17 aprile 2020
Biografia di Carlo Bonomi (quattro articoli)
Rita Querzé, Corriere della Sera
Nato a Crema, famiglia di professionisti, studi negli Stati Uniti, a San Diego, Carlo Bonomi è un imprenditore di prima generazione. La sua azienda, fondata nel 2013, si chiama Synopo e produce strumenti e attrezzature consumabili per la neurologia. Synopo a sua volta nel 2015 ha acquisito Sidam srl e Btc Medical Europe. Il settore è sempre lo stesso: biomedicale. Nell’insieme il gruppo fattura 17 milioni di euro e dà lavoro a un centinaio di persone tra Milano e Modena.
Sul suo privato il presidente designato di Assolombarda è riservatissimo. In passato si è favoleggiato di una moglie socia in affari. Tutto falso. Niente mogli — né passate né in carica — e nemmeno figli. Al capitolo «hobby e sport» da segnalare una passionaccia per l’Inter. E il piacere per le immersioni coltivato sulle più belle spiagge del mondo. Questo fino a tre anni fa. Poi è arrivata la presidenza di Assolombarda e Bonomi di tempo libero non ne ha più avuto. La prima sfida è stata la riorganizzazione della struttura tramite la promozione di personale interno. E fin da subito la preparazione della scalata a Viale dell’Astronomia.
Ai critici che gli rinfacciavano il fatto di non avere il pedigree dell‘imprenditore con fatturato a nove zeri, Bonomi ha sempre risposto con il suo profilo da uomo d’azienda per scelta e non per destino familiare. Nello stesso tempo il suo punto di forza è stato la capacità di rappresentare al meglio proprio la grande impresa che in Assolombarda trova il suo salotto: dalla famiglia Squinzi alla Bracco, dai Dompé ai Rocca (Gianfelice Rocca lo aveva voluto in Assolombarda come vicepresidente con delega al Credito).
Da solo, però, tutto questo non basta. Se Bonomi ha doppiato la sua contendente per numero di voti è stato anche grazie al lavoro certosino e paziente con cui ha costruito legami e alleanze con le altre territoriali. Del Nord, certo: l’imprenditore non ha mancato un’assemblea delle associazioni sopra la linea del Po ed è riuscito a unire a suo favore (fatta eccezione solo per Verona) persino le confindustrie del Veneto, di solito insofferenti rispetto al primato industriale dai milanesi. Ma non ha trascurato nemmeno le territoriali del Sud con cui ha firmato accordi di collaborazione. Quando poi al suo fianco si è schierata anche Unindustria Lazio e due king maker come i past president Luigi Abete ed Emma Marcegaglia (in passato al fianco sia di Giorgio Squinzi che di Vincenzo Boccia) è diventato chiaro che Bonomi sarebbe stato il candidato da battere.
A far pendere definitivamente il piatto della bilancia a favore di Bonomi è stato il ritiro dalla corsa del presidente di Federlegno-Arredo Emanuele Orsini e di Giuseppe Pasini, presidente degli industriali di Brescia. Gran parte dei loro consensi sono andati al presidente di Assolombarda, come aveva certificato anche la relazione degli stessi saggi di Confindustria.
Durante la campagna elettorale il presidente designato non ha risparmiato nulla al governo (per la verità era stato critico in passato anche rispetto al Conte uno, contestando sia Reddito di cittadinanza che Quota 100). Le sue prime parole dopo la designazione lasciano intuire che la linea non sia cambiata. Di una cosa però si può star certi: Bonomi non è tipo da toni urlati e trasgressione delle regole. Durante la campagna elettorale ha fatto del rispetto dello statuto una bandiera. Altro tratto distintivo del suo mandato: la riorganizzazione di Viale dell’Astronomia.
Ad avvelenare il clima negli ultimi giorni qualche voce (vicina all’entourage di Bonomi) legata all’inadeguatezza del sistema di voto a distanza. Ieri sera a condividere indirettamente qualche dubbio è stata la stessa Licia Mattioli: «Sono sorpresa molto più che amareggiata dall’esito dell’elezione, non posso non chiedermi dove siano finiti i voti dei tantissimi che mi avevano espresso sostegno». Al presidente designato, ora, il compito di ricompattare anche le parti dell’organizzazione che non sono già al suo fianco. E soprattutto di fare fronte alla sfida di una congiuntura economica tra le più complesse.
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Andrea Bassi, Il Messaggero
Chi lo conosce e lo frequenta definisce Carlo Bonomi un uomo riservato. Di più, riservatissimo. Un tratto caratteriale che, tuttavia, non gli ha mai impedito di essere diretto nel suo discorso pubblico. E forse, anche in questo caso, qualcosa in più. Quando l’allora ministro dello Sviluppo Luigi Di Maio si presentò a Milano convinto di ricevere gli applausi per il decreto Dignità appena approvato, gli rovinò la festa rinfacciandogli «scelte sbagliate». Al presidente del Consiglio Giuseppe Conte seduto in prima fila all’ultima assemblea di Assolombarda, disse: «Stupiteci» e «non diteci che volete tassare le merendine e i biglietti aerei per finanziare il buco contributivo di Alitalia». Neanche a Matteo Salvini, ai tempi del Papetee, le aveva mandate a dire: «Non si guida un Paese da un balcone o da una spiaggia». Cinquantaquattro anni, nato a Crema (Cremona), Bonomi è un imprenditore del settore biomedicale. Laureato in economia e commercio ha iniziato la sua carriera professionale in uno studio di commercialisti per poi entrare nel settore medicale, prima come dirigente in una multinazionale farmaceutica, poi come investitore diretto, rilevando una società nella strumentazione per analisi di laboratorio. Nel 2013 ha avviato Synopo, società che opera nel settore della strumentazione e dei consumabili per neurologia, di cui è presidente del cda. L’unico svago che gli si attribuisce è quello delle immersioni subacquee.
Oltre che nel suo programma presentato per la corsa alla presidenza della Confindustria, le sue linee direttrici Bonomi le aveva già esplicitate dal palcoscenico della Scala durante l’ultima assemblea di Assolombarda nel discorso pronunciato, caso unico, davanti al Capo dello Stato Sergio Mattarella. In quell’occasione aveva messo alcuni punti fermi della sua idea di futuro. Un’idea basata su cinque pilastri: «Lavoro, giovani, donne, tecnologia e sostenibilità». Non è solo uno slogan. Dietro ci sono idee chiare. C’è, per esempio, la netta contrarietà a Quota 100 e al Reddito di cittadinanza, due misure che secondo Bonomi non portano sviluppo e che dovrebbero essere riviste. A suo avviso tutte le risorse, compresi i 9,4 miliardi spesi ogni anno per il bonus da 80 euro di Matteo Renzi, andrebbero destinati a un grande taglio del costo del lavoro. I giovani, poi, dovrebbero avere stipendi più alti del minimo contrattuale, per evitare che le menti migliori prendano la via dell’estero. Ma soprattutto nel programma di Bonomi c’è la difesa a spada tratta della classe imprenditoriale dal sentimento anti-industriale che da tempo serpeggia nel Paese. Il presidente designato di Confindustria lo ha ricordato anche ieri, nel suo primo discorso a porte chiuse (e in streaming) agli industriali. «La politica – ha detto – ci ha esposto a un forte sentimento anti-industriale». Poi ha aggiunto: «Non pesavo di sentire più l’ingiuria che le imprese sono indifferenti alla vita dei propri collaboratori. Sentire certe affermazioni da parte del sindacato mi ha colpito profondamente. Credo che sia giunto il momento di rispondere con assoluta fermezza». Ma il sindacato non è l’unico avvisato. Il tema inevitabilmente è la ripresa delle attività produttive. Agli imprenditori che lo ascoltavano Bonomi ha parlato di una «classe politica smarrita, che non sa che strada prendere». Per questo Confindustria d’ora in avanti chiederà di partecipare ad ogni tavolo: una richiesta non nuova da parte di Bonomi, il cui obiettivo è impedire che si continuino a fare scelte sbagliate. Non a caso ieri ha fortemente criticato l’idea di ricorrere ai codici Ateco per stabilire i settori che possono riaprire i battenti nella Fase 2, un’idea palesemente anacronistica per un sistema imprenditoriale che in questi anni è profondamente cambiato. Così come è scontato che si batterà contro la strategia di far indebitare le imprese per sopperire al crollo dei ricavi, perché «il debito – aveva detto di recente – non può essere confuso con il fatturato».
Da giorni schierato con il fronte imprenditoriale che vorrebbe riaprire quanto prima le attività produttive, non esita però a sottolineare che ciò deve avvenire nel pieno rispetto delle regole di sicurezza perché una seconda ondata di contagio avrebbe conseguenze terribili. Un messaggio, ancora una volta, diretto.
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Teodoro Chiarelli, La Stampa
Sicuramente è uno che non le manda a dire. E che non manifesta complessi di inferiorità verso la politica. Il 3 ottobre riesce a portare per la prima volta all’assemblea di Assolombarda il Capo dello Stato, Sergio Mattarella, e il premier Giuseppe Conte. Tutti si aspettano il solito discorso di circostanza, visto che quella kermesse vuole essere il suo trampolino di lancio per il salto al vertice di Confindustria. Invece Carlo Bonomi chiede senza tanti giri di parole di far ripartire l’Italia e conclude sferzante: «Questa volta, stupiteci». Ora, però, fresco vincitore della sfida con Licia Mattioli per la presidenza degli industriali, il cinquantaquattrenne imprenditore cremasco dovrà dar fondo a tutte le sue capacità di far rete anche con la politica se vorrà giocare un ruolo importante nel post-coronavirus.
Non possiede il carisma indotto dal blasone, non avendo alle spalle un’azienda di peso e di nome, bensì una piccola società con meno di dieci dipendenti, la Synopo. Ma Bonomi, assicurano i suoi non pochi sostenitori - a iniziare da quattro big dell’imprenditoria lombarda, Diana Bracco, Marco Tronchetti Provera, Gianfelice Rocca e Alberto Bombassei - incarna fino in fondo un certo spirito confindustriale. Uno dei tanti discepoli, come il suo mentore Luigi Abete, del mai dimenticato Piero Pozzoli, Gian Burrasca di viale dell’Astronomia e gran fautore negli anni Settanta dello svecchiamento dell’elefantiaca organizzazione padronale. Metodico, minuzioso, caratterialmente riservato (non è sposato e non ha figli, ma non transige sulla sua privacy anche con i collaboratori più stretti) è tifoso dell’Inter e ha una grande passione per le immersioni. Laurea in Economia e commercio, Bonomi è a capo di Assolombarda dal 2017. Dicono che sia particolarmente attento all’agenda dei propri appuntamenti dove arriva sempre con largo anticipo. Gli intimi lo descrivono come uno spirito conviviale, amante della musica anni ‘80, della buona cucina e del cinema.
Ecco, sarà Bonomi, da domani, a dover "stupire" i sostenitori dell’oggi e i non pochi detrattori che storcono il naso dubitando della sua adeguatezza al ruolo. Le sue prime dichiarazioni, subito dopo l’esito della votazione, lasciano intravvedere gli obiettivi. Parla di «politica smarrita», critica duramente la gestione della crisi, punta il dito sul proliferare di comitati e comitatini che invece di supportare il governo creano confusione, spara sulla gestione dei codici Ateco e sprona gli imprenditori: «Dobbiamo indicare la strada, ora cambiamo noi l’Italia».
In effetti la sfida è, senza retorica, da far tremare i polsi. A undici anni dal disastro del 2008 ancora non abbiamo raggiunto il Pil pre-crisi. Ora si è aperta una nuova voragine e sarà tremenda perché arriva su un Paese strutturalmente debole. I dipendenti costretti a casa per la pandemia sono 8,8 milioni, il 60% della manifattura è bloccata, da qui a fine anno alle imprese serviranno 30 miliardi di liquidità, mentre il Fondo Monetario prevedequest’anno per l’Italia un crollo del 9,1% del Pil. «Non è il momento di gioire - dice infatti Bonomi - Dobbiamo metterci immediatamente in condizioni operative per affrontare con massima chiarezza ed energia la sfida tremenda che è davanti a noi: portare la posizione di Confindustria su tutti i tavolo necessari rispetto a una classe politica che mi sembra molto smarrita e che non ha idea della strada che deve percorrere il nostro Paese».
Secondo il presidente designato, occorre riaprire le produzioni, evitando però una seconda ondata del contagio. «La voragine del Pil è tremenda, ma è una grande occasione per cambiare l’Italia». Misurato nei toni, ma netto e severo nei giudizi, il presidente designato non si sottrae al rito dell’attacco generalizzato alla politica. «Ci ha esposto a un pregiudizio fortemente anti-industriale che sta tornando in maniera importante in questo Paese. Non pensavo di sentire ancora l’ingiuria sulle imprese indifferenti alla vita dei propri collaboratori. Ascoltare certe affermazioni da parte del sindacato mi ha colpito profondamente. Credo che dobbiamo rispondere con assoluta fermezza». Maurizio Landini & C. sono avvisati.
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Nicoletta Picchio, Il Sole 24 Ore
È una sua convinzione profonda. Una parola che diventa un valore: insieme. E che si declina ad ampio raggio: nel lavoro di imprenditore, nell’impegno associativo, in quello sociale. «Facciamolo, tutti insieme», sono le parole che Carlo Bonomi ha pronunciato alla fine del suo discorso all’assemblea di Assolombarda, il 3 ottobre, facendo un appello alla società italiana, imprese, sindacati, mondo della finanza della ricerca e del terzo settore, oltre che delle istituzioni, per costruire l’Italia. Quella «filiera futuro» che si basa su lavoro, giovani, tecnologie, sostenibilità e produttività.
«L’impegno di tutti per cambiare l’Italia», ha sollecitato ieri, subito dopo la designazione, parlando in Consiglio generale. Torna quell’«alleanza pubblico-privato»che ha chiesto un mese fa, nelle prime settimane dell’emergenza Covid-19, pensando al futuro del paese e incalzando il governo ad avere una strategia di lungo termine, con una visione internazionale. La grande cooperazione che, come ha sostenuto in più occasioni, ha fatto reggere l’Italia nelle sue fasi più difficili: nel periodo della ricostruzione, dopo la seconda guerra mondiale; del terrorismo; dell’inflazione; del rischio di insolvibilità che ha portato alla crisi del 2011.
Bonomi arriva alla guida di Confindustria in una situazione economica drammatica, con numeri equiparabili a una congiuntura di guerra. Diventa quindi ancora più cogente il suo appello a società civile e istituzioni, nel loro ruolo di ceto dirigente, a lavorare insieme. «Il futuro che vogliamo parte da noi».
Un rimboccarsi le maniche che lo contraddistingue nel lavoro, prima manager e poi imprenditore, e nei vari ruoli che ha ricoperto nel mondo associativo di Confindustria. Bonomi è nato a Crema, il 2 agosto del 1966. Famiglia di professionisti, è imprenditore di prima generazione. Vive per un periodo a Firenze, città cui resta molto legato, a Siena e poi si trasferisce a Milano. La sua passione per la ricerca, l’innovazione, le scienze della vita lo spinge a lavorare in una multinazionale farmaceutica e a restare nello stesso settore da imprenditore: nel 2013 nasce la Synopo, oggi la capogruppo, di cui Bonomi è presidente, nel 2015 acquisisce la Sidam, leader nella produzione di consumabili nella diagnostica per liquidi di contrasto, e successivamente la BTC Medical Europe, che opera nella produzione di consumabili utilizzati in oncologia ed emorecupero post operatorio. Un piccolo imprenditore, quindi, che però unisce nella sua formazione l’esperienza manageriale in strutture complesse, che passa anche per le multinazionali, e il confronto costante con le grandi imprese che ha coinvolto nel vertice di Assolombarda, da Bracco a Pirelli, Dompé, Techint, Vodafone. Non ci sono grandi contro i piccoli, un’industria contro i servizi, è il pensiero di Bonomi, che ha messo in pratica anche nei precedenti ruoli confederali, tra cui vice presidente dei Giovani di Assolombarda, presidente del Comitato tecnico fisco con la presidenza Boccia. Non esiste neanche un Nord contro il Sud: va esteso a tutto il paese quel metodo di collaborazione tra istituzioni, governo locale, imprese, ricerca, mondo della cultura e della società civile che ha portato Milano a vincere l’Expo nel 2015 e le Olimpiadi invernali di Cortina.
«Occorre costruire dal basso una nuova fiducia», il punto su cui insiste Bonomi. Che a gennaio è andato a Davos, al World Economic Forum, «per inserire le nostre imprese nelle sedi in cui si disegna il futuro della manifattura globale». Uno sviluppo sostenibile, che poggia su tre assi: generazionale, pensando al futuro dei giovani, sociale e ambientale. Quel Green New Deal che da Davos porta al Manifesto di Assisi, sostenuto da Bonomi e presentato in Assolombarda. Il suo impegno sociale non è solo associativo, con l’Advisory Board dedicato alla responsabilità sociale delle imprese, voluto da lui poco dopo la nomina a presidente di Assolombarda. È anche personale, con il tempo che dedica alla lotta contro il cancro. Di sé parla poco, interista e con la passione per le immersioni. E nonostante le difficoltà che si troverà davanti nella carica di numero uno di Confindustria si dichiara da sempre ottimista: «Altrimenti non potrei fare l’imprenditore».