Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  aprile 17 Venerdì calendario

La quarantena di Giovanni Trapattoni

Difesa e contropiede. Molto attenti alle marcature, ma già pensando a quando si potrà di nuovo attaccare e vincere. Il Trap gioca così da una vita, e adesso ancora di più. Il telefono nella sua casa a Cusano Milanino, nel cuore della Lombardia ferita, rimanda indietro una voce inconfondibile, vitalissima e piena di grinta.

Mister, la sentiamo in grande forma!
«Eh, allora tocco, diciamo così, ferro».
Come sta vivendo questo tempo così difficile?
«Resto tranquillo in casa, nel mio studio dove custodisco i ricordi: le coppe, le fotografie, i cimeli, ma soprattutto la collezione di musica classica. Ecco, ne sto ascoltando tantissima. E poi faccio le parole crociate, l’altra mia grande passione».
Sappiamo che lei è sempre molto attivo sui social: il suo messaggio agli italiani è stato uno dei primi e più seguiti, all’inizio dell’emergenza.
«In quel breve video dico che è il momento di stare tutti in difesa. Ci sarà tempo per uscire di nuovo dall’area di rigore».
Come trascorre le giornate?
«Con mia moglie Paola guardiamo le fotografie. Poi, per fortuna hanno inventato le videochiamate, così possiamo parlare con i nostri figli Alessandra e Alberto, con i nostri nipoti Edoardo e Riccardo e possiamo vedere il piccolo Davide, nato a luglio dell’anno scorso, quando sono diventato bisnonno: è il primato di cui più vado orgoglioso, auguro di cuore a tutti di arrivare a provare una gioia simile».
Come sta vivendo, lì in Lombardia, questa spaventosa situazione?
«Non bisogna ragionare da lombardi o da europei, ma da esseri umani. E come essere umano devo dire che è molto dura».
Ha paura?
«Non per me, ma per i miei ragazzi, i figli e i nipoti. E più in generale per tutti i giovani. Dal punto di vista personale sono sereno, anche se preoccupato. Sarà una grande prova per tutti».
Nelle partite più difficili bisogna restare calmi: come riuscirci?
«Dobbiamo pensare a chi sta facendo andare avanti l’Italia, e trovare forza da queste persone.
Penso ai tanti professionisti che rischiano la vita per noi: la cassiera del supermarket, gli operatori ecologici, le forze dell’ordine, la Protezione Civile, l’Esercito, la Croce Rossa, e naturalmente i medici e gli infermieri. Sono loro, adesso, la nostra grande squadra. Ma non dimentichiamo che di quella squadra facciamo parte tutti, e tutti dobbiamo fare la nostra parte».
Come vive l’assenza di sport un uomo di campo come lei?
«Il calcio e lo sport mi mancano, naturalmente. Farne a meno mi rattrista, perché lo sport è vita e gioia. Neppure le guerre mondiali lo avevano fermato del tutto, e questo ci fa riflettere sulla gravità del problema. Ma sono sicuro che lo sport sarà alla base della ripresa: ci darà forza e passione. Il calcio è lo strumento più semplice e potente per unire i giovani di tutto il mondo, va oltre ogni confine e ogni ideologia, va anche più in là della politica. Ci servirà per ricominciare, speriamo migliori».
In cosa dovremo cambiare?
«Sarà il caso di riflettere su questo consumismo sfrenato, anche se temo che prima o poi ritornerà. Per un cambiamento davvero radicale serviranno le nuove generazioni, quelle così attente al destino del pianeta».
È difficile immaginare Trapattoni chiuso in casa.
«Non esco neppure per fare due passi, è una cosa strana per me, ma necessaria. Mio nipote e il suo papà ci portano la spesa a casa, questo mi fa un po’ effetto, ma viene il momento in cui bisogna affidarsi agli altri. Vuol dire che sarà ancora più bello riprendere la vita normale, uscire, stare insieme e abbracciarci».
Mister, lei ha appena compiuto 81 anni: che compleanno è stato?
«Eh, il 17 marzo ho festeggiato da solo, non c’era scelta però mi sono arrivati tantissimi auguri via social. È stato molto bello e cercherò di rispondere a tutti».
Ha qualcosa da dire, da allenatore, a chi ci legge?
«Di rimanere in forma, curare l’attività fisica e fare un po’ di ginnastica anche a casa. Non dimentichiamo che gli stili di vita scorretti uccidono più dei virus».
I ricordi quanto servono per resistere?
«Molto. Io avevo un vecchio scatolone di fotografie, ormai lo avevamo portato in cantina, ma dall’anno scorso con l’aiuto di mio nipote Riccardo ci siamo messi a scegliere immagini e le abbiamo scannerizzate. I ricordi ci chiamano indietro, ma sono anche energia».
Le capita di sognare?
«Sì, sogno ancora di giocare a calcio e di allenare»
E il futuro, Trap, come se lo immagina?
«Sono credente, ho avuto una vita felice, ringrazio Dio per questo e davvero non chiedo altro. Nessun rimpianto, se non per gli amici che se ne sono andati. Dopo gli ottanta è come andare ai supplementari: questa è diventata la mia partita, e la gioco meglio che posso. Arrendersi, mai».