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 2020  aprile 18 Sabato calendario

Ho la tundra nel salotto

Anche se ormai abbiamo i cinghiali in piazza e i daini in spiaggia, forse la soluzione è portarci l’Antartide in salotto. Oppure una foresta tropicale nel tinello, o la tundra sul divano. Forse bisogna chiedere al deserto Rub’ al-Khali ( sta in Arabia e lo chiamano” il quarto vuoto": il quarto dopo cielo, terra e mare) un consiglio su come opporsi a questo insolito deserto quotidiano che ci piove addosso, lui con i suoi due miliardi di tonnellate di polvere. Utilissima, la polvere. Poi vedremo perché.
Prigionieri in casa, mentre la natura scorrazza libera qui fuori. Si è rovesciato un mondo, sono saltate le marcature. Come resistere? Come adattarci? Domandiamolo al licaone e all’uccellino manachino, all’albatro urlatore e alla Phengaris Arion, l’abbacinante farfalla azzurra che nasce e sopravvive grazie alle formiche. Se l’orizzonte oltre la porta ci è vietato, noi lo faremo entrare dalla finestra. È il metodo Our Planet, la serie di sorprendenti documentari narrati da sir David Attenborough: non sono mica usciti ieri, ma stanno vivendo un boom di ascolti su Netflix. Perché lì dentro c’è la risposta a quasi tutto.
In queste assurde settimane sarà capitato anche a voi di sentirvi uno straccio, anzi uno sgombro. Egli nuota nel mare artico e già non dev’essere divertente. Dal cielo gli precipita addosso la berta maggiore, uccello marino capace di inabissarsi fino a sei metri, e dal basso gli piombano i delfini a fauci spalancate. Tutti vogliono papparselo, e allo sgombro non resta che scappare e cercare il krill, minuscolo crostaceo che rappresenta il suo sushi. O mangi o ti mangiano.
Invece il cucciolo di gnu nel Serengeti, Africa Orientale, deve guardarsi dal licaone che è infido, spelacchiato e famelico: per non essere sbranato, il piccolo gnu deve correre all’interno del branco. Invece, per non morire di fame le megattere dell’Antartico nuotano affiancate alla ricerca del krill, pure loro, come lo sgombro: il cibo in eccedenza cadrà da un’enorme bocca a quella accanto, è quasi una danza acquatica. Morale, per gnu e megattere: nessuno si salva da solo.
E possiamo forse trascurare l’amore, in questi giorni folli? Ci viene in soccorso il manachino, variopinto uccello tropicale che danza da solo o in gruppo per conquistare la femmina. È una formidabile parata nuziale da un trespolo all’altro, conclusa da una specie di salto mortale che la femmina può comunque snobbare e volarsene via. Sventurato manachino. Ma lui è uno tosto e non demorde, convoca qualche amico, prepara una coreografia collettiva ed eccoli ancora qui, su e giù dalla fronda, mentre un’altra lei osserva incantata e poi, finalmente, si concede, a uno solo però. Morale del manachino: le femmine si conquistano danzando e cantando. Oppure, portando in dono un sasso per il nido come fanno i pinguini papua dopo chilometri di passeggiata alla ricerca della roccia, oltre il ghiaccio.
In tempo di crisi occorre pazienza, ce lo insegna l’albatro urlatore. Il suo piccolo impiega un anno intero per imparare a volare, e il babbo gli porta il cibo un giorno dopo l’altro, senza chiedersi quando finirà, perché finirà e basta. Le risorse, quelle dobbiamo averle dentro. Lo hanno capito le orchidee quando formano sacche floreali stillanti un liquido profumato e vischioso che attira il maschio delle api, lo imprigiona e lo costringe a farsi largo tra i petali serratissimi. Per scappare, il signor ape si lascia impollinare dall’orchidea e il gioco è fatto, così si salvano in due. Ma la più grande di tutti è la Phengaris Arion, la farfalla azzurra. Può deporre le uova solo sulla pianta della genziana, poi il suo bruco si cala a terra tessendo un filo di seta e infine le formiche lo catturano per mangiarselo. Illusione ottica: le formiche vengono ingannate dall’odore del bruco, identico a quello della formica regina di cui il furbacchione sa pure imitare il verso. Così le formiche lo nutrono come una sovrana, egli diventa un bruco ciccione, due anni durerà questo equivoco finché dal bozzolo sbuca la farfalla e molte grazie alla formica. Morale di orchidee e formiche: aiutiamoli a casa nostra.
Mai sottovalutare l’istinto di sopravvivenza, ci dice il pianeta, anche adesso che vorremmo solo scappare. Se ad esempio fa troppo caldo, come nel deserto dell’Atacama, ci si può rinfrescare sbuffando come fanno i cormorani nelle tempeste di sabbia. E comunque ci salva l’esperienza. Nel deserto della Namibia resistono appena 150 elefanti, hanno fame e sete e da quelle parti c’è un temporale ogni dieci anni. I branchi vagano alla ricerca di bacche e germogli, guidati dalle femmine più anziane che ne hanno memoria. Queste super nonne garantiscono la continuità della specie, sono insomma gli anziani a indicarci la strada e non, necessariamente, i primi a soccombere.
Adattabilità è la parola magica. Mancano gli alberi? Pazienza, faremo il nido a terra, decidono le aquile delle pianure mongole. Perché in tempo di crisi si esaltano le competenze, è adesso che bisogna essere duttili. Pensando alla nebbia che rende umide le rocce roventi dell’Oman, quando calando regala qualche fogliolina fresca agli stambecchi. E non dimentichiamo la famosa polvere, quella che dai deserti porta agli oceani le spore che saranno alghe: è così che rinasce la vita ovunque, persino sotto il ghiaccio della banchisa che a primavera torna a colorarsi di un bel verde vegetale. Anche qui in salotto, nella nostra casa silenziosa e vuota, è il deserto che ci fertilizza. Il deserto arricchisce il nostro mare di naufraghi.