Corriere della Sera, 16 aprile 2020
La crisi dell’equitazione
Soffrono a essere confinati in casa, inattivi, lontani da campi di gara e allenamento come tutti i 4,5 milioni di sportivi italiani. Ma i 32.180 cavalli tesserati alla Federazione italiana sport equestri (Fise) non si lamentano e aspettano pazientemente che l’incubo coronavirus passi.
«Quella dell’equitazione – spiega Marco Di Paola, presidente Fise – è una realtà di 300 mila addetti, se consideriamo anche discipline parallele come trotto e galoppo, che riempie e migliora la vita delle persone. Siamo gli unici ad avere atleti-uomini e atleti-cavalli. Quello degli animali in questo periodo è un problema serio: dallo scoppio dell’epidemia sono affidati completamente ai circoli e ai maneggi perché i proprietari non debbano muoversi da casa, rischiando di diffondere il contagio. Sono istruttori e collaboratori che li sfamano, li tengono puliti, li fanno passeggiare per tenerli in salute perché di allenamenti adesso non se ne parla. E circoli, istruttori e manutentori sono in gravissima difficoltà economica».
La Fise (al momento unica Federazione in Italia) i soldi per mantenere in attività circoli e maneggi li ha tirati fuori di tasca propria, senza aspettare gli stanziamenti statali: 400 mila euro per fieno e mangime, 100 mila di rimborsi tasse già versate, un micro-credito di 500 euro sul «salvadanaio» federale dei 1.800 circoli affiliati e aggregati (massima concentrazione in Lombardia, epicentro del contagio) per far fronte ai pagamenti più urgenti.
«Abbiamo una prospettiva olimpica e agonistica in otto discipline – continua Di Paola —, ma siamo anche promotori di benessere psicofisico per decine di migliaia di persone, compresi i disabili che praticano ippoterapia con risultati davvero importanti. Tutti gli sport hanno problemi ma che si discuta solo di quelli del calcio professionistico mi fa un po’ male».
Cosa serve all’equitazione per sopravvivere alla crisi del coronavirus? «Ci serve ripartire presto e in sicurezza – risponde il presidente —. Alla sicurezza stiamo già lavorando: il nostro è forse lo sport dove i distanziamenti sono maggiori. Per l’accesso alle strutture ci saranno regole rigorose. Ci serve poter ricominciare con allenamenti e lezioni: i cavalli hanno vita agonistica relativamente breve e migliorano tecnica e prestazioni solo se restano in attività. Ci serve, ovviamente, del denaro: per il solo mese di maggio abbiamo calcolato 12 milioni di mancate entrate per un sistema che contribuisce per quasi tre miliardi di euro l’anno al Pil nazionale. Anche la semplice esenzione dell’Iva sui mangimi e sul loro trasporto può essere una boccata d’ossigeno importante, come pure la concessione dei contributi figurativi ai dipendenti. Non si può pensare all’aiuto solo sotto forma di incentivo all’indebitamento».
L’attività agonistica all’aperto ha scarse possibilità di ripartire: la stagione finisce a settembre e l’evento clou, il concorso di Piazza di Siena a Roma, è già stato annullato. Per quella al coperto bisogna già cominciare a muoversi: cavalieri e cavalli attendono risposte rapide.