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 2020  aprile 15 Mercoledì calendario

Periscopio

Furoreggiano nuovi «supereroi»: Spartix e Sorteg. Dino Basili. Uffa News.
Da quando non crediamo in Dio, crediamo in tutte le puttanate possibili. Beppe Grillo (Paola Pellai). Libero.

Il risultato dell’azione della polizia del pensiero e delle parole è che parliamo per stereotipi. Per uscire dal coro e dire qualche verità, bisogna apparire bizzarri, come fanno benissimo i Vittorio Sgarbi, i Mauro Corona ecc. È la nuova convivenza che il globalismo ci ingiunge per ridurci tanti decerebrati governati dall’alto. Giancarlo Perna. LaVerità.

Giuseppe Conte non è. Non è un leader, non è un eletto, non è un politico, non è un tecnico, non è nulla. È il Nulla fatto premier. E lo conferma ogni giorno adattandosi come acqua corrente alle superfici che incontra. È la plastica rappresentazione che la Politica, dopo lo Scarso, lo Storto, il Pessimo, ha raggiunto lo Zero, la rappresentazione compiuta del Vuoto. Marcello Veneziani. Panorama.

VINCENZO MOLLICA. Voto 10. È andato in pensione dopo 40 anni trascorsi al Tg1. Di tutti i giornalisti incontrati nella sede Rai di Saxa Rubra, inclusi alcuni direttori, fu l’unico che volle venirmi incontro nonostante la cecità gl’impedisse di vedere il corridoio e il morbo di Parkinson lo facesse vacillare. In compenso è entrato con passo sicuro nel cuore di artisti e telespettatori. Ci resterà. Stefano Lorenzetto. Arbiter.

Fui sottosegretario nel primo governo del Cavaliere ma non l’ho mai frequentato. È vero che poi Bossi fece il ribaltone. Ma scelse Buttiglione, Cuccia e D’Alema, seguo l’alfabeto, solo perché ebbe in cambio più di quanto gli garantiva Berlusconi. Franco Rocchetta, ex leader della Lega (Stefano Lorenzetto). Corsera.

La stanza di Alessia, attaccata alla mia, era diventata un’anticamera sempre affollata di persone famose, ignote, profumate, trasandate, glorie invecchiate e giovani in cerca d’autore, che volevano sì presentarsi ma anche annusarmi, capire che tipo di animale ero, fin dove potevo spingermi, quanto sarei durato, per poi riportare le loro impressioni su e giù per i piani del palazzone, nei vialetti e nelle stanzette di Saxa, da Settembrini o da Vanni, i locali più in voga della movida circostante. Carlo Verdelli, Roma non perdona – Come la politica si è ripresa la Rai. Feltrinelli, 2019.

Sto a casa tutto il giorno, come tutti. E faccio l’unica cosa che so fare: lavoro. A seconda dei fusi orari. Ieri ho fatto teleconferenze con il Giappone il mattino e con Los Angeles il pomeriggio. Chiudere un cantiere è difficilissimo. In quello di Paddington Station, a Londra, lavoravano migliaia di persone. Non ci si può fermare di colpo, bisogna mettere tutto e tutti in sicurezza. In Cina la settimana scorsa ha riaperto il cantiere di Hang-Zhou, la vecchia capitale, sul lago. Renzo Piano, architetto e senatore (Aldo Cazzullo). Corsera.

Suor Remedios, della Congregazione delle Cistercensi bernardine d’Esquermes, quella mattina era in cucina e stava preparando la colazione al cardinal Aldrovandi: spremuta d’arancia, marmellata di fragole e mirtilli che il cardinale si faceva arrivare direttamente dalla Provenza, burro, fette biscottate integrali, ciliegie – «sorellina mia, senza primizie che vita sarebbe?» – e poi due fette di bacon pronte a friggere e due uova da bere subito. Aldo Cazzullo, Fabrizio Roncone, Peccati immortali. Mondadori, 2019.

In Italia il nuovo ordine politico, la nuova letteratura, la nuova arte furono opera di una classe borghese cresciuta in reazione al feudalesimo. Quei nuovi italiani non erano nobili, bensì mercanti, viaggiatori, emigranti, banchieri, soldati e marinai che si opponevano ai rappresentanti dell’Imperatore o del Papa. Essi svilupparono il commercio e l’industria delle città e cercarono sbocchi per i loro prodotti in Italia e all’estero. La popolazione aumentava e la ricchezza si accumulava. I ricchi erano pronti ad accumulare denaro per abbellire la vita, per assicurarsi i migliori artisti, per adornare chiese e palazzi. Così si formò una classe che non solo produceva, ma studiava, comparava e assimilava la cultura. Giuseppe Prezzolini, L’Italia finisce, ecco quel che resta. Rusconi, 1994.

Marco Travaglio descrisse i giornalisti che celebravano Giorgio Napolitano, per dire, parlando di «lavoretti di bocca e di lingua sulle prostate inerti e gli scroti inanimati», continuando a sfottere il prossimo per i difetti fisici: Giuliano Ferrara «donna cannone», «donna barbuta», il suo ex amico Mario Giordano «la vocina del padrone», poi Brunetta eccetera. Filippo Facci. Libero.

Il celebre politologo francese Raymond Aron racconta nelle sue Mémoires che avendo, nel 1931, scritto un articolo sul nazionalsocialismo, si sentì criticare di non essere stato abbastanza elogiativo dal suo professore all’università di Colonia, Leo Spitzer, che era ebreo. Brigitte Sauzay, Le vertige allemand, La vertigine tedesca. Olivier Orban, 1985.

Mi sono fatto un discorso: «Hai 73 anni. Sei vecchio. Certo, devi fare tutto quello che ti dicono per non prendere il coronavirus. Per non morire. Però, se dovesse accadere – (perché può accadere) – considera che quello che dovevi dire, più o meno, l’hai detto. Quello che dovevi scrivere, bene o male, l’hai scritto. Te ne puoi andare anche senza maledire troppo la sorte». Walter Siti, scrittore (Nicola Mirenzi). Huffington Post.

Mia madre frequentava gli amici con cui era cresciuta: Renato Guttuso, Enzo Sellerio, Nino Franchina. Poi i miei si separarono. Fosco tornò per un periodo in Giappone e Topazia, assecondando il suo anticonformismo, si trasferì a Roma, dove aprì in Trastevere una galleria d’arte. In quello spazio fecero le prime mostre romane Kounellis, Pascali, Manzoni. Toni Maraini, storica dell’art (Antonio Gnoli). la Repubblica.

Mio padre fece sette anni di prigionia sotto gli inglesi. Prima in Egitto. Poi in India. Una Odissea che papà riuscì a trasformare in una opportunità. Imparò infatti perfettamente l’inglese, divenne l’allenatore della squadra di calcio del campo e, soprattutto, iniziò a studiare a fondo i segreti dei tabloid britannici, gli unici giornali che arrivavano nel campo. Cristina Nutrizio, figlia di Nino, fondatore de la Notte (Nino Materi). Il Giornale.

Lo sfigato è un illuso, e illuso resterà finché non aprirà gli occhi. Finché non capirà chi sono i fighetti, questi dandy moralmente, politicamente e intellettualmente irresponsabili che, dopo essersi riempiti la bocca d’istanza e di crêpe suzette, non danno gli otto giorni alla filippina e pagano in nero l’autista. Roberto Gervaso, Italiani pecore anarchiche. Mondadori, 2003.