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 2020  aprile 18 Sabato calendario

Periscopio

Come ha rilevato Paolo Cirino Pomicino, i partiti storici della prima repubblica hanno governato per mezzo secolo perché avevano un’identità e i loro elettori un senso di appartenenza. Antonio Socci. Libero.
Sordi aveva il rimpianto di non essere mai stato candidato dall’Italia agli Oscar. Ci raccontò che Charlie Chaplin lo aveva ricevuto a 83 anni. Alberto invece è morto a 82. Lui ci sperava ancora ad averne uno. Igor Righetti, Alberto Sordi segreto. Rubettino, 2019.

Helmut Kohl, che ebbe con i finanziamenti illeciti alla Cdu più o meno gli stessi guai di Craxi, in Germania è sempre stato considerato uno statista. Lo dice uno come il sottoscritto, che ebbe con Craxi rapporti alterni. All’inizio mi soprannominò «raccoglitore di cicche», perché nel massimo fulgore del craxismo mi aggiravo tra gli esponenti del Psi alla ricerca della battuta di qualche eretico. Quando gli raccontarono che ascoltavo le riunioni della direzione socialista dai tubi dell’aria condizionata nel bagno delle donne, al terzo piano della sede di via del Corso, fece erigere un parapetto per impedirmelo. Augusto Minzolini. il Giornale.

Il Popolo dell’Onestà era nato dalle ceneri di altri movimenti finiti male. Nuovo nome, nuovi capi. Eppure continuava a sentire il vento della storia dalla propria parte; e non sempre i militanti sapevano trattenersi. Così ora l’ex senatore Nardi subiva il trattamento dei baroni universitari nel Sessantotto. O dei mandarini del regime cinese umiliati dalle guardie rosse, nei giorni più duri della Rivoluzione culturale, con i berretti d’asino e tutto. Aldo Cazzullo e Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

La storia di Sergio Saviane è la storia di un provinciale che, sbarcando nella metropoli scafata e viziosa, si trova di fronte a un bivio psicologico, oltre che esistenziale: o si adegua, diventa più scafato degli scafati, un iper paraculo, oppure si risolve a essere uno sradicato radicale, a vivere della sua solitudine. Così, Saviane trasformò la sua estraneità in orgoglio, la sua incompatibilità in un unicum. Anzi a me sorprese vederlo, a un certo punto, partecipare al Costanzo Show, che era qualcosa di incompatibile per i suoi standard, il genere di intrattenimento contro il quale si scagliava. Mah, sarà stato un eccesso di solitudine da combattere. Massimo Del Papa, Il rompicoglioni. Alberto Liberali editore, 2014.

Discussioni in Paradiso. «Comunque», dice Fanfani, «questo Conte, vista la pochezza degli uomini in circolazione, avrebbe dovuto fare come me». «Tu hai fatto molta confusione...», bisbiglia Andreotti. «Ancora con queste bischerate!», ribatte Fanfani. «Dicevo che Conte avrebbe dovuto seguire il mio esempio: farsi nominare Segretario del Movimento Cinque Stelle, Premier e Ministro degli Esteri». «Però con i pieni poteri, come chiedeva Salvini per sé, ci si fa male. Anzi, ti fanno male, soprattutto dagli Stati Uniti», rintuzza Andreotti, «specie se non sei allineato con loro. E lo so bene io, con lo scherzetto che mi combinarono. Non ho mai capito se Cia o Fbi, ma ci sono voluti dieci anni per venirne fuori». Luigi Bisignani. il Tempo.

Siamo al punto che a essere presa a bersaglio dal politically correct è la cultura classica. Note università, che dell’umanesimo furono il tempio, hanno messo all’indice le opere antiche. A Oxford, è stato abolito lo studio di Omero e Virgilio. Alla Columbia e a Yale, cancellano Dante, Platone, Aristotele, Shakespeare. «Sono letture razziste, sessiste, reazionarie», spiegano gli illustri docenti. «Troppo bianco, eurocentrico, maschilista», aggiungono e, come fossero dei nazisti qualunque, gettano nel rogo delle loro fisime le pagine più belle su cui siamo cresciuti e abbiamo aperto gli occhi alla vita. Giancarlo Perna. la Verità.

C’era una volta un mondo senza smartphone. Un mondo di attese e patimenti: «Non ha ancora telefonato» o, peggio: «Ha telefonato ma io non ero a casa». Un mondo in cui se non ti guardavi in faccia, se non ti incontravi, le emozioni non esistevano. Gabriele Muccino, regista (Paola Jacobbi). il Venerdì.

Il Kamasutra normativo che è in mano ai grandi burocrati si avvale di astuzie e trucchi lessicali («In attesa del riordino della materia...»), pareri e codicilli di inavvertito, ma devastante impatto, regolamenti nati morti o avvelenati, deleghe oblique, spacchettamenti a rimbalzello, inammissibilità a geometria variabile; il tutto culminante nell’affannosa misteriosofia della Legge di bilancio: soldi, soldi, soldi, naturalmente pubblici, che per conto dei rispettivi ministri i capi di gabinetto si contendono a suon di bozze segrete, file posticci, «bachi» per individuare le fughe di notizie. Ed è come se un lampo rompesse l’oscurità che un giorno spinse un esasperatissimo Berlusconi a invocare: «Ma che cazzo è questa bollinatura?». Filippo Ceccarelli. il Venerdì.

Parlare di soldi a Cortina, che volgarità! Eppure sono proprio loro a caratterizzare l’autobiografia della Perla delle Dolomiti. Tanti denari privati, dalla bici da 30 mila dollari che un cliente americano si porta in camera perché non si fida di lasciarla nella bike room videosorvegliata dell’Hotel de la Poste, dove Hemingway scriveva Morte nel pomeriggio. Riccardo Stiglianò. il Venerdì.

Non sogno molto, ma quando sogno in genere sono i personaggi che ho interpretato. È come se mi fossero restati attaccati addosso. Io ho una mia teoria sugli attori. O ti cali nel personaggio fino a diventarlo interamente; oppure reciti una parte e allora sei un semplice attore. Lando Buzzanca (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Ho dovuto passare un esame difficilissimo in Africa. L’associazione dei cacciatori, in prevalenza bianchi, insieme alle autorità locali potevano darti l’autorizzazione o negartela. L’esame consisteva nell’uccisione dei cinque grandi animali africani: elefante, bufalo, leone, rinoceronte e leopardo. Dovevo cacciarli a piedi. Riuscii a superare le prove. Mi sentivo come Hemingway e vivevo felice nella mia casa vicina al lago Nakuru. Lorenzo Capellini, fotografo (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Un grande cinefilo come Vieri Razzini mi ha raccontato questa storia: una ragazzina figlia di amici suoi una sera aveva risposto al telefono di casa e, avendo sentito la voce di Tina Lattanzi, era corsa in sala, dove i suoi stavano cenando, e aveva annunciato, sorpresa e festante: «Mamma, c’è Greta Garbo al telefono». Tina Lattanzi, oltre che di Greta Garbo, è stata la voce di Marlene Dietrich e di Greer Garson, di Rita Hayworth e di Joan Crawford, di molte cattive di Walt Disney, e di cento altre «divine». Irene Bignardi. il Venerdì.

Quota cento: c’è poco da rendere.Roberto Gervaso. Il Giornale.