La Stampa, 16 aprile 2020
I Millennials tra i più colpiti dalla crisi
Se per caso sono riusciti ad evitare la recessione del 2008 innescata dal crac di Lehman Brothers, che magari li ha solo appena sfiorati, certamente lo choc del coronavirus li prenderà in pieno. E saranno dolori. I Millennials, i giovani nati a cavallo del 2000, per definizione i meno protetti dal punto di vista del reddito, delle garanzie sul lavoro e di una pensione decente poi a fine carriera, oggi si trovano infatti di fronte ad un vero baratro e rischiano di pagare molto cara questa che si presenta come una crisi senza precedenti. La recessione si prevede che peserà non poco sui lavori più precari colpendo ragazzi assunti con contratti a progetto, contratti di somministrazione o a termine, gli stagionali del settore del turismo o che lavorano per bar e ristoranti come pure tanti giovani professionisti, avvocati, architetti e neolaureati delle discipline più varie, che si vedranno saltare rinnovi contrattuali, cancellare incarichi e promesse. La crisi colpirà anche tante start-up, che in tempi di recessione faranno fatica a reperire capitali ed in molti casi dovranno licenziare e tagliare stipendi. «È la prima volta che avere una start-up non è più così cool», ha scritto su Forbes Chiara Cecchini, 29 anni e co-founder di Future Food Network.
I trentenni di oggi, magari riusciranno a percepire il bonus da 600 euro e per qualche mese terranno botta, ma stando agli esperti sono quelli che di qui in avanti vedranno ridursi di più le possibilità di trovare un lavoro e che rischiano più di altri di perdere il posto. Forse li si riesce ad aiutare nell’immediato grazie ai sussidi dello Stato (sono però tanti anche quelli senza alcuna tutela), ma ad essere compromessa oggi rischia di essere innanzitutto la possibilità per loro di riuscire ad impostare un progetto di vita.
Il sondaggio Ipsos-Toniolo
Secondo l’indagine «Essere giovani ai tempi della pandenia», condotta dall’Ipsos per l’Osservatorio giovani dell’Istituto Toniolo nel pieno della prima fase dell’emergenza sanitaria, quasi due under 35 su tre vede un futuro molto fosco: economia, reddito, disoccupazione, persino le tasse a loro giudizio peggioreranno sensibilmente. Così come la formazione, la competitività delle aziende e i servizi per le famiglie. Il 42,2% degli intervistati nella fascia 20-34 anni ha infatti già visto peggiorare le condizioni di lavoro, mentre il 51,5% ha visto peggiorare la situazione economica e quasi la metà (il 49,3%) si aspetta un futuro peggiore, dato che cresce se ci si riferisce alla salute (53%) e soprattutto al lavoro (56,7%). Sono preoccupati per possibili ricadute sul reddito delle famiglie, la tenuta del welfare pubblico e l’inasprimento delle diseguaglianze: tutti timori trasversali a tutte le età e le componenti sociali, ma che risultano più accentuate nelle fasce più deboli (si va dal 61,8% dei laureati al 66,8% di chi ha titolo basso).
Consapevoli ma preoccupati
«I dati evidenziano una grande consapevolezza da parte dei giovani del momento difficile che sta attraversando l’Italia e della necessità delle misure drastiche adottate. Sulle ricadute di tali misure c’è forte preoccupazione sia per i costi che determinano sul Paese, sia sul proprio percorso formativo e professionale», spiega Alessandro Rosina, coordinatore scientifico dell’indagine, secondo il quale però emerge «anche una grande voglia di reagire positivamente, di guardare oltre la normalità e quotidianità passata (in cui molte cose si davano per scontate), di pensare in modo diverso (e positivo) a se stessi e alle proprie capacità, di riscoperta di valore della vita e delle relazioni».
Negli Usa i dati ci dicono che il 52% degli under 45 sono stati licenziati, messi in aspettativa o si sono visti ridurre l’orario di lavoro, contro il 26% degli over 45. In Italia non ci sono ancora molti dati disponibili, ma la situazione è già da allarme rosso. Secondo l’ultimo rapporto Svimez, in Italia ci sono circa 1 milione di lavoratori a termine (350mila al Sud e 650 mila nel Nord) che in questa fase sono rimasti senza tutele e circa 800 mila i disoccupati in cerca di prima occupazione che per effetto della crisi presumibilmente non potranno accedere al mercato del lavoro nei prossimi mesi, concentrati prevalentemente nel Sud (500 mila a fronte di 300 mila nel Centro-Nord). In entrambi questi ambiti il peso dei giovani è rilevante, come lo è tra i più garantiti, ovvero tra gli occupati delle imprese.
Il peso delle attività congelate
Tra le attività dei comparti produttivi sospesi in base ai decreti del governo, secondo l’ultimo report dell’Inapp, l’Istituto nazionale per le politiche pubbliche, si contano infatti 943.935 giovani di età compresa tra i 15 ed i 29 anni (47,6% del totale): 289.097 nell’industria e 654.838 nei servizi. Che beneficeranno certamente degli ammortizzatori sociali ma le cui attività sono messe a rischio da un eventuale stop troppo prolungato e dalla crisi galoppante. Rischi grandi che corrono pure molte delle imprese rimaste attive, ma non necessariamente più solide, che occupano un altro milione di under 29. Anche per loro il futuro, inutile dirlo visto il Pil in caduta verticale, si presenta alquanto incerto.