Corriere della Sera, 15 aprile 2020
Intervista a Bebe Vio
Bebe Vio, una campionessa mondiale 20enne nei giorni della pandemia.
«Sono a Mogliano Veneto con mamma, papà, mia sorella Sole e mio fratello Nico. Non esco di casa. Per la spesa ci pensa papà. Noi stiamo bene, sono fortunata per la famiglia che ho».
Il virus sta cambiando il mondo.
«Sono vicina a tutti coloro che stanno soffrendo. Pochi giorni fa è morto un amico di famiglia che d’estate passa le vacanze all’Elba come noi. Sconvolgente. E mi rendo conto anche del problema economico che c’è e ci sarà anche per l’azienda dove lavora papà».
Come trova abbiano reagito gli italiani?
«In maniera civile. Non mi aspettavo una risposta così. Amo cantare l’inno e vedere la nostra bandiera dopo una vittoria. È l’orgoglio che dovremmo sventolare sempre. Ora più che mai sono fiera di essere italiana».
Nel mondo i metodi non sono stati univoci.
«Non capisco perché conoscere la nostra situazione non sia servito subito per organizzarsi altrove».
Apprezza l’operato di Conte e del Governo?
«Non voglio dare giudizi politici, ma vedo che prende decisioni, dà regole e ci mette la faccia. Ascolta gli esperti. Si può apprezzare o meno, ma ha preso in mano la situazione».
Si aspettava di più dall’Europa?
«A me piace il gioco di squadra. Senza non si va da nessuna parte. Mi aspetto che si collabori insieme. Sono fiduciosa».
I grandi campioni si sono mobilitati.
«Anche con campagne di ricerca fondi, a molte ho partecipato, nel mio piccolo. E poi ci si è dati da fare per intrattenere le persone a casa, lo hanno fatto artisti e sportivi».
Tutti si sono stretti a chi lavora in prima linea.
«A loro va un grazie enorme. Chi ha vissuto in ospedale come è successo a me e molti paralimpici sa quanto siano importanti medici, infermieri, terapisti. Mi viene in mente Lorena, mamma di uno dei ragazzi di “art4sport” e infermiera in un ospedale di Lodi, i suoi doppi o tripli turni di queste settimane. Li ammiro profondamente».
Alex Zanardi, qui sul «Corriere», disse: ognuno faccia la sua parte.
«Alex è una guida. Ha ragione: seguiamo le indicazioni. E cerchiamo di farlo con il sorriso, noi che possiamo. Lo dobbiamo a chi soffre».
I Giochi sono stati rinviati.
«Me lo aspettavo, giusto così. Non vedevo l’ora si arrivasse a una decisione, non mi piace l’incertezza».
Che cosa ha pensato?
«Ai lati positivi. Per esempio: dopo il fioretto, potrò migliorare nella seconda arma, la sciabola, dove non sono certo bravissima. E poi i miei compagni del progetto “Fly2Tokyo”, nato nella nostra associazione “art4sport”, avranno più tempo e possibilità per qualificarsi».
Anche altri Giochi che le stanno nel cuore sono stati rinviati.
«I Giochi senza Barriere, che ogni anno a giugno organizziamo con “art4sport”. Ci divertiamo un sacco, lì non ci sono disabilità, ma tanti amici e giochi insieme. Avremo tempo, magari questo autunno o quando si potrà. E sarebbe bello portarli di nuovo anche a Milano, ne abbiamo parlato con il sindaco Sala».
Come passa le giornate?
«Ammetto: mi piace dormire e ora mi godo questa possibilità, cosa che non facevo mai. Colazione e studio. Nel mio corso alla John Cabot, la mia università, non siamo molti e i professori riescono a seguirci. Nel pomeriggio, oltre a grandi partite a burraco, esercizi per tenermi in forma. Ma in questi giorni sono molto presa da una sfida che ho lanciato su instagram».
Cioè?
«La “Living Room Cup”, con la campagna Nike “Play inside, play for the world”. Mi ha passato la palla Cristiano Ronaldo. Che impressione pensare che dopo di me ci saranno campioni come lui».
Di che si tratta?
«Un esercizio da ripetere il più possibile in 45 secondi. Il mio sono riuscita a farlo 20 volte. Ora tocca a voi, in questi giorni potete provare a battermi. È divertente».
Con la cucina come va?
«Sono un disastro, ma ci provo. Mi insegna mia sorella Sole: carbonara, crepes. Mi serve anche per migliorare l’uso delle protesi delle mani, è utile».
A 11 anni ritrovarsi in poche settimane senza braccia e gambe. Quel che ha passato la aiuta ad affrontare momenti così difficili?
«Ho capito che bisogna adattarsi e imparare a godere di quel che si ha. Con una meningite come quella che ho avuto pochi sopravvivono. Devo essere felice anche per tutti coloro che non hanno più potuto esserlo».
Gli atleti paralimpici sono simboli di resilienza e rinascita.
«È vero. Alcuni sono partiti da una situazione difficile, altri hanno vissuto un cambiamento radicale della loro vita. Eppure sono stati capaci di recuperare e puntare sulle abilità che hanno. La situazione che stiamo vivendo ha devastato molte vite e cambiato il mondo. Bisogna sapersi adeguare e ripartire. Gli atleti paralimpici e la loro esperienza sono emblemi di questo».
In che modo?
«Sapersi rialzare anche se si deve vivere in maniera diversa da prima. Giusto ci siano aiuti. Nessuno è capace di riprendersi da solo. Dobbiamo pensare alle nostre capacità residue per far ripartire il mondo».