La Lettura, 12 aprile 2020
I numeri delle parole non contano
Sulle parole, si sa, ci si può contare fino a un certo punto. Perché alla fine sono solo «Parole, parole, parole», come cantava Mina: «Words, words, words», come rispondeva Amleto quando Polonio gli domandava cosa stava leggendo. Già, ma quante sono? Perché, alla fine, con le parole bisogna farci sempre i conti e il conto dei conti è proprio questo: il numero delle parole di cui dispone ogni lingua. Molto difficile calcolarlo: se non basandosi sui rispettivi dizionari, che però presentano dati molto diversi a seconda dei criteri di lemmatizzazione (cioè di selezione e organizzazione delle voci).
Le ultime edizioni del Devoto Oli e dello Zingarelli hanno tra i 110 mila e i 145 mila lemmi; il Grande dizionario italiano dell’uso di Tullio De Mauro, in più volumi, ne ha circa 260 mila (ma oltre un terzo sono d’ambito tecnico-specialistico); il Grande dizionario della lingua italiana fondato da Salvatore Battaglia, che dovrebbe comprendere tutte le parole attestate nella nostra lingua in più d’un millennio di storia, solo 210 mila (molte delle quali in disuso da secoli), perché esclude quelle di forma straniera e gran parte di quelle scientifiche.
Senza tener conto del fatto che moltissime parole hanno più di un significato (lo Zingarelli dichiara 380 mila significati) e spesso hanno accrescitivi, diminutivi, vezzeggiativi, dispregiativi che non sono resi come una voce a sé: da roba — ad esempio — robina, robetta, robaccia... Poi ci sono tutte le forme declinate (maschile e femminile, singolare e plurale) e quelle coniugate (tutte le voci di un verbo: modi, tempi, persone diverse). Al punto che nel 2004, Luca Lorenzetti si spingeva fino a un computo totale stimato di almeno due milioni di «parole dicibili e scrivibili in italiano».
Le parole delle varie lingue del mondo, insomma, sono milioni di milioni: un po’ come le stelle. Ma a contare davvero non è quante se ne possono contare nell’una o nell’altra: semmai, quante ogni persona ne conosce ed è in grado d’usare. Perché l’obiettivo resta quello indicato da Gianni Rodari nella Grammatica della fantasia: «“Tutti gli usi della parola a tutti” mi sembra un buon motto, dal bel suono democratico».