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 2020  aprile 16 Giovedì calendario

Periscopio

Circolano auguri selvaggi, aug aug. Dino Basili. Uffa news.
Direbbe ancora al verde Mauro Paissan che è «una checca con le unghie laccate di rosso?». «Nooo! Fu un errore colossale. Mauro è bravo e simpatico, quel mio insulto alla Camera lo ha perseguitato per anni». Francesco Storace, direttore del Secolo d’Italia (Concetto Vecchio). il venerdì.

Questa pagina ammette il dissenso ma, purtroppamente, si nutre di adorazione. Massimo Bordin, già curatore della rassegna stampa di Radio radicale (Francesco Merlo). il venerdì.

Perché tre, elenca con pazienza l’anonimo grand commis, sono le risposte classiche che i politici, anche di primo piano, si sentono di norma rivolgere dai direttori generali della pubblica amministrazione: «Non è possibile», «È impossibile», «È assolutamente impossibile»; per poi concludere: «Se ti dimostri titubante ti mangiano vivo». Filippo Ceccarelli. il venerdì.

«Questa pandemia è il tipico incidente della Storia. Un precedente, per capirci, è stata Sarajevo: un luogo remoto, un fatto inaspettato, improvviso e in sé drammatico ma non percepito subito come tale, ma poco dopo la Grande Guerra e la fine della Belle Époque e, con questa, la caduta della vecchia Europa. La Storia non si ripete per identità perfette, ma gli incidenti sempre ricorrono». Si può dire che nel suo libro Le tre profezie, Giulio Tremonti aveva previsto tutto. O quasi. Giulio Tremonti, ex ministro dell’economia (Andrea Indini). il Giornale.

Sono passate le otto di sera e i pochi uffici aperti hanno chiuso da un pezzo. Su Milano città sta scendendo la notte, in giro non c’è più nessuno. I semafori passano dal rosso al verde al rosso, senza che un’auto transiti. In lontananza, il lamento di una sirena di ambulanza. Luci blu lampeggianti di polizia e carabinieri percorrono lente le strade vuote. Se incroci un raro passante con la mascherina sul volto, e spesso i guanti, è perché porta fuori, di fretta, il cane. Sembra d’essere in guerra. Marina Corradi, scrittrice. Avvenire.

Ridicoli ma estrosi i surrogati di mascherina: sciarpe, foulard, chador, caschi per la moto, maschere sub, passamontagna. Mai come in questi giorni è stato invidiato il burqa. Vedevi in giro quest’umanità banditesca che si faceva più minacciosa nelle rare auto: dove andranno a fare la rapina così conciati? Marcello Veneziani. Panorama.

Pansa diceva che Craxi e lui si conoscevano da quando lui portava ancora i pantaloni alla zuava e Bettino aveva i capelli. A Roma, all’inizio, scendeva nello stesso hotel, il Raphael. Andò via perché ogni sera Craxi lo aspettava per lamentarsi di quel che scriveva Repubblica. Ora una rivista ha fatto un parallelo, ha scritto contro «la santificazione di Pansa e Craxi». Ma è un parallelo che non regge. È vero che sono state entrambe in qualche modo due figure tragiche. Ma uno era un uomo di potere; l’altro era semplicemente un giornalista libero. Giampaolo non ha mai amato quelli che si intascavano «il malloppo», come lo chiamava lui. Altri hanno scritto che smaniava per fare il direttore. Una menzogna: gli hanno offerto più di una direzione, e ha sempre rifiutato. «Non voglio né ubbidire né comandare», diceva. Voleva semplicemente scrivere quel che pensava. Adele Grisendi, moglie di Giampaolo Pansa (Aldo Cazzullo). Corsera.

Gli attori sono particolarmente cortesi. Forse perché ridondanti sulla scena, la loro sobrietà privata colpisce di più. Si dedicano all’intervistatore senza i secondi fini del politico che ti riempie di chiacchiere per guadagnare più voti. L’attore, a parere mio, punta a presentarsi spogliato dai suoi personaggi, in vera intimità. Giancarlo Perna. La Verità.

In Francia la sinistra tifava tutta per Sartre, non certo per Aron. I due furono compagni di università ma ben presto esplose fra di loro la polemica ideologica e culturale. Anche se, alla fine della loro vita, si riconciliarono. Yves Mény, scienziato della politica (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Anzi, per i teologi progressisti ero conservatore. Ho sempre votato a sinistra, turandomi il naso. Solo la prima volta scelsi la Dc. Ero amico di Enrico Berlinguer. Il suo braccio destro, Tonino Tatò, veniva alla mia messa festiva con Franco Rodano e Mario Melloni, il Fortebraccio dell’Unità. In ossequio alla scomunica del Pci decretata dal Sant’Uffizio, dal 1949 i primi due si erano astenuti dalla comunione. A volte si univa Letizia, la moglie di Berlinguer. Con il quale lavorai alla famosa lettera spedita nel 1977 al vescovo Luigi Bettazzi, che sfociò nella revoca della professione di ateismo marxista-leninista dallo statuto del Partito comunista. Gianni Gennari, 80 anni, ex prete, oggi collaboratore di Avvenire (Stefano Lorenzetto). Corsera.

Fiorello è il più bravo di tutti oggi. È una benedizione. Sa fare tutto. E si sveglia presto. Alle 7, quando mi alzo io, mi aveva già mandato con WhatsApp le battute per Viva Raiplay, che lui poi utilizzava per il Muppet. Vincenzo Mollica (Concetto Vecchio). il venerdì.

La mia padrona di casa non è venuta all’importante ricevimento dell’altissima nobiltà tedesca, perché non si sentiva bene. «Vada con mia figlia che la presenterà come uno scrittore italiano che ha appena pubblicato un libro su Bach, una cosa molto chic, sicuro. Non dirà invece a nessuno che è anche giornalista, questo piace molto meno, e non scriverà nulla di nulla, né luogo, né fatti, né persone». Piero Buscaroli, Paesaggio con rovine. Camunia, 1989.

Gianese, sotto sotto, era incuriosito dal vecchio. Uno che contava prima che lui nascesse. Uno che parlava una lingua ricercata, rotonda, da cattolico manzoniano, a lui sconosciuta. Una persona gentile, quasi melliflua, mentre lui era cresciuto con la rudezza della rete, con la necessità quasi fisica di aggredire l’avversario. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

Gianni Brera, come tutti gli uomini della sua generazione, che hanno attraversato il fascismo e la guerra, aveva avuto una vita abbastanza avventurosa. Fascista, giovanissimo, era stato catturato dai partigiani e stava per essere messo al muro. Ma il comandante della brigata, Nino Seniga, il mio vecchio e caro Nino, un ebreo di grande coraggio e di altrettanta umanità, disse che non si poteva fucilare un ragazzo di vent’anni. «Teniamolo con noi e mettiamolo alla prova». Così Brera divenne partigiano. Massimo Fini, Ragazzo. Marsilio, 2007.

Niente riposa come alternare il lavoro. Guido Morselli, Il comunista. Bompiani, 1976.

Che la politica sia bella lo dicono quelli che non sanno fare altro. Roberto Gervaso. Il Messaggero.