il Giornale, 18 aprile 2020
Quando il Covid ti fa ricco
Netflix adesso vale più della Disney. Merito dell’evasione che film e serie tv in streaming regalano a un terzo della popolazione mondiale obbligata a stare a casa. Jeff Bezos aggiunge 24 miliardi di dollari alla sua ricchezza, cresciuta del 20% e arrivata a un patrimonio netto di 138 miliardi di dollari. Merito del boom delle vendite online su Amazon (+81% in Italia), a cui ci si aggrappa per sfuggire al virus e alle code nei supermercati. Le azioni della Vir Biotechnologies di San Francisco, clinica fin qui poco conosciuta e specializzata nel settore immunologico, sono balzate di oltre il 100% da inizio anno. Merito della bramosa speranza di un vaccino.
Il coronavirus che in un mese ha fatto perdere 22 milioni di posti di lavoro negli Stati Uniti e ha già provocato il più pesante crollo della produzione industriale dal Dopoguerra, lascia molti a bocca asciutta e ingrassa pochi eletti. Vola lo streaming e Netflix tocca il massimo storico di 442 dollari per azione. Supera la Disney, ferita dalla perdita del settore legato ai parchi divertimenti, nonostante il servizio video Disney+ abbia superato in questi giorni quota 50 milioni di utenti, raddoppiandoli in un paio di mesi. Vola anche il nuovo servizio streaming su cellulare, Quibi, di Meg Withman. Lanciato nel bel mezzo della pandemia, si temeva non avesse grande successo, con la gente inchiodata a casa davanti ai grandi televisori. E invece ha raggiunto 1.7 milioni di download nella prima settimana. Nel frattempo, mentre i teatri periscono sotto i colpi del virus, la app di Startz, la tv via cavo nota per le serie Outlander e American Gods, vede le iscrizioni esplodere del 142%, tutti nuovi clienti avvisati che la tecnologia non ferma il lavoro di scrittura, produzione e post-produzione.
La pandemia bacia qualcuno e colpisce qualcun altro. E a volte fa entrambe le cose. Mentre Amazon annuncia, in controtendenza rispetto al disastro generale, 175mila nuove assunzioni in meno di un mese, 1400 delle quali in Italia, i lavoratori che non possono avvalersi dello smart working tremano. Mentre l’amministratore delegato Bezos si conferma uomo più ricco del mondo, i suoi lavoratori sono preoccupati del rischio contagio. Dopo la scoperta di un nuovo caso positivo al coronavirus, ieri è scattato lo sciopero al centro di distribuzione di Torrazza Piemonte. «Non c’è garanzia sulla salute», dicono i sindacati. «In Amazon si vende di tutto e i ritmi di lavoro all’interno dei magazzini e tra i corrieri sono forsennati». L’azienda replica dicendo di aver preso «tutte le misure precauzionali per la tutela della salute e della sicurezza dei lavoratori». Ma in Francia il colosso dell’e-commerce ha chiuso tutti i centri di distribuzione, almeno fino all’inizio della prossima settimana. La mossa arriva dopo che un tribunale di Nanterre ha ordinato di interrompere la vendita di beni non essenziali per proteggere i propri dipendenti dal virus. Chris Walls, un ex assistant manager di Amazon, licenziato durante l’emergenza coronavirus dopo le proteste organizzate nello stabilimento di Staten Island, a New York, ha scritto una lettera a Bezos: «Mi preoccupa a mancanza di protezione negli stabilimenti».