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 2020  aprile 16 Giovedì calendario

Intervista a Mario Vargas Llosa,

«Finalmente è uscito il sole», dice alle 5 del pomeriggio Mario Vargas Llosa, Nobel per la Letteratura, che ha appena compiuto 84 anni. «Questo solleva un po’ lo spirito». Lo scrittore peruviano trascorre l’isolamento nella sua casa di Madrid, leggendo gli Episodios nacionales di Benito Pérez Galdós : «Questo confinamento è qualcosa di formidabile per me perché ho non ho mai avuto tanto tempo per leggere. Di solito lavoro molto la mattina, ma due o tre pomeriggi a settimana ho sempre qualche riunione, qualche intervista. Ora non viene nessuno, posso leggere dieci ore al giorno!».

E sta leggendo Galdós.
«Sì, praticamente ho già finito gli Episodios nacionales. Un’opera gigantesca, in un linguaggio accessibile e divertente. Descrive il caos, le contraddizioni, l’arbitrarietà di quelli che dirigono i giochi».
Trova in questa lettura qualcosa che la colleghi alla Spagna di questo mese?
«Indubbiamente. Pensavamo di aver dominato la natura con il progresso e la modernità. E invece, no! È una grande idiozia. Prova ne è che tutto questo ha colto di sorpresa praticamente tutti i Paesi. Nessuno era preparato a una tale sfida. Un cinese mangia un pipistrello e questo provoca una pandemia che terrorizza il mondo. Questo ci fa capire quanto sia relativo il progresso, come questa fiducia possa farci delle sorprese molto spiacevoli. E una delle lezioni da trarne è che dobbiamo essere più preparati all’imprevedibile».
Anche la globalizzazione è in discussione.
«Il prezzo negativo della globalizzazione è questo. D’altra parte, essa permette ai Paesi poveri di sconfiggere la povertà a grande velocità, cosa imprevedibile qualche anno fa. Sarebbe una cosa molto negativa se, a seguito di questa pandemia, la globalizzazione dovesse regredire e ristabilissimo quelle frontiere che con tanta fatica abbiamo ridotto».
Non trova sorprendente che una potenza come gli Stati Uniti sia attaccata da un virus e possa essere difesa solo dalla scienza, dal caso o dalla speranza?
«Gli Stati Uniti, che sembravano essere al di là del bene e del male, erano molto impreparati. Il progresso ci ha portato tanti benefici e confidavamo nel fatto che non ci sarebbero più state spiacevoli sorprese. Ebbene, no!».
Lei è stato uno dei primi a denunciare la manipolazione della Cina sul proprio caso.
«Il caso della Cina è interessante perché sono in molti a stupirsi dei progressi che hanno fatto e che ora la pongono come modello: sacrificare le libertà aprendo un libero mercato nell’economia. Ora si è dimostrato che il progresso senza libertà non è progresso, e il caso della Cina è stato lampante. Un Paese che si vede scosso da una simile pandemia, che nasce nel suo seno, e di fronte alla quale i leader stessi agiscono in modo autoritario, cercando di nascondere ciò che i migliori medici cinesi hanno denunciato che sarebbe accaduto. È stata la tipica reazione di un sistema autoritario: negare le cose, costringendo quei medici a ritrattare. Si sarebbero potute risparmiare tante vite se un governo come quello cinese avesse subito informato la popolazione».
Trump, Bolsonaro e Johnson sono stati riluttanti a capire che questo riguardava anche loro...
«Hanno proceduto in modo irresponsabile, pensando di poter eludere la minaccia. Credo che gli elettori dei Paesi democratici liberi non lo dimenticheranno».
Come vede la situazione in America Latina?
«Lì, per fortuna, la pandemia è arrivata in estate. Sta colpendo, ma molto meno rispetto a quanto avrebbe potuto fare d’inverno. Altrimenti sarebbe difficile spiegare perché in Perù, con un’infrastruttura non all’altezza della sfida, ci siano stati meno morti che altrove. In ogni caso, il mio Paese ha risposto in modo energico e rapido, tanto che la popolarità del presidente Martín Vizcarra è cresciuta notevolmente».
Condivide gli allarmi sulla possibilità che le norme per combattere la pandemia danneggino le libertà civili?
«Senza dubbio. Purtroppo questa è una delle conseguenze del panico generale prodotto dalla pandemia... Era in corso un processo di dissolvimento dei confini. La globalizzazione funzionava abbastanza bene. Tuttavia il terrore di questa pandemia rischia di riportarci indietro, quasi un ritorno alla tribù, facendoci credere che quelle frontiere ci proteggeranno meglio dalla pandemia».
Come giudica l’atteggiamento dell’Europa?
«Un progetto sovranazionale come questo porta tanti benefici. È ingiusto criticare i Paesi che hanno fatto bene i loro compiti e ora si trovano esposti alle richieste di quelli che non sempre hanno fatto il loro dovere. Finalmente c’è stato un accordo dopo un difficile negoziato. Hanno accettato di far parte di un’unità come quella europea e noi condivideremo questo progresso grazie alla comprensione di chi ha fatto bene i suoi compiti».
Lei ha avuto paura?
«In una situazione come questa, in cui vediamo amici scomparire portati via dal virus, è impossibile che la paura della morte non ci contagi. È una reazione sana e naturale. Ma, grazie alla morte, la vita è meravigliosa, ha queste fantastiche compensazioni, come la lettura, per esempio. Mi auguro che cresca grazie alla pandemia!».


©El País/Lena, Leading European Newspaper Alliance
Traduzione di Luis E. Moriones