzo de’ Medici. Queste ci restituiscono così il ritratto inedito di un Guicciardini impegnato a supervisionare la progettazione di macchine belliche in una delle fasi decisive delle «guerre horrende d’Italia», quando Stati italiani, Impero e Svizzeri appoggiati dalle truppe pontificie guidate proprio da Lorenzo si accingevano a fronteggiare la calata dell’esercito francese di Francesco I e a subire a Marignano una pesantissima sconfitta, prevista tanto da Machiavelli quanto dallo stesso Guicciardini, che segnò il tramonto definitivo del sogno di indipendenza politica della Penisola.