Questa notte Zucchero sarà tra i protagonisti di One World — Together at Home , il grande spettacolo musicale organizzato per sostenere l’Organizzazione mondiale della sanità, il Covid 19 Solidarity Response Fund e dare supporto a lavoratori, medici, infermieri, addetti che operano in prima linea nella battaglia contro il coronavirus. A curare l’evento è Lady Gaga, accanto a lei c’è un esercito di star. L’elenco è lungo, si va da Paul McCartney ai Green Day a Taylor Swift, da Stevie Wonder a Michael Bublé, da Annie Lennox a Jennifer Lopez, Eddie Vedder, Celine Dion, Billie Eilish, Pharrell Williams e tanti altri. Ci sono due star italiane, Andrea Bocelli e Zucchero. «Ho detto subito sì», ci racconta Zucchero, «ho scelto le canzoni e le ho registrate a casa, una con il pianoforte e una con la chitarra».
Come le ha scelte?
«Non è stato facile, il live va in tutto il mondo, ci vuole attenzione al contenuto, alle cose che dici. In un momento come questo non puoi cantare una cosa qualunque, per cui ho scelto Everybody’s got to learn sometime , mi sembrava quella più giusta per le parole, perché tutti impareremo qualcosa da questa incredibile esperienza collettiva. E poi, per mettere la nostra italianità in un contesto globale, ho scelto Va’ pensiero , a mio modo. L’ho fatta non con il tempo in tre quarti della versione di Verdi, l’ho trasformata in una ballata. Credo che “va’ pensiero sull’ali dorate” sia un bellissimo messaggio, l’ho trasformata in una specie di ninna nanna per questo mondo che purtroppo non ci permette spesso di sognare. Mi piaceva l’idea di mandare la gente a letto con dei pensieri positivi».
Da solo, a casa. La dimensione più privata del suo fare musica diventa pubblica.
«Sì, ma di solito quando scrivi sei solo a casa con lo strumento, magari ti fermi, sbagli, cancelli, ricominci, sei totalmente libero.
Qui invece c’è una telecamera che ti vede e i mezzi sono limitati. Ma mi piace questa dimensione di verità, in realtà è molto mia, sono un istintivo, ogni volta che devo ripetere una cosa so che qualcosa va perduto in termini di pathos, feeling, interpretazione. Il live a casa è come un concerto, ma lì hai la band che ti sostiene e un pubblico che ti trasmette energia, qui sei solo e te la devi immaginare, questa energia».
E non c’è l’applauso alla fine.
«È una sensazione strana, come attraversare un fiume a nuoto, sei a metà e improvvisamente hai una secca, annaspi, ti sembra di non arrivare mai alla fine. È come un orgasmo interrotto».
Come passa queste giornate di clausura?
«Ammazzo il tempo facendo il mio mestiere, spero che restando a casa si riesca sconfiggere il virus.
Cambio arrangiamento ai vecchi brani, sistemo partiture, riascolto canzoni che non ho messo in alcun album, scrivo testi. Le giornate passano velocemente. Ora avrei dovuto essere in tour in America del Nord e penso a chi vive dei tour: lascia perdere me, che sono privilegiato, ma chi lavora intorno a noi e deve mantenere le famiglie, ne risente parecchio».
Fa cose diverse dal solito?
«Leggo i libri che non avevo avuto il tempo di leggere, ma godo di più a fare il giardiniere. Abito in campagna, ho un po’ di terra, in questa primavera assolata è bellissima la fioritura di melo, pesco, ciliegio. Vado con le forbicine e taglio, mi rilasso e penso. La cosa positiva è che, stando sempre in giro tanto, ci siamo ritrovati in tre, io, la mia compagna e Blu, mio figlio.
Guardiamo vecchi film che lui non conosce, l’altra sera abbiamo visto Novecento di Bertolucci».
Il suo nuovo singolo è “La canzone che se ne va”. Era il momento giusto per questo testo.
«È nata con un artista che si chiama Daniel Vuletic, vive a New York: mi ha mandato una strofa, l’ho completata, ho fatto l’arrangiamento e ho chiesto a Pasquale Panella se aveva un testo.
Lui è venuto con quest’idea della canzone che se ne va, mi è sembrata attualissima: quando pubblichi una canzone lei se ne va, non è più tua, ognuno ne fa quello che vuole. Alla fine dice “vedi c’è una luce, la canzone fa luce laggiù”. Quando ho visto che gli italiani hanno iniziato a cantare sui balconi, sui tetti, mi è sembrata quella giusta: una canzone avvicina le distanze, allevia e aggrega».
Cosa succederà con il tour?
«Abbiamo già posticipato al 2021 le date americane, stanno mettendo insieme lo stesso itinerario e le date verranno comunicate a breve.
Aspettiamo di capire cosa accadrà a settembre, avevamo previsto 14 date all’Arena di Verona ma non sappiamo come andrà a finire».
Nel frattempo è finito sulla copertina di Topolino.
«Una sorpresa fantastica. Vedermi trasformato in Sugar Duck mi ha fatto molto piacere, è meglio della copertina di Rolling Stone. Fa ridere, ma è anche un grande onore».