Il Sole 24 Ore, 15 aprile 2020
Il piano della Germania per ripartire
Programmare l’imprevedibile per proteggere senza riserve la salute dei cittadini e dell’economia. È questa la Germania colpita dal coronavirus, un Paese che ripone nella coesione e nella solidarietà, nella disciplina e nella lungimiranza, nella pianificazione e negli aiuti e investimenti, le sue speranze sul contenimento della pandemia. Procedendo con prudenza a piccoli passi dove il terreno è scivoloso e impervio come quello medico-sanitario, a grandi passi con audacia dove il terreno è solido e praticabile come quello dei conti pubblici e delle fabbriche. L’obiettivo politico, condiviso dal governo federale e dai 16 Länder, è ora l’avvio, forse già da oggi – dopo l’atteso consiglio dei ministri con la partecipazione dei presidenti degli Stati-regione e sotto la regia della cancelliera Angela Merkel – di un graduale processo di normalizzazione dopo qualche settimana di restrizioni non durissime. «Siamo solo agli inizi della pandemia», è però lo steccato dentro il quale la politica e l’industria sono costrette a muoversi, che è il monito dell’istituto epidemiologico Robert Koch (RKI) che invita a non abbassare la guardia, nonostante il rallentamento dei contagi, la tenuta del sistema sanitario e un tessuto industriale sfilacciato ma non ancora lacerato.
Segnali incoraggianti
Il numero dei contagi in Germania ieri è salito di 2.082 nuovi casi, un dato minimo da tre settimane. L’aumento orbita da qualche giorno attorno a quota 2.000, lontano dai picchi, ma il direttore del RKI Lothar Wieler non si accontenta, perché la raccolta dei dati è stata rallentata dalle festività pasquali e perché il rapporto del contagio, sceso a 1,2 nuovi casi per ogni persona infetta dai 5 iniziali, deve calare sotto 1 cioè arrivare allo zero virgola. Il totale dei casi registrati elettronicamente dal RKI è arrivato a 125.098 mentre i decessi sono circa 3.000, con un incremento di contagiati e deceduti nei nuovi focolai in ospedali e ospizi (i decessi per l’86% dei casi sono ultra 70enni).
Quel che sale allo stesso tempo sono i test, la chiave di volta: dopo cinque settimane, al 6 aprile sono stati fatti 1.317.887 tamponi (da 87.000 la prima settimana a 398.000 l’ultima con il 9% positivi), di cui 100.901 totali risultati positivi. Il test in Germania si fa a chi ha avuto contatto diretto con contagiati, chi ha problemi respiratori seri, o una polmonite virale in corso collegata a ospizi o ospedali o casi Covid-19, a chi lavora in strutture mediche e ospedaliere. A giorni partiranno anche i test a caccia di persone immuni: decolleranno su piccoli campioni (15.000 o 2.000 persone) nei Länder con alti contagi, cadenza ogni 14 giorni. Sui risultati, che potrebbero arrivare tra un mese, c’è cautela: non si sa quanto dura l’immunità e non è facile individuare gli anticorpi del Covid-19. Wieler si è detto soddisfatto di essere riuscito intanto a separare due ceppi influenzali, i malati da normale influenza e quelli da Covid-19: e conta molto sull’utilizzo di una nuova app per la tracciabilità dei casi, hanno già aderito in 300.000. Soddisfatto ieri anche il ministro della sanità Jens Spahn, secondo il quale il sistema sanitario sta reggendo bene: i letti in terapia intensiva ancora disponibili sono circa 9.000 e sono stati quasi raddoppiati in meno di un mese dagli iniziali 28.000.
Industria pronta a ripartire
Il 19 aprile e nei giorni successivi le grandi case automobilistiche Bmw, VW, Daimler-Mercedes Benz dovrebbero riaprire le principali fabbriche in Germania: hanno chiuso i battenti per circa un mese in attesa del ritorno degli ordini, che dall’Asia e soprattutto dalla Cina stanno riprendendo vigore alla svelta, e nella speranza del ripristino delle filiere con gli allentamenti del lockdown in Italia e Spagna.
«La maggior parte delle nostre 6.400 Pmi non ha chiuso, le più colpite sono state quel 20% collegato all’industria automobilistica, ma altri settori come alimentare, chimico, farmaceutico producono – ha detto al Sole 24Ore Thilo Brodtmann, direttore della VDMA, l’associazione delll’ingegneria meccanica e impiantistica con oltre 1,3 milioni di lavoratori -. La pandemia ha trovato le nostre Pmi in buona salute, debiti azzerati e capitale adeguato dopo sette anni di crescita solida,possono reggere il lockdown. Ma la programmazione resta fondamentale per noi: dobbiamo avere chiare linee guida dal governo sulle prossime fasi di allentamento delle restrizioni, serve una standardizzazione nei Länder in Germania e in Europa». Le restrizioni, ammette Brodtmann, sono state leggere finora: mantenere anche in fabbrica la distanza di sicurezza di 1,5 metri e massima igiene. «Non è chiaro se le mascherine diventeranno obbligatorie», ha detto. La VW è già pronta a fabbricarle per tutti i dipendenti, a ognuno tre lavabili.
Piccoli passi, normalità lontana
La GroKo che si riunisce oggi con i governatori-presidenti delle 16 regioni, per decidere se e come allentare gradualmente le restrizioni, ha sul tavolo due dossier. Da un lato il più grande pacchetto di aiuti del governo nella storia della Germania, pari al 45% del Pil che starebbe dando i primi frutti, implementato rapidamente: Soforthilfe, 50 miliardi di helicopter money per le micro Pmi (al quale si aggiungono aiuti a fondo perduto dei Länder) e prestiti illimitati KfW con 1.200 miliardi di garanzie dello Stato al 90% o 100% per imprese medie e grandi, un imponente sostegno pubblico per il Kurzarbeit (orario ridotto), 156 miliardi i nuovo debito pubblico. Dall’altro lato il rapporto dell’Accademia delle Scienze “Leopoldina” che suggerisce come riaprire a singhiozzo scuole, ristoranti, uffici pubblici, piccoli eventi.
Qualche sopracciglio però si è alzato già ieri: RKI, che non vuole sentire parlare di normalizzazione, e molti politici preferiscono il ritorno a scuola di studenti in età in grado di applicare le norme igieniche e la distanza di sicurezza. Altri vedono il maggior problema nella chiusura degli asili, perchè i bambini molto piccoli sono difficili da gestire a casa in smart working.