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 2020  aprile 19 Domenica calendario

Rose d’Africa senza mercato

Uno dei settori economici che in questi anni ha dato più risultati in alcuni Paesi africani, quello della floricoltura, è completamente in ginocchio. La pandemia di coronavirus ha fatto sentire le sue conseguenze non solo sull’Olanda, al centro di questo settore, ma anche su Paesi esportatori come Kenya ed Etiopia, dove decine di migliaia di posti di lavoro sono a rischio. L’esportazione di fiori contribuisce con oltre un miliardo di euro all’anno all’economia keniana, ma nelle ultime settimane le vendite all’estero sono crollate di oltre i due terzi, con conseguenze devastanti per l’industria e per le entrate del Paese.
Secondo Hosea Machuki, ammini-stratore delegato dell’Associazione di esportatori di prodotti freschi keniani, la situazione è critica: «Possiamo solo sperare che quando l’emergenza sarà finita le industrie e le aziende coinvolte nell’orticoltura possano tornare a vivere, che continuino la loro produzione e mantengano i posti di lavoro – sottolinea –. Sono circa 350mila i keniani impiegati direttamente nel settore e al momento circa 200mila di loro rischiano di perdere il posto».
La cittadina di Aalsmeer, a 15 chilometri da Asmterdam, è sede del più grande mercato di fiori al mondo. Qui si tengono aste durante le quali migliaia di fiori, molti dei quali provenienti proprio dall’Africa orientale, vengono acquistati e venduti ogni giorno prima di essere spediti in tutto il mondo. Secondo Michel van Schie della società Royal Flora Holland, da quando è iniziata l’epidemia le vendite di fiori sono crollate del 50 per cento. «Questo è anche il periodo con le feste più importanti per l’industria dei fiori, dalla festa della donna a quella della mamma, per questo la crisi non poteva arrivare in un momento peggiore – spiega van Schie –. Non solo i fiori restano invenduti, ma quelli venduti passano di mano a un prezzo molto molto basso». In Etiopia, secondo esportatore africano, il settore dell’orticultura è il quarto per gli introiti dall’estero. La pandemia ha provocato una diminuzione dell’export dell’80 per cento. «La maggioranza delle nostre vendite si è fermata – conferma Frank Ammerlaan, agricoltore olandese in Etiopia che dà lavoro a un migliaio di persone –. I negozi in Europa sono chiusi, le frontiere altrettanto, la logistica dà la priorità ai beni alimentari e ad altre merci essenziali».
L’Etiopia esporta soprattutto rose, tanto che oggi una su quattro di quelle presenti sul mercato europeo proviene dalle serre etiopi. Per prevenire il collasso dell’industria dei fiori e continuare a far entrare valuta straniera nel Paese, il governo di Addis Abeba ha designato questo settore come «essenziale». Le sue aziende, quindi, con i loro 150mila addetti, continuano ad operare nonostante le misure di emergenza dovute alla pandemia, ma se il mercato continuerà a restare striminzito le conseguenze saranno letali. I lavoratori delle serre, in gran parte donne, sono spesso sottopagati e impiegati in condizioni precarie, ma dal loro stipendio deriva una buona parte dell’economia regionale.