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 2020  aprile 18 Sabato calendario

Shirley Jackson, la signora degli incipit perfetti

Nel 1979 Stephen King pubblica L’incendiaria, storia di una bambina nata con un potere terribile che la rende sola e terrorizzata. La dedica del libro suona così: «In ricordo di Shirley Jackson, che non ha mai avuto bisogno di alzare la voce». In quasi tutti i libri di King ci sono una bambina, un bambino, o una donna costretti a trattenere la voce da sempre, che un giorno esplodono. E allora sono guai.
Shirley Jackson – maestra del gotico moderno – è un’incendiaria. Nata nel 1916 a San Francisco, si trasferì col marito in una cittadina del Vermont. Ebbe quattro figli, «una casa di diciotto stanze senza una domestica», dice in Paranoia, raccolta di scritti brevi, «due alani, quattro gatti e – sempre che sia ancora vivo – un criceto». Costretta per la maggior parte della giornata a ottemperare ai suoi doveri di madre e moglie, Jackson vagava per la casa (e dunque per la vita) con questo suo potere incendiario sempre acceso tra le mani. Cercando di trovare il tempo per sedersi e scrivere. Alcol, sigarette, psicofarmaci, Shirley Jackson friggeva dentro la sua vita stretta i cui confini erano tracciati dalle pareti di casa. Immersa fino ai capelli in un ruolo che non si era scelta, riemergeva per svelare il perturbante che c’è in tutte le cose. Creando romanzi e racconti – il primo che le portò successo è La lotteria, pubblicato nel ’48 sul New Yorker – a partire da ciò che vedeva ogni giorno. E ciò che vedeva non era una casa, ma un castello capace di aprire una diga atroce nell’anima di una giovane che ha passato la vita curando la madre malata, come in Hill House. Non erano due sorelle rimaste sole ma un nucleo capace di trasformare l’amore in distruzione e di nuovo in amore, come in Abbiamo sempre vissuto nel castello. Signora degli incipit perfetti, Jackson girava per casa segnandosi appunti in ogni dove, o svegliandosi la mattina e trovando una scritta su un foglio che non ricordava assolutamente di aver vergato, ma che la dava la chiave per sbloccare un romanzo che proprio non voleva saperne di trovare un senso.
Venendo ai nostri fantasmi, Adelphi ha da poco lanciato una nuova collana. Si chiama Microgrammi, e pubblica in ebook «alcuni dei testi che avremmo pubblicato in queste settimane e che usciranno in un futuro imprecisato». Qualche nome: Gadda, Simenon, Phillips. E, appunto, Jackson, in ebook con Pomeriggio d’estate, per la bellissima traduzione di Simona Vinci, due racconti finora inediti in Italia, pubblicati postumi dai figli, in America, nel ‘96. Quando sarà possibile, per Adelphi uscirà una raccolta in due volumi: il primo con dei racconti inediti (tra cui i due di Pomeriggio d’estate), il secondo con racconti editi solo in rivista. 
Ecco l’incendiaria Jackson nei suoi incipit. Invito a cena, il primo racconto: «Non è possibile, ci penso spesso, camminare più in fretta che si può e allo stesso tempo prendersi a calci da soli. Certo, uno si può fermare, se proprio ci tiene, e provarci, ma sembrerà un po’ sciocco, e io sciocca lo sembro già fin troppo». Pomeriggio d’estate, il secondo: «Rosabelle Jemima Henderson, che poteva aprire e chiudere gli occhi e aveva veri capelli da arricciare e acconciare, era adagiata sul cuscino rosa nel suo passeggino di bambola». Se l’acuminato, divertente, spaesante Invito a cena racconta di una donna che proprio non sa essere una donna – non sa cucinare – alle prese con un uomo che sa fare tutto e sa anche dirti precisamente come devi vivere tu – è bellissimo, intelligente e anche un gran cuoco –, il malinconico, struggente Pomeriggio d’estate ti percorre con un dito leggero, gelido, sulla schiena e ti suggerisce che sempre, oltre una stanza piena di giochi di bambina, a due passi da casa tua, anche quando sei piccola e passi le giornate a far niente con la tua amichetta perché avete «un sacco di tempo», ci può essere l’orrore, ma pure l’amore. La donna di Invito a cena si mette in testa di cucinare per l’uomo che sa tutto. Ma non sa fare altro che combinare guai (leggendolo pensavo, disastrosamente, a me). Perderà la sfida contro quell’uomo? O il perturbante che c’è in ogni cosa si paleserà davanti ai suoi occhi? Le bambine protagoniste di Pomeriggio d’estate vanno a trovare un’amichetta prima di cena, mentre il cielo «era ancora verde e le voci sembravano stranamente lontane». L’ignoto, anche qui, apre un varco nella realtà – per raccontare l’ultra-reale, dice Jackson, c’è bisogno di una gran dose di realtà –, e si palesa agli occhi solo di chi vuole vederlo, non più prepotente di un refolo di vento. 
L’incendio scoppia a ogni parola di questa grande scrittrice. Perché ha ragione lei: «Nessun organismo vivente può mantenersi a lungo sano di mente in condizioni di assoluta realtà». Io di sicuro non posso, nemmeno voglio: l’incendio della Jackson mi contagia e anche io mi aggiro prigioniera di una casa, ma so che posso aprire una porta sull’ignoto, e cominciare finalmente a vedere.