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 2020  aprile 15 Mercoledì calendario

Giappone, il miracolo della piccola Mao

Oggi tutti i riflettori sono puntati su di lei, la piccola Mao Takeshita, sei anni: ultima interprete della tradizionale rappresentazione kabuki che si tiene in primavera a Damine, Giappone centrale, prefettura di Aichi. L’anno prossimo andrà a scuola dove sarà, forse, l’unica allieva, e lo spettacolo rituale, che si tiene ogni anno da 370 anni, è in serio pericolo. 
Il villaggio di Damine era già stato salvato una volta. Proprio 370 anni fa. Era l’epoca degli shogun. A Damine, allora villaggio non tanto piccolo – oggi ha 250 abitanti – comandava un signore della guerra molto temuto. Leggenda vuole che un suddito, un’estate, tagliò un albero per ricostruire un tempio che lo shogun aveva raso al suolo, e l’albero era nei possedimenti reali. Il signore promise vendetta. La popolazione, terrorizzata, fece voto a una divinità buddista della pietà, Kannon (o Guanyin): se li avesse salvati, avrebbero messo in scena una celebrazione con le forme tradizionali del teatro poi chiamato kabuki (erano proprio gli anni in cui quest’arte fioriva: la prima attestazione della parola ka-bu-ki, che vale «canto»-«danza»-«abilità», è del 1603).
Il fioretto funzionò. Era giugno, ma – racconta la tradizione – il caldo fu spezzato da un’incongrua nevicata: la tempesta e il gelo dispersero i signorotti, e gli abitanti di Damine furono salvi. Da allora lo spettacolo kabuki che coinvolge i bambini del villaggio si tiene ogni anno, guerre mondiali incluse. 
La trama è difficile da riassumere, e l’allestimento è sempre un po’ diverso: la scuola di Damine, tre sole classi, pareti di legno e un piccolo teatro scolastico, sta aperta e non viene accorpata ai plessi scolastici del circondario praticamente solo per questo show.
Le forze da cui Damine oggi va salvata – e forse non basterà la bravura artistica della piccola Mao – sono due. La popolazione è sempre più vecchia. In Giappone un quarto degli abitanti ha più di 60 anni, e sarà un terzo, proiettano i demografi, entro il 2050. Nelle zone rurali ancora di più: a Damine i bambini residenti sono appena tre. Il secondo nemico del villaggio è il kaso, l’abbandono cioè dei giovani che vanno in città a cercare lavoro, in corso da almeno cinquant’anni. Del resto, l’unico comparto produttivo che nella zona di Damine cresce stabilmente è la cura degli anziani, con 70 posti di lavoro liberi alla nuova casa di riposo. L’amministrazione locale aveva lanciato, tre anni fa, un programma di ripopolamento: offriva a chi fosse venuto a stare a Damine terra a prezzi stracciati, e anche fino a 45 mila euro di contributi per arredare la casa. 
Sulle pareti della scuola di Mao Takeshita ci sono le foto di classe di tutti gli anni dell’ultimo secolo, e vanno da grandi foto di gruppo di ragazzini in kimono a piccoli drappelli di insegnanti con tre, quattro bambini vestiti all’occidentale. Anche la maestra di teatro, la signora Suzume Ichikawa, che insegna a Mao e agli altri bambini da generazioni le complicate movenze del kabuki, ha ormai 82 anni. «Verrò rimpiazzata da un tutorial», ha detto alla giornalista del New York Times che ne ha raccontato la storia. La scuola, se l’anno prossimo ci resterà solo Mao, è a rischio chiusura. Il miracolo della salvezza di Dalmine è tutto sulle sue piccole spalle.