Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2020  aprile 12 Domenica calendario

Quanti campioni sbiadiscono nelle pubblicità

E quindi #turestiacasa, sei in bagno a raderti con inedita cura, quando un bulldozer sfonda la parete, appare Bobo Vieri e ti intima: «Shave like a bomber!». Non sapendo bene che cosa replicare te ne vai in cucina, dove trovi Alex Del Piero con una bottiglia d’acqua e un uccellino che non smette di infastidirlo mai. Mai? «Mai!». Allora ti rifugi in lavanderia e davanti alla lavatrice con l’oblò spalancato trovi Francesco Totti con una sfera minuscola in mano che cerca di fare centro: «Palletta in porta, 32ma! Ciak, azione!». Pasquale Panella, signore delle parole, ultimo complice di Lucio Battisti, in un’intervista a Rolling Stone l’ha definito «lo spot più brutto del mondo». Dei tre testimonial: «Uno si è spaesato/ uno vive all’estero/uno ha messo plancia e fa il trans-aitante». Equivoci amici, avrebbero bisogno, sostiene Panella, di un «designer del comportamento». Forse basterebbe un amico, senza laurea in psicologia né architettura, ma sincero. Che dicesse: «Ne hai proprio bisogno?». Dove per “bisogno”, secondo il dizionario s’intende “la mancanza di qualcosa che sia indispensabile”. Esempi: pane, cure, affetto («e un affetto non si prova, s’indossa direttamente»). Non pervenuti: visibilità, mantenimento dello stesso livello di entrate e tenore di vita.
E quindi #turestiacasa, scorrendo il calendario del campionato che verrà, compilato dai federalisti italiani con una smania da rivoluzionari francesi d’impadronirsi del tempo: allenamenti a fiorile, in campo in stadi segreti da pratile a termidoro e a brumaio via con la nuova stagione. Pensi che un medico ne sappia più di cento dirigenti e aspetti che sia quello a parlare. Intanto guardi vecchie partite interrotte da quelle pubblicità e ti domandi perché. Una leggenda può anche diventare una barzelletta, perché nella barzelletta c’è del genio, nel cucirsela addosso dell’autoironia e di guadagnato c’è soltanto la popolarità. Al di sotto, è una caduta, di stile.
È difficile la seconda vita del campione. Se non resta nel circuito con un diverso incarico scopre un mondo là fuori per il quale non è preparato, avendo trascorso la maturità giocando. Il rischio maggiore è finire come Ronaldinho, per amore d’avventura e di pecunia. Quando s’avvicina la fine il campione sposta l’orizzonte più in là, scrivendo spesso capitoli improbabili (De Rossi nella pampa) o dolenti (Valentino in fondo allo sciame). Roger Federer butta giù la pasta e Federica Pellegrini si lava via la forfora. Nel momento in cui il gioco si ferma la percentuale di realizzazione dell’idolo non va oltre il 50%: due ne fa, una ne sbaglia. Cristiano Ronaldo concede una generosa donazione, poi si prende uno stadio tutto per sé. Mourinho consegna il cibo a domicilio, poi porta i suoi ad allenarsi nel parco. Questo è un tempo per molti versi definitivo; quel che si dimostra ora resterà a lungo, in alcuni casi per sempre. Non è questione d’immagine, ma di sostanza. È vero che un’impresa sportiva, un gol decisivo in rovesciata, assolvono cento peccati. Ma non vale per gli ex. Quanto agli altri: e se la ripresa dovesse slittare, e slittare, e slittare, oltre il picco della loro parabola, nel viale del loro tramonto? “Dolce chi era sei tu”. Attenzione, mica sempre: per i più, in America, George Foreman è una bistecchiera.