Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  aprile 15 Mercoledì calendario

I 50 anni della linguaccia dei Rolling Stones

La linguaccia più famosa del rock compie cinquant’anni, mezzo secolo in cui ha travalicato i confini della musica per diventare uno dei loghi più riconoscibili della storia, stampato ovunque e indossato da chiunque, non necessariamente fan dei Rolling Stones che gli diedero notorietà. Doveva tornare sguaiata nella mostra parigina Revolutions: Records and Rebels 1966 -1970 e nel No Filter Tour della inossidabile band, ma gli eventi sono rimandati a causa del coronavirus. Comparve all’interno del disco Sticky Fingers del 1971, quello con la copertina firmata Andy Warhol, un paio di jeans attillati, membro maschile in rilievo e zip apribile (nella versione in vinile), ma la Tongue & Lip, lingua e labbra, nacque prima, nell’aprile del 1970, quando il gruppo inglese cercava un’idea per il poster del tour europeo. Mick Jagger si rivolse al Royal College of Art di Londra, chiedendo se ci fosse un meritevole studente dell’ultimo anno al quale affidare il compito.
L’INCONTRO
Incontrò così John Pasche, si scoprirono entrambi fissati con le grafiche dei poster Anni 30 e ’40 e il prescelto si presentò al successivo appuntamento con l’immagine di un aereo Concorde. «Puoi fare di meglio», disse Jagger, che voleva un’icona semplice, in grado di funzionare da sola, come il logo della multinazionale petrolifera Shell. Siccome era un periodo di grande interesse verso la cultura indiana, consegnò anche al designer l’illustrazione della dea Kali, trovata in un negozietto di zona. Pasche si focalizzò sulla lunga lingua rossa della divinità, la portò ai tempi della pop art, e pensò che sarebbe stata perfetta per rappresentare i cattivi ragazzi del rock e il loro pubblico incline a fare versacci ai benpensanti.
Era un simbolo di distruzione, trasformazione e protesta, riproducibile in ogni formato, dagli adesivi alle scenografie da palco. Perciò, contrariamente a quanto si pensa, non replicava le labbra lussuriose di Jagger e non fu opera di Warhol, sebbene il suo appeal sessuale si sposasse bene con il pacco genitale in copertina. Pasche per la linguaccia fu pagato 50 sterline, gli Stones da allora non l’hanno mai accantonata, incassando milioni dal merchandising. Lui ottenne i diritti (un 10%) solo nel 1976 e li cedette alla band dieci anni dopo per meno di trentamila euro, costretto da una legge confusa sul copyright e certo che avrebbe perso una causa contro i titani. 

LA PROVA
Nel 2008 la versione originale del disegno fu comprata dal Victoria and Albert Museum. Il suo autore preferì non darla a collezionisti privati e la consegnò al museo che dista pochi passi dal college in cui tutto ebbe inizio. Intanto campeggia sulla cinta della chitarra elettrica di Sir Jagger, che a 76 anni posta su Instagram una foto in cui prova a casa durante il lockdown (visibilmente dimagrito dopo l’operazione al cuore), in attesa di riprendere i concerti.

IL DISCO
Il nuovo disco degli Stones è atteso entro fine anno, una decina di brani realizzati a distanza, con Jagger a Londra e Keith Richards a Los Angeles. Il 12 giugno uscirà in dvd, su Amazon e Vimeo il documentario Rolling Stone Life And Death Of Brian Jones, che indaga sui misteri in vita e morte del fondatore e polistrumentista, la pietra rotolata via a soli 27 anni e salutata il 5 luglio del 1969 ad Hyde Park con i versi del poeta Shelley e duemila farfalle bianche.