Corriere della Sera, 14 aprile 2020
Nella Val Seriana, il focolaio dei focolai
Il silenzio come il virus. È arrivato ovunque, perfino lungo lo svincolo autostradale che dalla Milano-Venezia porta nel territorio di Seriate, a Est di Bergamo. Con i finestrini abbassati si sente il canto dei merli e poi più nulla fino a due voci che parlano dalle finestre, in centro. Da qui al Passo della Presolana sono 48 chilometri di strada provinciale e di nomi che abbiamo imparato a conoscere. Nembro, Alzano Lombardo, Albino, Cene, Clusone, Castione.
È la Val Seriana, il focolaio dei focolai.
Seriate, ai suoi piedi, ricorda l’ultimo romanzo che Guido Morselli scrisse prima di suicidarsi, Dissipatio H G (humani generis). Il genere umano all’improvviso scomparso, la natura che si riprende i suoi spazi e i rumori di un tempo sostituiti da vecchi suoni ai quali nessuno faceva più caso. Quello dei passi sull’asfalto, per esempio. Risuona così forte da richiamare l’attenzione di un uomo che abita davanti all’Azienda agricola vivai e piante Lanzi. «Quest’anno niente fiori» dice. In effetti è così. I florovivaisti sono fra i tanti settori azzerati dall’emergenza più grave di sempre. File infinite di azalee che in tempi normali sarebbero in vaso pronte per la vendita sono piantate a terra in attesa di giorni migliori, schiere di alberi da frutto, di magnolie, di grandi ulivi, aceri, camelie, rododendri... tutto invenduto in una primavera così assolata e calda come non se ne vedevano da anni.
Salendo lungo la valle muta troviamo Alzano, con il suo ospedale diventato moltiplicatore di contagi e adesso finito nell’inchiesta che dovrà stabilire se e chi ha favorito l’epidemia. Che qualcosa sia andato storto lo dicono i numeri: a marzo dell’anno scorso i deceduti nel Comune erano 9, quest’anno sono stati 101. Per arrivare a Nembro ci sono pochi minuti di strada e tante croci in più. È il Comune con il più alto tasso di mortalità in rapporto alla popolazione. Parliamo di 14 morti a marzo dell’anno scorso e di 135 quest’anno, quasi tutti oltre i 70 anni (salgono a 161 se il conteggio va da inizio marzo a ieri). In tutta la valle se n’è andata una generazione, nelle sole residenze per anziani di Bergamo e provincia sono morti in 1.100 (2.724 i decessi ufficiali se si considerano anche quelli negli ospedali e a casa, ma la cifra reale si stima sia almeno il doppio).
Alla casa di riposo di Nembro si arriva per una stradina in salita. Aprono il cancello senza chiedere chi suona perché sono le 14 e c’è il viavai del cambio turno. Silvia, una cuoca, sta andando a casa e dice che «adesso vediamo giorni buoni, i nostri vecchi non muoiono più, ma a marzo è stato tremendo. Una cosa che non si riesce nemmeno a raccontare». Anche Claudio Cancelli, il sindaco, conferma: «In quasi due settimane abbiamo avuto 4-5 giorni con zero decessi». Il problema più grande, adesso, è un altro, annuncia. «Ci hanno dato 64 mila euro per i buoni spesa delle famiglie in difficoltà ma fino a venerdì ho avuto già 250 richieste, tutte giustificate, e quei soldi non bastano. Dove trovo le risorse per aiutare la mia gente?».
Va detto che mai come in questi giorni di festa si sono visti tanti uomini in divisa lungo la direttrice che porta in cima alla valle. Ad Albino, a Gazzaniga, a Clusone, a Castione controllano tutto il giorno i pochissimi in circolazione e i tanti segnalati nelle seconde case. Una pattuglia di vigili urbani è al lavoro davanti allo svincolo per Cene, Comune di cui è stato sindaco Giorgio Valoti, morto a 70 anni per coronavirus. Era un leghista e il suo Comune era stato il primo conquistato in Italia dalla lega di Umberto Bossi.
Oltre l’abitato di Gazzaniga si vedono in lontananza le cime innevate del massiccio della Presolana, fra la strada e il fiume Serio c’è una passeggiata attrezzata con i giochi per i bambini, i tavoli da picnic, il sentiero. Ma il virus ha azzerato la manutenzione e l’erba è alta quanto le panche, l’area impraticabile. Poco più avanti, a Gorno (in una valletta laterale che si chiama Val del Riso) Lina Cabrini è indaffarata davanti al piccolo Santuario del Santissimo Crocifisso. «Sono la custode e sto raccogliendo un mazzo di fiori per l’altare» esordisce, «perché la devozione qui è forte e il portone di giorno è sempre aperto». Ma qualcuno entra? «Io trovo i lumini accesi tutti i giorni» risponde. Dev’essere così anche a Clusone, dove è aperta l’imponente Basilica di Santa Maria Assunta.
Subito dopo Ponte Nossa la provinciale si allontana dal fiume che dà il nome alla valle e devia verso Est, in direzione del massiccio della Presolana. L’ultimo Comune prima del cartello che indica il Passo e l’altitudine (1.297 metri) è Castione. Angelo Migliorati, il sindaco, racconta che su tre dei suoi medici di base se ne sono ammalati due «e ci sono stati giorni davvero difficili». Per la cronaca: nella Asst di Bergamo Est, e cioè gli ospedali di Seriate, Alzano e Piario (Clusone) ci sono 479 infetti fra medici e infermieri. «Ancora adesso non abbiamo mascherine – dice Migliorati – e ci sono miei cittadini che avrebbero bisogno di cure e non le ottengono». I morti? «Una quarantina da inizio anno. Per noi sono tantissimi». L’Eco di Bergamo ne ha pubblicato volti e nomi. Nelle settimane centrali di marzo aveva 12-13 pagine di necrologi ogni giorno. Adesso sono due e mezzo.