La Stampa, 15 aprile 2020
Trent’anni senza Greta Garbo
La stessa routine dal 1950 al 1990: scrivere poesie, occuparsi del giardinaggio in terrazzo, disegnare vestiti comodi, fare ginnastica. Greta Garbo forse nemmeno si sarebbe accorta dei divieti di un mondo che aveva smesso di frequentare. Se ne è andata da 30 anni, ma si è autosegregata molto prima e il giorno in cui è morta, il 15 aprile 1990, non ha lasciato nessuna risposta ai tanti misteri che hanno fatto di lei la donna più seducente, la più difficile da capire, la più semplice da etichettare: diva, con tutti i misteri che il ruolo comporta.
Greta Garbo è un fascino presente anche se non è più in circolazione dalla metà degli Anni Quaranta, l’ultimo film Non tradirmi con me, è una commedia mal concepita datata 1941. La scusa ideale. In cerca di una via di uscita da una carriera impossibile da gestire si abbandona alla presunta isteria per un raro insuccesso che la lascia in realtà ormai quasi indifferente. Non ha più voglia di essere venerata così toglie il disturbo e lo fa con una determinazione che sfida la natura umana. Saluta Hollywood e senza una parola, si trasferisce a New York, nell’upper east side di Manhattan, sulla 52esima strada, vista fiume e l’indirizzo è importante. Se aveste avuto i soldi di una star globale sotto contratto per 15 anni con la Mgm, un monte guadagni intorno ai 3 milioni di dollari (cifra che oggi supererebbe i 40) e aveste potuto scegliere il posto dove passare la vostra quarantena, quale sarebbe stato? Garbo punta su una città che ama e che può consentirle l’anonimato. A Manhattan può mettere gli occhialoni, i cappelli giganti, impermeabili fino ai piedi, le immancabili ballerine con cui è sempre stata su ogni set, grazie a costumi di scena lunghi abbastanza da evitarle il tacco. Una delle tante clausole pretese nel contratto. Passa da centro dell’attenzione planetaria a reclusa e lo fa in un appartamento da sette stanze, con la boiserie sparsa ovunque e i toni lilla in sala e nelle camere. La «sfinge svedese» amava il rosa. Forse ha scelto l’arredamento pregustando la beffa, l’ennesimo punto interrogativo davanti alla scoperta di un pezzo del puzzle che non si incastra da nessuna parte.
È tutto così. Lei è l’attrice impossibile eppure quasi tutti quelli che hanno lavorato al suo fianco si sono divertiti, lei è la sola donna che riesce ad avere l’ultima parola su ogni decisione anche se sono tempi in cui le major pagano tanto proprio per avere il controllo assoluto. Lei lascia all’altare il povero John Gilbert, partner da copione in La carne e il diavolo, Il destino, Anna Karenina e La regina Cristina e pure questa è una ricostruzione posticcia: i due si frequentano davvero ma intensificare la relazione fino al matrimonio mancato probabilmente è solo ottima pubblicità. Lei sarebbe gay perché rapita da una fitta corrispondenza con Mercedes de Acosta, salvo poi non trovare una sola parola che giustifichi il pettegolezzo dentro le lettere che le due si scambiano, almeno non nelle 81 firmate Garbo. Bisognerebbe frugare dentro le 101 spedite dalla poetessa de Acosta. Lei, seria e imperturbabile, però la stessa che si diverte a prolungare i baci anche a scena finita per mettere in imbarazzo i colleghi.
In Grand hotel si attacca alla bocca di John Barrymore per tre minuti dopo la fine del ciak. Fa scherzi in camerino, non parla con nessuno. Fa la spia durante la seconda guerra mondiale o è il retaggio di «Mata Hari». Detesta il prossimo e scrive cartoline in cui ammette di sentirsi sola. Non c’è nulla di certo, forse nemmeno nulla di vero, si nasconde tra gli interni costruiti su misura, prima tra i tendaggi e gli strascichi della finzione, poi nella tappezzeria pesante dei salotti di casa. Insegue ruoli forti e protagoniste morenti o perdenti, costruisce un mito che a un certo punto la annoia. Rende moda le sopracciglia ad ali di gabbiano. Non si lascia mai pestare i piedi e quando teme di perdere il filo lo molla. Di scatto.
Per anni non esce se non per fugaci comparsate in strada nelle ore di punta e adesso che noi siamo in quelle condizioni senza averlo voluto, dalle videoteche, aperte per il pubblico rinchiuso, escono i suoi film: Ninotchka, la Garbo ride, Margerita Gautier, la Garbo muore. Una catena di splendidi enigmi, compreso il più assurdo: come sia riuscita a isolarsi per metà della vita senza impazzire.