ItaliaOggi, 17 aprile 2020
Periscopio
Il Vaf alla Tav incrementa i Gap. Dino Basili. Uffa News.
Alberto Sordi era ghiotto di piatti semplici, pastasciutta (in particolare spaghetti al pomodoro con le polpette), anguria e Nutella (che metteva anche nel caffelatte). Igor Righetti, Alberto Sordi segreto. Rubettino, 2019.
Meditavo sul mondo nuovo del politically correct quando mi è tornato in mano un libro di lettura a scuola. L’autore è un accanito sprezzatore di femmine che segnalo alle autorità perché ritirino l’opera dalla circolazione. Sentite che scrive costui, credendosi spiritoso: «Corse verso la moglie Tessa, l’afferrò per le trecce, gettandola ai suoi piedi e bastonandola a più non posso in ogni parte del corpo, con calci e pugni, le strappò i capelli e ammaccò le ossa, insensibile alle grida di pietà. Dopo la fiera battitura, esclamò: Femina malvagia». Decamerone, Giovanni Boccaccio. Roba da Commissione di Liliana Segre contro l’odio. Senatrice, proceda. Giancarlo Perna. LaVerità.
Uno (Draghi) va al governo e l’altro (il Dibba) polarizza l’opposizione; la soluzione abbinata è l’ideale. Il Cavaliere senza macchia e senza paura che sfida i Draghi del Potere economico globale. Ammazza che sfida, che narrazione epica. Sarebbe l’ennesimo modo per eludere i problemi italiani, non dare risposte reali e politiche alla situazione, cercare alibi, rinvii e scorciatoie. E restare quel paese di bambini che un giorno eleggono in cattedra uno di loro e un altro reclamano l’Austero Direttore. Ma diventare maturi, avere docenti capaci, seguire un corso regolare e soprattutto mettersi a studiare, no? Marcello Veneziani. Panorama.
Noi Gino Strada non lo conosciamo, non discutiamo quel che fa negli ospedali afghani, ma quel che dice in Italia, ospite fisso di speciali e di talk show, non ci convince. Potremmo sbagliarci (non sarebbe la prima volta né l’ultima), ma le sue sortite e le sue sparate ci sanno di demagogia tanto al chilo. Per questo mancato dottor Schweitzer, che non suona Bach e non legge la Bibbia ma forse ama Bono e gli U2 e conosce Marx, magari in formato Bignami, le guerre giuste sono quelle della sinistra. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.
Quello lo conosco, quella pure. Quello ha fatto fallire tre concessionarie d’auto e ora ricicla orologi rubati in una gioielleria di Prati. Quell’altro è un architetto che ha svoltato fidanzandosi con un ricchissimo costruttore di Dubai. Questa ha trasformato la sua palestra nella miglior piazza di spaccio dei Parioli. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.
L’asta dei miei 130 abiti me l’ha appena organizzata Sotheby’s qui a Parigi. Tutte cose degli anni 60, quando vestivo Capucci, Balestra, Nina Ricci... Li tenevo a Roma, non m’importava niente, io metto Armani da quando si chiamava solo Mani. Poi però i miei figli si sono accorti che rischiavano di rovinarsi: c’è la pelliccia di paillettes presa per gli Oscar, gli abiti di scena del Magnifico cornuto... Un vestito del Gattopardo: pesantissimo, faceva male, mi stringeva così tanto che Alain Delon riusciva a cingermi la vita con le mani. Visconti una sera entrò in camerino e vide che sanguinavo. «Claudia, ma perché non me l’hai detto che soffrivi?». «Perché a soffrire non sono io, è Angelica, il mio personaggio». Claudia Cardinale (Francesco Battistini). Corsera.
Scrivere di poesia non è solo provare un sentimento: è rigore, necessità, metrica applicata al cuore. Ma anche incoraggiamento da parte di chi vide nel mio primo vagito una voce futura. Ad esempio Giovanni Giudici che venne ad Ascoli per una conferenza e stemmo insieme per qualche ora. Gli parlai di me, gli lessi qualcosa di mio e alla fine con generosità disse che avrebbe volentieri scritto sul mio lavoro poetico. Mi convinse a continuare. Ma non è stato semplice. Eugenio De Signoribus, poeta (Antonio Gnoli). la Repubblica.
Il cosiddetto boom economico, «la màkina» e la televisione come nuovo collante nazionale, divennero per Flaiano gli elementi accidentali e superficiali di chi intanto, e più o meno segretamente, scriveva d’altro: «Noi non sappiamo chi siamo, viviamo da passeggeri senza bagagli, nasciamo soli e moriamo soli»... Stenio Solinas. Il Giornale.
Penso all’esperienza dell’aurora boreale alle isole Lofoten, una bandiera gigantesca che si muove sulla tua testa e non capisci a quale velocità. Lì ho avuto precisa la percezione della potenza dell’universo: ti ridimensiona molto. Alberto Angela, divulgatore scientifico in tv (Elvira Serra). Corsera.
Ci sono due modi per spegnere lo spirito di una civiltà: nel primo (quello orwelliano) la cultura diventa una prigione; nel secondo (quello de Il mondo nuovo) diventa una farsa. Aldous Huxley, scrittore (Gian Paolo Serino). Il Giornale.
VERENA BAHLSEN – Voto: 3. Dopo un processo finito con una prescrizione, l’ereditiera dei biscotti dichiara alla Bild che durante la seconda guerra mondiale l’azienda di famiglia trattò «bene» i prigionieri costretti dai nazisti ai lavori forzati. Della serie: ti tengo schiavo, ma per il tuo bene. Come buongustaio, sapevo da una vita che i dolci Bahlsen sono pessimi. Ora ho anche capito perché. Stefano Lorenzetto. Arbiter.
I quattro fratelli Mosca, come gli altri «figli dei giornalisti» come gli «interni» dei Salesiani, i Confalonieri e i Berlusconi, come i ragazzi che andavano al Leone XIII o al Gonzaga o al San Carlo, esprimevano, respirandola dai loro genitori, la comica e penosa spocchia dei parvenu della piccola borghesia degli anni 50. Mentre noi, da ragazzini, portavano tutti i calzoncini corti fino all’inguine, i Mosca li avevano lunghi fino al ginocchio «perché così li porta Carlo d’Inghilterra». Massimo Fini, Ragazzo. Marsilio, 2007.
I mori che invasero la Spagna non furono, all’inizio, se non nelle élite di comando, degli arabi. La massa d’urto era composta da berberi. Sbarcarono dal Nord Africa nel 711, pappandosi quasi tutta la penisola a velocità da Blitzkrieg; favoriti dalla decadenza dei poteri ispano-visigoti e, negli spostamenti militari, delle arterie stradali di eredità romana. Marco Cicala, Eterna Spagna. Neri Pozza, 2017.
Tutt’Italia era in arme: i Francesi parevano i più forti; ed oltre l’amor di patria che mi spingeva a combattere il nimico più pericoloso, avevo una vecchia ruggine co’ Francesi e colle loro insolenze. Massimo D’Azeglio, Ettore Fieramosca. Vallardi, 1963 (prima edizione 1833).
Il giornalismo è la più inesatta delle scienze. Ecco perché tanti lo praticano. Roberto Gervaso. Il Giornale.